Sunday, December 31, 2006

Leandro Barsotti - Fragolina (1997)

Siore e siori, a grande richiesta ecco a voi mister Leandro Barsotti!
Non riuscivo a capire come mai ricevessi costantemente richieste di dedicare un post a questo oscuro personaggio.
Così ho spolverato la mia audiocassetta Supersanremo '97 e ho riascoltato Fragolina. E tutto mi apparso nella sua chiarezza!
Barsotti è un genio, uno di quei geni che capiremo tra 20 o 30 anni. In ogni caso adesso, a quasi dieci anni dalla sua partecipazione al Festival con questo brano nella categoria Nuove Proposte (per la verità partecipò, molto in sordina, anche l'anno prima), il mondo non è ancora pronto a capire il suo linguaggio metafisico.

Già leggendo la sua biografia si capisce che non siamo davanti ad un uomo comune. Si laurea in criminologia e contemporaneamente si dedica alla sua grande passione per la musica fondando un gruppo a metà tra il jazz e il rock (???). Quando la band fu vittima del furto di tutti gli strumenti, Leandro capì che qualcuno gli stava inviando un chiaro segnale: doveva abbandonare il gruppo ed intraprendere una carriera solista.
Qualunque sia la divinità che gli inviò quel segnale, io mi chiedo: ma si poteva fare una padellata di cavoli suoi? Il punto di forza di Barsotti sono sicuramente testi e titoli dei suoi brani (anche perché le potenzialità vocali sono pari a zero): Ho la vita che mi brucia gli occhi, Dio beve champagne, Pellerossa love, Mick Digei sono solo alcuni dei titoli della sua sconfinata discografia. Ma perlomeno, masochisti e partenti del cantante a parte che comprarono gli album, nessuno ebbe la sfortuna di ascoltarli.
Purtroppo Fragolina, in virtù della partecipazione al Sanremo del 1997, venne ascoltata da una media di 13 milioni di spettatori, che comunque presumiamo abbiano cambiato canale dopo la prima strofa.
Come detto in precedenza, Barsotti opta per un linguaggio metafisico: insomma, il testo è un'accozzaglia di parole messe insieme a casaccio dove le uniche cose comprensibili sono, nell'ordine, l'uso di sostanze stupefacenti dell'autore unita ad una rara incapacità e la passione dello stesso per il culo di Fragolina... tutto sommato avrei preferito non capire nemmeno questo.
Ma gustatevela:
"Sono affacciato sul balcone del cosmo
Guardo la gente che cammina giù nel cielo
Passa un'astronave bionda
I miei amici mi salutano dagli oblò
Un pezzo a me un pezzo a te
Mi vedo vagabondo a mezzanotte
Che cerco prede per il libero amore
Divento un calabrone intorno al tuo alveare
Aspetto che mi lasci entrare
Un pezzo a te un pezzo a me
Non andar mai via fragolina mia
Non lo vedi che lo adoro il tuo culetto d'oro
Non lo vedi che ti adoro
Oh no fragolina mia
Un pezzo a me un pezzo a te

Sono affacciato sul balcone del cosmo
Faccio esperienza uscendo dalla mia pelle
Una nuova regola per questo universo
Non esiste più la forza di gravità
Un pezzo a me un pezzo a te
Seduti in macchina fuori da casa tua
Le mani stanno sotto la camicia
In tasca ho qualche cosa che fa bene all'amore
L'estate la passiamo via così
Un pezzo a me un pezzo a te
Non andar mai via fragolina mia
Non lo vedi che lo adoro il tuo culetto d'oro
Non lo vedi che ti adoro
Oh no fragolina mia
Un pezzo a me un pezzo a te"

Dopo averlo letto una domanda sorge spontanea: cosa avrà voluto dire Barsotti con l'espressione "In tasca ho qualche cosa che fa bene all'amore"?
La giuria decise che avrabbe vissuto perfettamente anche senza la risposta e Barsotti venne subito eliminato.
Fragolina venne inserita nell'album Fragolina collection, un best of dei suoi "più grandi successi".
Seguì il silenzio per alcuni anni. Oggi Barsotti continua a lavorare nella musica soprattutto come autore di qualche fortunato cantante.

Thursday, December 28, 2006

I Pandemonium - Tu fai schifo sempre (1979)

Ecco un’assoluto cult di cui da tempo volevo parlare.
Probabilmente il brano dal più incredibile titolo mai ascoltato dal pubblico dell’Ariston (l’unico in grado di contrastarlo è sicuramente l’incommensurabile Sugli sugli bane bane cantata da Le figlie del vento nel 1973), sicuramente il più deliziosamente perfido ed irreverente. E stiamo parlando del 1979. Quell’anno il Festival fu davvero desolante: i nomi in gara erano, e sono rimasti, emeriti sconosciuti (Mino Vergnaghi, Enzo Carella, Franco Fanigliulo, per citarne solo alcuni) e tra i pochi nomi noti il ruolo di star se lo meritava Enrico Beruschi (con la sua canzone Sarà un fiore arrivò addirittura quinto), il che è tutto dire…
I Pandemonium, gruppo di attori-cantanti napoletani formatosi tre anni prima, salì sul palco e diede una botta di vita alla platea presumibilmente in coma dopo aver ascoltato la memorabile Nocciolino interpretata da Antoine.
Tu fai schifo sempre è un delizioso dialogo tra lui e lei, praticamente una versione un tantino più soft di Cara ti amo di Elio e le storie tese. Oppure, se preferite la citazione colta, un’antesignana della meravigliosa Dimmi cosa pensi di me, interpretata da Olmo/Fabio De Luigi e Vanette/Paola Cortellesi. Lui ama lei e, consapevole di non essere un granché come uomo, questo lo fa sentire l’uomo più fortunate del mondo. Lei lo invita a smettere di dire secchi di cazzate, ricordandogli che, in ogni caso, fa e farà schifo sempre.
Eccovi il testo:

"Certe volte mi chiedo se sto sognando
Possibile che tu abbia scelto me come l'uomo della tua vita
Io una persona così insignificante vicino a te che sembri una stella
Che sei una stella perché tu sei bella, tu sei fragile, sei un fiore
Ecco sei un fiore
Scetate guagliò
Tu fai schifo sempre
Da mattina a sera
Fai schifo sempre
Quan scendi le scale
Fai schifo sempre
Quan leggi 'o giurnale
Fai schifo sempre
Fai schifo sempre
Tu si nu' fiore profumato
Tu si na rosa, tu si nu guaie
Ma pecché nun te vaie
Tu fai schifo sempre
Tu comunque te vieste
Fai schif sempre
Te prepare 'pa' festa
Fai schif sempre
Si t'affacci a fenesta
Fai schifo sempre
Fai schifo sempre
Tu tiene a cocca ca è chiu' doce e 'na cerasa
Tu si nu guaie
Ma pecché nu muore maie
Quanno te penso
Sento nu brivido Nennè
Quanno te veco me vota e stomaco
E sai pecché, pecché
Tu fai schifo sempre
Da mattina a sera
Fai schifo sempre
Quan scendi le scale
Fai schifo sempre
Quan leggi 'o giurnale
Fai schifo sempre
Fai schifo sempre"

Dopo la prima esibizione i Pandemonium balzarono al primo posto nella classifica parziale, ma le giurie riportarono l’ordine nell’ultima serata e finirono solo decimi in classifica.
In ogni caso questo bastò per far diventare il pezzo il vero simbolo di quell’anno.
Oggi questo pezzo è caduto quasi del tutto nel dimenticatoio ma meriterebbe davvero una rispolveratina.

