Wednesday, February 27, 2008

Sanremo 2008 - La terza serata ovvero "qualcuno può salvarmi la canzone?!"

Loredana Berté con Spagna: una bomba. Non mi vengono in mente altri termini. Credo di avere avuto un attacco di sindrome di Stendhal vedendole. Si presentano entrambe sul palco con abiti disegnati dalla Bertè. Spagna, con vestito e pelle entrambi lattei e labbrone gonfiatissime, sembra una Bratz appena uscita dalla scatola mentre Loredana, nera dovunque, soprattutto nell'umore, porta ai polsi un paio di manette. L'esibizione è esplosiva e riporta in vita i fasti anni 80 delle due signore della canzone italiana. Che danno il meglio di loro nell'interpretazione. La voce, potentissima, meravigliosa, di una Spagna finalmente di nuovo rock, ingentilisce il brano dove serve, a contrasto con quella di Lory, veramente incazzata ma perfetta come non mai. Brividi. E chi se ne frega se la cantante a fine esibizione improvvisa un non troppo comprensibile rap scritto su un foglietto stropicciato tirato fuori da non ho capito bene dove. Può permettersi di fare qualunque cosa. Il duetto è il primo della serata e il migliore in assoluto. E non fa che aumentare la mia bile per l'esclusione dalla gara del brano. Indimenticabile.

Finley con Belinda: l'attrice e cantante messicana Belinda si presenta sul palco con una mise da rimorchio selvaggio alla festa del liceo, perfetta groupie del baby idol Pedro in tenuta da "wannabe an indie rocker", e stona dalla prima all'ultima nota, senza escluderne una. Di voce ne ha pochissima e decisamente pessima.

Tricarico con il Mago Forest: Tricarico fa l'unica cosa possibile per un potenziale serial killer come lui, ovvero farsi affiancare non da un altro cantante ma dal grande Mago Forest, vestito esattamente come l'interprete, che accompagna l'esibizione mimando un acrobata che tenta restare in equilibrio su una fune di lucine natalizie, nonostante vento ed altri ostacoli cerchino di buttarlo giù. Personalmente l'ho trovato deliziosamente poetico e gradevole in mezzo al ciarpame e ai nomoni stranieri altisonanti a cui sono ricorsi alcuni concorrenti come, tanto per dirne una, la Tatangelo. Originale, coraggioso e controcorrente.

Mietta con I neri per caso: mah... snaturare così tanto il pezzo e costringere Mietta a smorzare il suo stile aggressivo non mi è sembrata una mossa propriamente azzeccata. Però rivedere Ciro che dà la nota d'accordo, quella sì che è stata un'emozione!

Max Gazzé con Marina Rei e Paola Turci: assolutamente l'esibizione migliore della serata, se escludiamo quella della Lory e Ivana. Il terzetto, affiatatissimo perché reduce da una lunga turnè assieme, si presenta in formazione perfetta: alla chitarra la Turci, Gazzè al basso e la Rei alla batteria (finalmente! Lei è un'ottima batterista e percussionista ma da troppo tempo non lo ricordava al pubblico!). Quanto sia complesso musicalmente il pezzo l'ho già detto nei post precedenti (8 cambi di tonalità... sti cazzi) e infatti Max qualche piccolo problema interpretativo ce l'aveva avuto il primo giorno. Stavolta l'esecuzione è impeccabile; le tre voci si armonizzano perfettamente e Gazzè corregge anche l'unica nota veramente stonata del brano, ovvero quel suono telefonico d'attesa ad inizio canzone, che ricrea facendo suonare a vuoto una corda del basso. Semplicemente perfetto.

Fabrizio Moro con Gaetano Curreri: oh-santo-cielo.

Cammariere con Gal Costa: e che potevamo aspettarci da Cammariere se non che si presentasse con un monumento vivente alla bossa nova, probabilmente la musica più elegante, ninimale e lenta che esista? Non so voi ma tutta questa raffinatezza mi ha dato da come un senso di inadeguatezza. Vado a mettermi un abito vintage di Dior per sentirmi all'altezza...