Una curiosità: uno dei primi componenti dei Pandemonium fu il "maestro" Amedeo Minghi, che lasciò il gruppo per intraprendere la sua carriera solista. Per fortuna! Altrimenti non avrebbe mai potuto regalarci pezzi immortali come Serenella e Vattene amore.

Tuesday, December 26, 2006

Ragazzi Italiani - Vero amore (1997)

Correva l’anno 1997 e ancora molte ragazze erano in analisi per superare il trauma da scioglimento dei Take That avvenuto un anno prima. Colmare il vuoto lasciato sia nei cuori che nelle copertine adesive di Cioè sembrava impossibile. Alessandro, Attilio, Manolo, Pino e Fabrizio ce l'avrebbero messa tutta per riempire con il loro grande talento, il loro carisma, i loro pettorali, quel vuoto.
In attività dal 1994, i 5 ebbero il loro primo vero grande momento di visibilità proprio con la partecipazione al Festival.
A tutt’oggi i Ragazzi Italiani possono considerarsi l’unica, vera, sana risposta nostrana al fenomeno delle boy band inglesi. Le caratteristiche fondamentali c’erano tutte: fisico da stripman condito con un’innata truzzaggine, vago senso del ritmo coniugato con una totale mancanza d’orecchio.
D’altra parte questa Vero amore non verrà certo ricordata per la profondità del testo, di una banalità sconcertante, (lui ama lei ma lei pare non sia così presa dal rapporto) e gli arditi vocalizzi.
I 5 salirono sul palco dell’Ariston e concentrarono le loro energie sulla coreografia degna delle peggiori veline o, se preferite, dei migliori ciocchi di legna: saltelli, inginocchiamenti, mani sul cuore e ammiccamenti a profusione.
Una performance (guardatela qui) davvero indimenticabile che, in seguito, avrebbe ispirato le Lollipop per l’interpretazione di Batte Forte (leggi il post a loro dedicato).
Per chi non sapesse cosa leggere per addormentarsi, ecco il testo:

"Quante incertezze
Fuochi di paglia
Attraversa la vita mia
Fino ad incontrarci
Quasi per caso
In un attimo di magia
Sembrava tutto bellissimo
Adesso tu dove sei
Nascosta dietro una lacrima
Che non va piu' via
Se questo fosse vero amore vero amore
Tu non mi lasceresti mai
Non c'e' bisogno di parole
Per spiegare noi
Quello che voglio lo sai
Adesso dimmelo semplicemente
Se veramente
Mi vuoi
Stiamo sbagliando
Sta diventando difficile
Anche spiegare
Quello che noi
Non ci siamo detti mai
Sembrava tutto bellissimo
Adesso tu dove sei
Mi spacca il cuore una lacrima
La solita bugia
Se questo fosse vero amore vero amore..."

Con un pezzaccio come Vero amore in curriculum, mi riesce tutt'ora difficile capire il motivo dello scioglimento del gruppo, avvenuto non molto tempo dopo. Anche loro come i Take That, ma perlomeno loro ci hanno regalato Robbie Williams...

Monday, December 25, 2006

Ricchi e Poveri - Nascerà Gesù (1988)

No, non è che il Natale ci ha reso più buoni.
Non lasciatevi ingannare dal titolo. Nascerà Ge sta al Natale come la Nutella sta allo stracchino.
Tragicomica, inspiegabile, incredibile deviazione
del terzetto ligure, qui alla loro ottava partecipazione al Festival, verso una canzone più impegnata. Con tutti gli argomenti vagamente seri ai quali i Ricchi e Poveri potevano dedicare la loro canzone, cosa scelsero? La clonazione. Si, avete capito bene. Non la fame nel mondo, non la droga, non la povertà, non le malattie, non il governo ladro, non l’aumento del prezzo del caffè al bar, ma proprio la clonazione.

Angela, Angelo e Franco salirono sul palco e lanciarono il loro monito all'umanità: dove andremo a finire se l'uomo continuerà a giocare con la genetica?
Ed effettivamente il mondo non se la doveva passare troppo bene se venne affidato il compito di denunciare un problema così scottante all'allegro terzetto che fino a cinque minuti prima cantava Sarà perché ti amo e aveva appena inciso un album dal significativo titolo Cocco bello Africa...
Eppure i nostri paladini salirono sul palco e, ostentando un'invidiabile sicumera da biologi plurilaureati, ci parlano di questo fenomeno come se tutti all'epoca concepissero un figlio sì e l'altro pure con la clonazione. Il Gesù del titolo è appunto il bambino perfetto, nato senza il normale concepimento ma piuttosto in una comoda e igienica provetta da laboratorio. Il luogo comune, naturalmente, è dietro l'angolo e non ci viene risparmiata neanche la solita storia che tutti vorranno solo bambini biondi e con gli occhi azzurri.
Ma eccovi il testo:

"Stan cambiando il mondo ma che stupidi
Ma che fa l'ingegneria genetica
Presunzione inutile che non potrà mai
Far di te quel Dio che non sei
I bambini nascono da soli
Senza averli in grembo coi dolori
Se tu vuoi li fanno biondi
Con degli occhi blu
O comunque come li vuoi tu
Nascerà Gesù, o su per giù
Bugie che poi pagheremo noi
Stupidi così
Venderemo l'anima
Si perderà quel momento magico
Fredda questa scienza ci sconvolge
Questo amore piano lo distrugge
Voglio avere sì dei figli
Con degli occhi blu
Ma io voglio averli ancora
Con l'amore e come li vuoi tu
Presunzione inutile che non potrà mai
Far di te quel Dio che non sei
Nascerà Gesù, o su per giù
Bugie che poi pagheremo noi
Stupidi così
Venderemo l'anima
Si perderà quel momento magico
Stan cambiano il mondo ma che stupidi
Ma che fa l'ingegneria genetica
Voglio avere sì dei figli
Con degli occhi blu
Ma io voglio averli ancora
Con l'amore e come li vuoi tu"

Per fortuna ci risparmiarono la storia della clonazione del cervello di Hitler...
Ad ogni modo, questo pezzo avanti cent'anni rispetto agli standard sanremesi dell'epoca non venne compreso dalla giuria e si meritò un semplice nono posto, veramente misero rispetto agli standard dell'inossidabile terzetto.

Da segnalare infine che questo pezzo venne scritto dal mitico Umberto Balsamo che, come autore, lo stesso anno gareggiava con un'altro masterpiece: Italia di Mino Reitano! Chapeau.

Saturday, October 28, 2006

Adriano Pappalardo - Nessun consiglio (2004)

Grande, monumentale, roccioso Pappalardo!
Lo Steven Seagal della musica italiana si presenta a quest’edizione del Festival più in forma che mai. Felpetta con cappuccio modello “Rocky Balboa”, jeans slavati, barba incolta e, presumibilmente, coltello a serramanico in tasca e revolver infilato nei pantaloni, Adriano indossa la sua maschera migliore (la quint'essenza dell'uomo Denim After Shave) e sale sul palco a gridare la sintesi del suo pensiero: non rompetemi i coglioni! Nessun consiglio è un rock and roll dal sapore anni 60 con un testo che sarebbe stato molto più adatto ad un film di Bud Spencer e Terence Hill che non al Festival della canzone italiana.

“Svegliarsi la mattina colazione con i cereali
Per mantenersi belli snelli in forma non come I maiali
Mi guardo nello specchio e mi convinco di esser proprio forte
Mi vesto e corro fuori oggi si spalancheranno porte
Ma voi

Non rompetemi le uova nel paniere
Non rubatemi il coniglio dal cilindro
Non provate a darmi un buon consiglio che sbadiglio

Lo sento questo è il giorno giusto giusto proprio per spaccare
Conquisterei chiunque il mio sorriso è proprio solare
Ma c'è sempre qualcuno che non mi fa sentir leone ma dai
Oh no

Non rompetemi le uova nel paniere
Non rubatemi il coniglio dal cilindro
Non provate a darmi un buon consiglio che sbadiglio
Non rompetemi le uova nel paniere
Non rubatemi il coniglio dal cilindro
Non provate a darmi un buon consiglio che sbadiglio

Ora faccio a modo mio e un consiglio lo do io
Lasciatemi sfogare o mi difendo io
Picchio molto duro ho un pugno che è un mattone
E mi starà alla larga il solito coglione

Non rompetemi le uova nel paniere..."

Pappalardo, tornato alla ribalta pochi mesi prima grazie alla partecipazione all’Isola dei famosi, non nascose che cercava il riscatto soprattutto come musicista. C’è da dire che almeno poteva sforzarsi di fare qualcosa per piacere ed ingraziarsi pubblico e critica Le giurie popolari, sconvolte e disorientate per aver udito quella parolina che comincia per CO e finisce con GLIONE, non se la sentirono davvero di premiare “Nessun consiglio”, che venne scaraventata al diciassettesimo posto, tra le urla e gli strepiti dell’interprete!
Il brano venne inserito in un cd singolo e venne annunciata l’imminente uscita di un album di inediti dal significativo titolo
Non rompetemi le uova nel paniere, che in realtà non vide mai la luce. Ma a noi questo non importa; Adriano, a noi basta che ci canti per sempre Ricominciamo!

Friday, October 27, 2006

Jovanotti - Vasco (1989)

Lorenzo Cherubini, AKA Jovanotti, aveva appena 23 anni quando ebbe l’onore di salire sul palco del teatro Ariston per gareggiare nella sezione Big. E nonostante quell’aria da tamarro fracassone scapestrato, in realtà doveva essere uno di quelli che chiamano la mamma almeno due volte al giorno, si coprono bene prima di uscire e non bevono mai nulla che non sia sanguinella Guizza. Perché altrimenti non si spiega quest’inno al buonismo in salsa rock che è Vasco. Jovanotti sale sul palco con jeans strappati a cavallo basso, i calzini di spugna, il cappellino storto, saltellando da una parte all’altra del palco come un grillo drogato, cantando cosa? Ma è ovvio: quanto è fico uscire la sera divertendosi sì, ma usando la testa!
Riuscendo a stonare tutta, e dico tutta, una canzone interamente parlata (impresa da Guinnes dei primati riuscita, prima di allora, solo a Romina Power), Lorenzo lancia il suo appello a questo Vasco, incarnazione mitologica del bulletto senza regole: non sputtanare tutti I giovani giudiziosi come me con le tue bravate, altrimenti la mamma non mi fa più andare la sera in oratorio!
Educativo come un documentario di Licia Colò.

Eccovi lo splendido testo scritto dallo stesso interprete assieme al suo scopritore, Claudio Cecchetto.

"Vai così, è una figata
Perché una storia così non c'è mai stata
Che ci ammazziamo, ci divertiamo, facciamo i scemi
E qualche volta pensiamo
Non c'è problema è tutto ok
Numero uno, faccio quello che farei
E quando torni facciamo festa
Senza nessuno che ci lasci la testa
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Per quelli che alla notte ritornano alle tre
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Per quelli come te, per quelli come me

Oh, mamma stasera esco prendo la moto, sì,
Ma senza casco
Andiamo in centro, viene anche Vasco
Torno tardissimo, fuori fa fresco
Sì che sto attento, io son mica matto,
E' tutto a posto, vai, tu vai a letto,
Tu e le tue amiche m'avete rotto
Siete voi, siete voi che avete capito tutto
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Per quelli che alla notte ritornano alle tre
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Per quelli come te, per quelli come me
E invece Vasco questa sera non c'è
Chissà perché fratello ce l'hai con me
Oh, dimmi con chi sei, da un po' non ci sei mai
Vasco, tu sei noi non ci sputtanare, dai
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Perché io non mi fido di chi non suda mai
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Che mica ci facciamo tradire dai guai
Vai così, vai così
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Per quelli che alla notte ritornano alle tre
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Per quelli come te, per quelli come me
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Sudi o no, sudi o no"

Un brano così didattico non poteva non meritarsi un ottimo piazzamento e infatti arrivò, a sorpresa, quinto, sgominando pezzi da novanta come Marisa Laurito, Gigi Sabani e Francesco Salvi. Accipicchia.

“Vasco” venne inserita nel mitico album La mia moto, record di vendite in quell’anno. Da lì a poco Jovanotti avrebbe cominciato il graduale distacco da Cecchetto e la trasformazione a Che Guevara dei poveri.
Tutto sommato lo preferivamo quando gridava “gimme five” a chiunque.

Sunday, October 22, 2006

Stefano Picchi - Generale kamikaze (2004)

Ogni edizione del Festival ha la sua canzone dedicata al tema scottante del momento. Nel 1992, ad esempio, i grandissimi New Trolls gareggiarono con Quelli come noi, nella quale veniva nominato, per la prima volta in una canzone italiana, l’AIDS.
Nel 2004 questo genere, per la verità mai molto apprezzato dal pubblico sanremese, raggiunge il suo acme con questa gemma canora. Generale kamikaze, interpretata dal giovane cantautore toscano Stefano Picchi, non usa certamente giri di parole. E il titolo ne è l'esempio lampante. Ma troppa serietà, soprattutto se inserita in un contesto come l’Ariston, si sa, provoca quasi sempre l’effetto contrario. Come potrebbe essere il contrario ascoltando l’improbabile storia di questo kamikaze che il giorno prima di farsi esplodere conosce una che gli dice che è l’uomo perfetto per lei e decide di abbandonare il suo progetto… ma per cortesia!!!!
I versi, degni del miglior Toto Cutugno, fanno venire la pelle d’oca e non certo per l’emozione. Uno per tutti: “Con l'amore puoi provare a disinnescare e non detonare”.
A sottolineare ulteriormente la drammaticità del tutto, la performance dello stesso Picchi, che si presenta sul palco con un look da aspirante sosia di Daniele Groff, che cantò il suo pezzo quasi fosse impalato, rigido come un manico di scopa:

“Mastico le nuvole
Per poi sputare ironiche
Sentenze che non capiresti mai
Mi hanno scelto mi hanno detto
Sì sei tu l'uomo perfetto
E nel cuore per odiare
Ho un detonatore
È questione di ore

Generale kamikaze
Sono un padre che deve tornare
Non c'è pace nell'attesa
Generale quel valore non mi basterà a spiegare
Nei miei occhi non c'è gloria

Mastico le pagine per non sentirmi inutile
Dove sia scritto non me lo dirai
Poi nel letto lei mi ha detto
Sei per me l'uomo perfetto
Con l'amore puoi provare
A disinnescare...
E non detonare

Generale kamikaze
Sono un uomo che non ha il dovere
Non c'è tempo nell'attesa
Generale si signore
Non mi sento disertore
Perché sto seguendo il cuore…”

Per la cronaca, l’edizione 2004 del Festival vide la soppressione delle categorie Big e Nuove proposte, da molti ritenuto un bieco espediente per poter allargare la lista dei partecipanti non troppo famosi ma troppo in là con l’età per gareggiare nella categoria giovani (come il famigerato Mario Rosini, arrivato a sorpresa secondo tra giustificati sospetti di brogli). I 22 partecipanti vennero convogliati in un’unica categoria che ebbe come trionfatore un Masini fresco di trapianto di capelli. Secondo lo sconosciuto Mario Rosini, terza la sconosciuta Linda. Quarto il purtroppo conosciuto Paolo Meneguzzi. Insomma, con una classifica improbabile come questa, che valore poteva avere il settimo posto del kamikaze Picchi. Nessuno.
Di Stefano Picchi, dopo Sanremo, nessuno ha più sentito parlare.
Ci auspichiamo almeno un ripescaggio per la prossima edizione di Music Farm.

Thursday, October 19, 2006

Mikimix - E la notte se ne va (1997)

Mikimix AKA Michele Salvemini. Michele Salvemini AKA Caparezza. E non stiamo parlando di un curioso caso di omonimia ma proprio di quel Caparezza che nel 2003 si è imposto come come il fenomeno musicale della scena hip hop italiana. Michele Salvemini all'epoca era davvero lontano anni luce dal suo attuale pseudonimo. E non solo perché aveva i capelli rasati a zero e il viso glabro.
Indossava abiti da b-boy uscito direttamente dalla copertina di "Tutto - Musica e spettacolo" e frequentava amene località di villeggiatura come Castrocaro e Sanremo proponendo un rap scialbo con forti commistioni pop-melodiche.
Nelle interviste dell’epoca dichiarava di ispirarsi al grande Tupac Shakur, che dopo questa dichiarazione non trovò altra che soluzione che farsi ammazzare per la vergogna.
Scomodare Tupac quando, al massimo, faceva il verso ai Gemelli Diversi... Rime baciate ingenue come quelle di una filastrocca per bambini al di sotto dei 5 anni, senza alcuna pretesa se non quella di piacere alle ragazzine che compravano Cioè. Nel 1997 Michele-Mikimix partecipa al Festival nella categoria Nuove Proposte con E la notte se ne va e, probabilmente, in pochi si ricorderanno che quell’anno venne decretato esclusivamente il primo classificato (Paola & Chiara con Amici come prima). Tutto sommato questo fu un bene perché l’hip hop al teatro Ariston è sempre stato ad alto rischio ultimo posto! E Mikimix mai sarebbe potuto uscire indenne dallo scontro con titani del neo-melodico del calibro di Alex Baroni, Tony Blescia o Randy Roberts, il figlio di Rocky Roberts. Il pezzo venne incluso nell’album La mia buona stella, pubblicato per la Sony. Nonostante un inaspettato, quanto effimero ed inspiegabile, successo in Francia, la sua carriera non riuscì a decollare mai.
Mikimix ridivenne Michele Salvemini. Michele Salvemini abbandonò Milano per tornare nella natia Molfetta. Si fece crescere capelli, barba e baffi, ricominciò a comporre con uno stile molto più personale e si diede un nuovo nome d'arte: Caparezza.

Tutt’oggi Caparezza parla con reticenza della sua prima esperienza discografica.
Nel 2000 dedica al passato il brano Mea culpa, nel quale dice d’essere stato "intrappolato come uno schiavo ritratto in un contratto controproducente”.
Ma dopotutto all’epoca aveva solo 24 anni. Ci sono cose davvero peggiori di cui vergognarsi che cantare una canzonetta pop.

Wednesday, October 18, 2006

Andrea Parodi (1955 - 2006)

E' doveroso dedicare qualche riga di serità alla scomparsa, avvenuta la scosa notte, di Andrea Parodi.
Cantante, fondatore e leader dei Tazenda, gruppo sardo salito alla ribalta proprio con la partecipazione nel 1991 al Festival di Sanremo dove, in coppia con il grande Pierangelo Bertoli, presentarono in pezzo Spunta la luna dal monte. L'anno successivo i Tazenda parteciparono nuovamente a Sanremo con l'impegnata Pitzinnos in sa gherra, scritta da Fabrizo De Andrè.
Nel 1997 Parodi abbandona il gruppo per intraprendere una carriera solista che lo porterà a collaborare con grandi nomi internazionali come Noa e Al Di Meola.
L'ultimo grande concerto lo tenne nella sua terra natia il 22 settembre scorso e per l'occasione si riunì ai vecchi compagni del gruppo. Una voce particolarissima, i testi impegnati, la continua ricerca musicale sono le cose che hanno sempre contraddistinto questo grande interprete, sconosciuto ai più ma assolutamente da riscoprire.

Tuesday, October 17, 2006

Plastic Bertrand – Ping pong (1982)

Di De Pasquale, Pirazzoli, Fasano, De Pasquale. Dirige il maestro Pinuccio Pirazzoli. Canta… Plastic Bertrand!
Mah... perché le mie orecchie odono idiomi stranieri?
Fermate tutto, devono aver sbagliato ad inserire l'audiocassetta del playback!
Non siamo mica all'Eurofestival!


Già, casò più unico che rario nella storia del Festival, Plastic Bertrand nel 1982 partecipa alla mostra kermesse canora cantando un pezzo interamente nella sua lingua madre: il francese. E pensare che fior fiore di interpreti stranieri che passarono per l’Ariston furono costretti a corsi intensivi di italiano della De Agostini, quasi sempre con esiti “donluriani” (uno per tutti il grande Louis Armstrong).
Plastic non ci prova nemmeno. D’altra parte perché tradire le sue origini?
Robert Jouret, in arte Plastic, nazionalità belga, era riuscito già nel 1977 in un’impresa titanica: trasformare una canzone in lingua francese (da sempre poco apprezzata fuori dai confini franco-belga-canadesi) in un successo planetario: mi riferisco a Ça plane pour moi, mitico pezzo dalle sonorità punk-new-wave-pop e dal testo deliziosamente non sense.
E siccome una formula vincente non si cambia, per la trasferta italiana del 1982, Bertrand si affida, come già detto, a tre scafati autori di casa nostra, tenendo comunque fede alla sua lingua madre e allo stile a metà tra la filastrocca per bambini e uno scritto dadaista. Ping pong è un indiavolato ed divertente twist dove il rapporto uomo-donna è paragonato a un’estenuante partita al suddetto gioco tanto adorato dai cinesi. Pura poesia metafisica. La canzone, nonostante nessuno (mi ci gioco un occhio!) avesse capito una sola parola, ebbe accesso alla finale classificandosi tredicesima.

Plastic Bertrand è da molti considerato, assolutamente a torto, una meteora. Ma dal 1982 ha sfornato più di 15 album e in molti hanno interpretato cover dei suoi brani più famosi. Consiglio a tutti una visita al suo sito ufficiale.
Tutt’ora molto amato in patria, nel 2002 condusse l’edizione belga di Star Academy (l’equivalente degli Amici di Maria De Filippi, giusto per intenderci).

Una menzione d’onore la merita sicuramente la copertina del 45 giri di "Ping pong": Plastic, spaventosamente rassomigliante a Solange il cartomante, si riposa dopo una partita e intanto si fa una birra (???). Educativo!

Monday, October 16, 2006

Luis Miguel - Noi ragazzi di oggi (1985)

Un’icona imprescindibile degli anni 80 italiani. Imprescindibile come le Fast food girl del Drive In, il Tenerone, le borse Naj Oleari, le Big Babol, le cotonature di David Hasselhof in Supercar : l’immagine di quel ragazzino con la voce d'adulto, bello come Gesù e grondante di sudore nel suo elegantissimo smoking, che sul palco dell’Ariston cantava con movenze da consumato chansonnier quello che sarebbe diventato il più grande successo dell’anno.
Luis Miguel sarebbe diventato il simbolo del Sanremo del 1985 nonché mito di un'intera generazione.

Padre messicano e madre italiana, classe 1970, Luis Miguel Gallego Basteri a 12 anni era già una superstar nel natio Sudamerica grazie a un filmetto simil "Un jeans e una maglietta" che lo fece conoscere al pubblico. La partecipazione alla manifestazione canora più famosa d’Italia, a soli 15 anni, doveva servire come trampolino di lancio per l’Europa. Per l’occasione venne scelto un pezzo scritto nientepopodimeno che da sua eccellenza il maestro Toto Cutugno, un nome una garanzia di un secondo posto assicurato. E così fu: Noi, ragazzi di oggi si classificò al seconda, ma fu senza dubbio la vincitrice morale, nonché campione di vendite nella nostra penisola.

Il pezzo non sarebbe nemmeno così terribile se solo non avesse avuto drammatiche pretese di inno generazionale grazie ai ridondanti, nonché involontariamente ridicoli, versi (la "zampata" di Toto si fa notare come sempre), come “…puoi farci piangere ma non puoi farci cedere. Noi, siamo il fuoco sotto la cenere…”.

"Noi, ragazzi di oggi, noi
Con tutto il mondo davanti a noi
Viviamo nel sogno di poi
Noi, siamo diversi ma tutti uguali
Abbiam bisogno di un paio d'ali
E stimoli eccezionali
Puoi farci piangere
Ma non puoi farci cedere
Noi, siamo il fuoco sotto la cenere
Puoi non comprendere
Qualcuno ci può offendere
Noi, noi sappiamo in cosa credere
Devi venire con noi
Siamo i ragazzi di oggi noi
Dai coloriamo questa città
E poi vedrai che ti piacerà
Siamo noi, siamo i ragazzi di oggi noi
I veri amici che tu non hai
E tutti insieme si può cantare
Ragazzi di oggi, noi
Noi sappiamo in cosa credere
Ragazzi di oggi noi
Siamo il fuoco sotto la cenere
Non farti prendere
Da questo eterno attendere
Noi, siamo quello che può succedere
Non fare spegnere
La voglia che hai di ridere
Noi, siamo quelli in cui tu puoi credere...
Devi venire con noi
Siamo i ragazzi di oggi noi
Dai coloriamo questa città
E poi vedrai che ti piacerà
Siamo noi , siamo i ragazzi di oggi noi
I veri amici che tu non hai
E tutti insieme si può cantare
E poi vedrai che ti piacerà…"

E ora godetevi il video della performance live, imparandone tutte le favolose mossette!

Ragazzine impazzite, imponenti
servizi di sicurezza, alberghi assediati dalle fans: scene che, prima di allora, si erano viste solo per Simon Le Bon. Ma che, ahimè, durarono solo fino alla fine dell’anno. Luis decise infatti di escludere l’Italia dai suoi progetti, per dedicarsi interamente ai mercati di lingua spagnola. E nonostante nel nostro paese non sia mai più apparso, Luis Miguel è tutt’oggi il più grande cantante sudamericano, capace di vendere milioni di copie e vincere numerosi Grammy.

Saturday, October 14, 2006

Mal - Sei la mia donna (1982)

Non vedevo l’ora di parlare di questo mostro sacro della musica: Paul Bradley Couling in arte Mal, l’uomo che ha basato mezzo secolo di carriera interamente sul suo marcatissimo accento “so british”.
A partire dalla fine degli anni settanta Mal, così come molti colleghi in auge la decade prima, stava vivendo un periodo di decadenza: i "musicarelli", genere cinematografico nel quale spadroneggiava, non si producevano più e anche ai suoi concerti non è che si registrasse propriamente il tutto esaurito.

E per svecchiare la sua immagine sceglie proprio il palco migliore: quello, polverosissimo, dell'Ariston. Sei la mia donna è il classico motivetto congelato nel 1965 e conservato in freezer 17 anni per essere consumato, previa riscaldatina, nella giusta occasione.
Il testo ci narra di quante stronzate possa dire un uomo per far colpo su una donna: il geniale Mal arriva addirittura ad autocitarsi, affiancando il suo nome a quello dei Beatles! Che dire…

"Era la metà del 66
e i juke box suonavano "Help" e "Penny Lane"
ed io cantavo il mio disco "Pensiero d'amore"
Liverpool per noi era libertà
come una chitarra all'Università
ma se una donna volevi colpire nel cuore
dovevi cantare così

Sei la mia donna
l'unica donna
piccola donna
non so stare senza te
Sei la mia donna
l'unica donna
splendida donna
ed io amo solo te
Sei la mia donna

Oggi il tempo va al ritmo dei Dee Jay
sembra di rivivere il 66
quando la gente cantava canzoni d'amore
"Yesterday" per noi resta sempre là
come una bandiera che non cambierà
e se una donna la devi colpire nel cuore
le devi cantare così

Sei la mia donna..."


Cantando questa canzone Mal avrà anche fatto breccia nel cuore della sua bella, ma sarà scaraventato solo al diciassettesimo posto nella classifica finale. Peccato, perché un pezzo così oggi sarebbe stato demodé quanto basta per ambire al primo posto della categoria Classic. Certo, all'epoca gareggiava contro titani del calibro di Riccardo Fogli, Al Bano e Romina, Drupi, Fra Cionfoli...
Tra l’altro da lì a poco la sua etichetta discografica, la gloriosa Baby Records, chiuderà i battendi lasciandolo senza un contratto.
Per citare la canzone più celebre di questo interprete, è proprio il caso di dire Yeahhhhh!

Friday, October 06, 2006

Sterling Saint-Jacques - Blue (Tutto È Blu) (1981)

Sterling Saint-Jacques ovvero come un paio di lenti a contatto possono dare la celebrità.

Sicuramente la più “weird” tra le meteore cadute in Italia tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80, ballerino, cantante, attore afro-inglese privo di ogni talento, se non una certa avvenenza, si conquistò il suo quarto d’ora di celebrità spacciandosi per l’unico uomo di colore dagli occhi di ghiaccio. Trovata tanto idiota da risultare vincente tanto che l’artista riuscì addirittura a partecipare al Festival con questo stucchevolissimo brano bilingue (inglese e italiano), cantato con voce afona e un accento alla Mal dei Primitives.
Profondissimo e autobiografico il tema trattato. Tutto è blu: la notte è blu, il mare è blu, il cielo è blu, il fiume è blu. Capirai che scoperta. Merito delle lenti a contatto di un colore finto come l’asino del presepe!

La canzone ebbe, incredibilmente, accesso alla finale, ma non finì in classifica.
Nessun problema! Il nero più ariano che sia mai apparso in televisione, lungimirante come pochi, aveva un altro asso nella manica: cominciò ad esibirsi a torso nudo (e orridi pantaloncini) sui pattini a rotelle! Indimenticabile.

Collage – I ragazzi che si amano (1981)

Dopo pezzacci del calibro di Due ragazzi nel sole (1976) e Tu mi rubi l’anima (1977), divenute hit di prima grandezza, già urgeva una cura per diabete.
Con questa I ragazzi che si amano, la platea dell’Ariston necessitò anche di un pronto intervento dentistico per curare le carie formatisi nelle loro bocche; sì, perché questo brano è puro zucchero condito con miele e decorato con doppio caramello.

Alla loro terza partecipazione al Festival, il quintetto sardo dei Collage presenta una canzone che pare scritta e arrangiata da Alessandra Valeri Manera appositamente per Cristina D’Avena o, al limite, per Mirko e I Bee Hive (ricordate il gruppo protagonista del cartone animato cult Kiss me Licia?).
Erotismo all’acqua di rose e primi pruriti adolescenziali, le chiare sere d’estate, il mare, i giochi e le fate, la paura e la voglia di essere nudi. Questi sono i convincenti argomenti di quasi tutta la discografia dei Collage e questo pezzo non fa assolutamente difetto:


“Ragazza che non non ridi mai, ma che cos'hai
perché da sola sempre te ne stai
le unghie tu ti mangi e poi, scommetto che
con un ragazzo non sei stata mai.
Tutti i ragazzi che si amano
In tutti i posti si baciano
Con gli occhi dolci sorridono un po'
Tutti i ragazzi che si amano
Tutte le notti s'incontrano
Là dove i sogni non muoiono mai
I ragazzi che si amano
Maglietta e via, vai dove vuoi e troverai
Il tipo giusto che è nei sogni tuoi
E fuori di scuola, c'è ancora chi vola
Jeans e un sorriso, tutti i ragazzi vanno in paradiso

Tutti i ragazzi che si amano
In tutti i posti si baciano
Con gli occhi dolci sorridono un po'
Tutti i ragazzi che si amano
Tutte le notti si sfiorano
Là dove i sogni non muoiono mai
I ragazzi che si amano”

Evidentemente questo pezzo fu considerato troppo, troppo hot per l’epoca e la giuria lo relegò in un misero tredicesimo posto, chiedendo anche il rimborso per le fiale d’insulina.

Monday, October 02, 2006

Gloriana - Il mio treno (1983)

Che carriera invidiabile quella di Gloriana: pupilla di Mario Merola, partecipa per la prima volta al Festival nel 1976 con scarsissimo successo.
Approda alla sceneggiata napoletana recitando in capisaldi del genere come Giuramento e I figli so piezze ‘e core, diventandone una delle starlette.
Ritenta il successo nel 1983 con questo struggente canto “di protesta” per i disagi causati dal disservizio delle Ferrovie dello Stato.
Infatti, a causa del ritardo del treno atteso, Gloriana è costretta a convivere con la folcloristica umanità presente sul binario. Racconta quindi del calabrese che le offre un sorso di vino mentre addenda un panino o del controllore che glissa per non dirle quanto ritardo ha effettivamente il treno. Una volta salita finalmente a bordo i suoi problemi non sono finiti. Non avendo prenotato il posto a sedere è costretta a farsi il viaggio in piedi. E mentre cammina tra un vagone e l’altro ne approfitta per fare una profonda riflessione sul teorema della vita: “La vita è come una stazione, c’è chi parte e c’è chi resta” o, se preferite la buona vecchia rima, “La vita è fatta a scale, c’è chi scende e c’è chi sale”.

“La mia giacca è sulla sinistra
La valigia nella destra

Tra saluti ed abbracci in stazione

C’è chi parte e chi resta

Il mio treno è un po’ in ritardo
Non ho potuto prenotare

Dovrò fare il mio viaggio in piedi

Sì, ma voglio partire
Mentre mando giù un panino
Un calabrese mi offre del vino
Dice, sto qui a lavorare

Ma anch’io voglio tornare

Sei certa, quando parti e sei felice

Che laggiù qualcuno aspetta

E di riabbracciare finalmente lui, che voglia matta

A un ferroviere chiedo se è in orario
Il treno per la coincidenza

E ritarda un altro treno ci sarà, pazienza


La mia giacca è sulla sinistra
La valigia nella destra

Tra spintoni e spallate ho trovato
Un posto più in testa

C’è chi parte per amore

E gli batte forte il cuore

C’è chi invece va lavorare

Chi a scuola o a militare

La donna quando parte è già sicura
Che laggiù qualcuno aspetta

Ed è un po’ triste sai quando saluta chi lì resta

Se poi perde un’amica ed è convinta
Di trovarla tra la gente

Si accorge in fondo poi che lei, lei non era come tante
E guardo le stelle lassù e volo via

Con I pensieri sai mi fermo a casa mia”

Il pubblico, all’epoca ancora poco sensibile all’argomento, non accolse con grande entusiasmo il pezzo e Gloriana venne eliminata subito e “Il mio treno” non venne nemmeno inserita nell’album uscito subito dopo la partecipazione al Festival. Dopo questo secondo fallimento sanremese Gloriana, per fortuna, non ha più varcato i confini della Campania, diventando una delle più celebri interpreti della canzone napoletana.

Sunday, October 01, 2006

Paolo Barabani – Hop hop somarello (1981)

Titolo incredibile ma che fu utilissimo a depistare gli ignari ascoltatori del Festival nel 1981.
Hop hop somarello
è, infatti, un’insulsa canzone da parrocchia di periferia, camuffata da ballata folk, che narra la storia di Gesù dall’innovativo punto di vista dell’asinello che lo accompagna in tour per la Palestina.
Pezzo innovativo e coraggioso, quindi, dato che sarebbe stato più sicuro puntare su un personaggio di prima grandezza come l’asinello del presepe, e invece…
Ecco il testo:

Lento lento sulla strada di Gerusalemme,
Sulla sella di un somaro
Viene l'uomo di Betlemme.
E' un gran santo, un mendicante,
Un pellegrino, un gran furfante,
Un'artista non cantante di novelle.

Hop hop hop somarello,
Trotta trotta, il mondo è bello.
Hop hop hop somarello,
Trotta trotta, tu porti l'agnello.

I miracoli li fa da se con le sue mani,
Ma qualcuno per tre volte
Lo rinnegherà domani.
Questo è Pietro il pescatore,
Poi c'è Giuda il traditore,
Tutti amici finché si raccoglie gloria e onore.
Ma c'è un prezzo per l'amore:
Tre monete d'oro.
No, no, no.

Sulla piazza l'han portato
Al giudizio di Pilato,
Chi sarà questo pezzente,
Questo uomo è innocente.
Per Barabba hanno votato
Ed il Cristo han condannato,
Ed il sangue suo ricala sulla nostra gente.
Costui parla della pace:
Muoia sulla croce.

Hop hop hop somarello…

Non per niente l’autoredella canzone è, assieme allo stesso interprete, il gradissimo Enzo Ghinazzi in arte Pupo.
Con questo pezzaccio Barabani si piazzò ad un prestigioso sesto posto nella classifica finale, guadagnando lo status di rivelazione dell’anno. Status che durò circa un mese, dopo il quale il cantatutore ricadde nel dimenticatoio dal quale era venuto.

Purtroppo (per noi) il destino aveva in servo altri programmi per la sua canzone: Hop hop somarello, inaspettatamente, divenne un classico imprescindibile del repertorio scout. La fine che si meritava.

Thursday, September 28, 2006

I ragazzi di Scampia con Gigi Finizio - Musica e speranza (2006)

La musica come strumento di redenzione.
Erano anni che a Sanremo mancava il caso umano, il disgraziato di turno da esporre al pubblico ludibrio. Qui, per rifarci, eccone in un colpo solo addirittura 17!
17 ragazzini di strada approdati all’Ariston per dire no a droga e pistole, facendo venire a noi una gran voglia di impasticcarci, impugnare una pistola ed usarla per mettere fine a questo lamento straziante!
Sotto l’ala protettrice di Gigi Finizio e Gigi D’Alessio (autore del pezzo nonché patron del progetto) i guaglioncelli del disagiato quartiere napoletano di Scampia, lanciano il loro grido di speranza: oltre la camorra c’è di più!
L’intento, diciamocelo, è lodevole. Ma, scomodando qualunque luogo comune sulla napoletanità e la vita di strada, il tutto diventa involontariamente esilarante. Andare in motorino in tre senza casco; le sparatorie nei vicoli tra bande rivali; la serenata notturna col mandolino all’innamorata; l’arte di sapersi arrangiare per vivere all giornata.
Musica e speranza più che una canzone è sembra la trama di una sceneggiata anni 80 di Mario Merola e Nino D’Angelo.
Memorabili alcuni versi come “…cercamm 'o sole dint'a munnezza…” o “Senza casco a vvote affruntamm 'a morte pe'scemità…”.
Brividi. Che aumentano quando uno dei ragazzi si stacca dal gruppo e “reppa” emulando i 99 Posse.
Da sottolineare anche il fatto che tutti i 17 componenti contribuirono a rendere veramente unica la loro performance suonando ciascuno uno strumento: dal tamburello, alle maracas, dai legnetti ai coperchi di pentole. Terrificante. Per fortuna non c’era l’ombra di neanche un microfono ad amplificare questo guazzabuglio di sonorità buttate a caso.
Il pubblico Rai, notoriamente buonista, ebbe pietà e li traghettò fino alla semifinale. Dopodiché, una volta ritenuta compiuta la buona azione di facciata, gli sbattè fuori dal teatro.
Attendiamo con trepidazione il videoclip in stile "Un jeans e una maglietta".

Tuesday, September 26, 2006

Jalisse - Fiumi di parole (1997)

Quello del 1997 è stato l’ultimo grande Sanremo del ventesimo secolo. Da lì in avanti ci sarà davvero poco da ricordare. Ma che annata questa!
Primo, perché è stato l’ultimo Festival presentato dall’inossidabile Mike Bongiorno. Secondo, perché mai furono lanciati così tanti futuri big della canzone (Syria, Carmen Consoli, Nicolò Fabi, Nek, Paola e Chiara, Silvia Salemi, Alex Baroni). Terzo, perché in gara c’erano canzoni che, per un motivo o per l’altro entreranno nella storia come E dimmi che non vuoi morire di Patty Pravo o Papa nero dei Pitura Freska. Quarto perché vide il trionfo dell’ultimo vero, grande, indiscusso tormentone.


Fiumi di parole, la si può amare, la si può odiare ma non la si può non ricordare!

I Jalisse, duo formato dai coniugi veneti Fabio Ricci e Alessadra Drusian, per la verità partecipavano nella sezione Giovani. Il regolamento del Festival quell’anno prevedeva che le nuove proposte più votate durante la prima serata sarebbero stati di diritto promossi a Big. E così fu. Dopo la prima esibizione Jalisse vennero lettaralmente sommersi dai voti, ottenendo il passaggio di categoria. Da sconosciuti diventarono veri beniamini del pubblico, orfano del magico duo Al Bano & Romina.
A dirla tutta I Jalisse assomigliavano di più agli 883 perché se la bella Alessandra ce la metteva tutta a gorgheggiare come una pazza, il coniuge davvero non si capiva che facesse; faceva finta di cantare cantava, faceva finta di suonare e si limitava a muovere (fuori tempo) le spallucce.

“Fiumi di parole” affronta un problema tutt’ora attualissimo: l’incomunicabilità tra uomo e donna.
Riassunto: lui è un logorroico: parla, parla, parla ma solo di fisica quantistica, facendo morire di noia la sua lei, che non trova altro rimedio che mettersi i tappi nelle orecchie e meditare il suicidio:


Mi aspetto mille scuse come sempre da te
Sei un fiume di parole dove anneghi anche me
Che bravo che sei, ma questo linguaggio da talk-show
Cosa c'entra con noi
Provo l'unico rimedio che adotto da un po'
La mia testa chiude l'audio, la storia la so
Sei fatto così, dovrei limitarmi oramai
A dirti di sì

Fiumi di parole
Fiumi di parole tra noi
Prima o poi ci portano via
Ti darò il mio cuore
Ti darò il mio cuore, se vuoi
Se puoi, ora parla con lui
Ora parla con lui

Tu che gridi in un dialetto che non è più il mio
Io che perdo il tuo rispetto, sarebbe meglio un addio
È come in un film, il classico film
Dove lei farà la pazzia

Fiumi di parole
Fiumi di parole tra noi
Prima o poi ci portano via
Ti darò il mio cuore
Ti darò il mio cuore, se vuoi
Se puoi, ora parla con lui
Ora parla con lui

Vorrei fermare un'immagine
Sentirla entrare dentro di me
Un tuo silenzio più complice
Vorrei...

Fiumi di parole...

Negargli il primo posto sarebbe stata una disonestà intellettuale.

Ci sono ancora un paio di cose pregevoli da dire su questo brano e I suoi interpreti.
Inanzitutto va detto che nonostante l’enorme favore del pubblico la vittoria fu molto contestata in quanto il duo venne accusato di aver plagiato Listen to your heart dei Roxette.
E poi mi preme ricordare che Fiumi di parole è stato l’ultimo brano italiano a partecipare al mitico Eurofestival (guardate qui la loro performance live).

Passata l’ondata di successo ottenuta con la vittoria di Sanremo, i Jalisse sparirono, puff, dissolti nel nulla. Almeno in apparenza. E invece, di soppiatto, hanno fatto tante cose bellissime in questi anni: una canzone dedicata alla beatificazione di Padre Pio, la musica d’attesa per una compagnia romana di taxi, nonché il brano "Fede nell'amore (Pietro ama Halima)" dedicato alla pace nel mondo e alle differenze di credo religioso, cantato alla Farnesina alla presenza di Gianfranco Fini!

Monday, September 25, 2006

Padre Alfonso Maria Parente - Dimmi che giorno sarà (2000)

A 17 anni di distanza dalla partecipazione di Frate Cionfoli, ecco giungere all’Ariston (stavolta nella categoria Nuove Proposte) un altro religioso canterino raccomandato direttamente dall’Altissimo.

Padre Alfonso Maria Parente è veramente il frate che tutti noi vorremmo per amico: va in moto, adora I giubbotti di pelle, porta trandissimi occhiali con montatura dorata anni 70 (sì, proprio il modello “Gianfranco Fini”), sotto il saio indossa i jeans e sul palco ci regala assoli di chitarra come un Jimi Hendrix in estasi mistica.
Musicalmente il pezzo non fa propriamente vomitare. E’ un onesto rock, tutto sommato orecchiabile. Preferirei, piuttosto, soffermarmi sul testo.
La sinossi è pressapoco questa: Padre Alfonso ha la sfiga di passare un’estate in città perché non ha prenotato per tempo le vancanze. Girovagando incappa in una fauna di disgraziati come lui, un bel campionario di umanità da redimere: lavavetri di colore, drogati, ubriaconi, puttane.
Possibile che in cento metri di strada non abbia incontrato proprio nessun altro, che ne so, una bella famigliola felice, qualche simpatica vecchietta, un uomo che portava a pisciare il cane? Ma si può sapere in che città abita il nostro frate? Giustamente, sconcertato da cotanto degrado urbano, Alfonso Maria si interroga sul senso della vita e sull’eventualità di trasferirsi in un luogo più prestigioso. Eccovi il testo integrale:

"Me ne sto solo sotto il sole d'agosto
Non ho nessuno e non mi sento al mio posto
Spugna nel pugno e gialla pelle di daino
Un lavavetri in piedi, un nord-africano
Fa così caldo che mi sento morire
Sulla mia pelle grida col mio sudore
Il mio bisogno d'amore
Mi sposto all'ombra di un palazzo vicino
Seduto a terra un tipo col cucchiaino
Sta riscaldando qualche cosa di strano
Sta preparando senza troppo rumore
La sua dose d'amore

Dimmi che giorno sarà

E se mai quel giorno arriverà
Se mai qualcosa cambierà
Quando qualcuno qualche cosa farà

C'è un ubriacone steso sulla panchina

In mezzo al vomito e all'odore di urina
Conosce bene che vuol dir soffrire
Senza speranza di potere guarire
lo vede un prete e passa via disgustato
Ma quello dorme e sogna forse da ore
Una bottiglia d'amore
Sul marciapiedi una signora composta
Adesca un'auto che si ferma e si accosta
Non c'è bisogno di parole affettate
Per dichiarare quanto costa ai bollori
Un'illusione d'amore

Dimmi che giorno sarà
E se mai quel giorno arriverà
Se mai qualcosa cambierà
Quando qualcuno qualche cosa farà"

Dimmì che giorno sarà venne premiata dalle giurie con un onorevole sesto posto in classifica.

Pochi mesi dopo dopo successe il fattaccio. Padre Alfonso Maria Parente, come Lucifero, cadde dalla grazia di Dio agli inferi più profondi. Il frate cappuccino venne incriminato per sfruttamento illecito del nome di Padre Pio in una televendita dove veniva proposta l’interessante opera “Padre Pio da Petralcina: un mistero senza fine”, assicurando che il ricavato sarebbe stato devoluto ad una giusta causa. La giusta causa era una villa al mare con piscina, ovviamente.

Squadra Italia - Una vecchia canzone italiana (1994)

Probabilmente seconda solo all’imbattibile Italia di Reitano in un’ideale classifica dei brani più “nazionalisti” transitati a Sanremo.
E’ il 1994. Un paio di vecchi amici si incontrano dopo decine di anni alla bocciofila e tra un bicchiere di vinello e l’altro qualcuno butta lì un’idea un po’ pazza: -Perché non partecipiamo al Festival di Sanremo tutti insieme! Magari è l’ultima cosa che facciamo nella nostra vita!-
Viene così creato il supergruppo di mummie chiamato Squadra Italia, composto da: Nilla Pizzi, Jimmy Fontana, Gianni Nazzaro, Wilma Goich, Wess, Giuseppe Cionfoli, Tony Santagata, Lando Fiorini, Mario Merola, Rosanna Fratello e la “piccola” Manuela Villa a fare da mascotte.
11 componenti le cui età sommate superano i 700 anni. insieme sul palco cantare pregi e difetti de ‘sta Italia bbella, ciascuno la sua strofa interpretata alla propria maniera.
Il brano è moderno come una statuetta in porcellana di Capodimonte appoggiata su un centrino sopra una credenza in barocco piemontese.
Un inno ai luoghi più comuni del comune su questa nazione, una terra dove gli stranieri vengono accolti con amore e non vogliono tornare più a casa (strofa che acquista ancora più valore perché cantata dal mitico Wes), una terra dove il sacro di scontra col profrano, terra rimasta nel cuore a coloro i quali sono partiti per trovar fortuna in America, terra di balcony affacciati sul mare a Posillipo. Eccovi il testo:

“Terra distesa nel mare
Che in ogni canzone ci parli d'amore
Terra di grano e di fiori
Di sole, di vino, di spine e di allori
Terra che resti nel cuore
Di chi per un sogno ti deve lasciare
Ogni paese ha una festa
Una banda che suona, una piazza, un caffè
Terra di santi e poeti
De' troppi mafiosi e pochissimi preti
Terra di mille stranieri
Che trovano amore e non partono più
Terra rimasta ind' 'o core
D'a ggente che parte pe' terre luntane
Ma in ogni posto del mondo
Dovunque tu vada, da solo non sei

Sentirai una radio che suona lontana
Canterà una vecchia canzone italiana
Rivedrai un balcone affacciato sul mare
Una canzone non chiede di più
Ti porta dove vuoi tu

Ma che cos'è una canzone
E’ una storia che nasce da ogni emozione
E ci accompagna la vita
Da quando si nasce a quando è finita
Voce di popoli stanchi
Dà forza ad una idea che non muore più
E in ogni casa del mondo arriva volando
Dipinta di blu

Sentirai una radio che suona lontana
Canterà una vecchia canzone italiana
Rivedrai in un attimo il tuo primo amore
Passano gli anni e la vita però
Una canzone no”

Praticamente una cartolina della nostra penisola aggiornata al 1965.
Caso più unico che raro per questo genere di brano, il pezzo venne relegato in una deludentissima penultima posizione, battuto solo da Napoli di Franco Califano (andate a leggere il post dedicato a quest’altra splendida gemma musicale).
Purtroppo, dopo quest’insoddisfacente performance, la Squadra Italia si sciolse e ognuno tornò al suo ospizio.
Peccato, chissà quanto ancora avrebbero potuto regalare alla musica italiana…