Frankie Hi Nrg MC con Simone Cristicchi: Cristicchi si presenta in cosplay da Enrico Ruggeri ai tempi dei Decibel dopo un trattamento intensivo di Crescina, con completo e pesante montatura degli occhiali entrambi bianchi, mentre Frankie in elengante completo nero. Al centro del palco è posizionata una grande scacchiera, alla quale i due simuleranno un duello di bergmaniana memoria durante l'esibizione. Cristicchi, lontano da pazzi e manicomi, è divertente e divertito nel duettare con l'amico. E l'esibizione è forse la seconda migliore della serata.

Tiromancino con Stefano Di Battista: Zampaglione stasera fa il super simpa della compa e dialoga lungamente con Pippo e Piero. E probabilmente si porta dietro il sassofonista Stefano Di Battista, sempre e comunque bravissimo, per non ingombrare il palco già affollato da sè stesso medesimo e dal suo obesissimo ego.

Eugenio Bennato e Pietra Montecorvino: la Montecorvino, compagna di Bennato anche nella vita, compare inguainata in vestito rubato dall'armadio della Bertè e via libera a quel tripudio di catarro che è la sua voce!

Mario con i Denovo: nulla de novo, e perdonatemi il gioco di parole. Hanno suonato insieme per 12 anni, pertanto è normale che l'intesa sia pefetta. Venuti si divide le parti vocali con Luca Madonia, esattamente come ai vecchi tempi, e il brano ne risente positivamente.

L'Aura con i Rezophonic: la giovane cantautrice gioca una carte vincente portando sul palco parte di questo collettivo di musicisti nato per raccogliere fondi a favore dell'Amref. Per chi non gli avesse riconosciuti tutti eccovi l'elenco: Marco Cocci (attore e cantante dei Malfunk), Cristina Scabbia (cantante dei Lacuna Coil), Marco "Garrincha" Castellani (il dinoccolato bassista delle Vibrazioni), Floriano Bocchino, (pianista di L'Aura), Andy dei Bluventigo (uno dei miei idoli personali), Marco Trentacoste (Deasonika) e Mario Riso (batterista e fondatore del progetto). L'effetto "We are the world" è dietro l'angolo ed effettivamente fa capolino più d'una volta, ma la potente voce della Scabbia e il sax del grandissimo Andy sdrammatizzano abbastanza.

Grignani con i Nomadi: le sonorità country rock del pezzo calzano talmente bene ai Nomadi da far sembrare Grignani l'ospite sul palco. Il gruppo ci sguazza così tanto che il tastierista Beppe Carletti si spara pure un assolo all'organo Hammond che manco Rey Manzarek! E il brano di Grignani sembra già un classico anni 70. Impagabili!

Anna Tatangelo con Michael Bolton: la Tatangelo si presenta sul palco con lo stesso abito che Jenna Jameson indossava alla consegna degli Oscar del porno a Las Vegas, prendendo il palco dell'Ariston per un mignottodromo. Che dire di Bolton: un mercenario professionista... Mercenario ma pieno di classe. Compare vestito come se fosse uscito un attimo di casa per comprare le uova, si spara la sua parte in maniera impeccabile, facendoci apprezzare al massimo ogni sfumatura della sua pastosa voce, e se ne va. E cantata in inglese, occultando l'incomprensibile e orrido testo, la canzone riesce a sembrare quasi ascoltabile.

Paolo Meneguzzi con Tony Hadley: ora mi è tutto chiaro: gli Spandau si sono sciolti perché Tony Hadley si mangiò gli altri componenti! Avrete ormai capito che sono, e sempiternamente sarò, una "duraniana" sfegatata, però mi è sempre piaciuta la voce Hadley, che tutt'ora è splendida. Ma stasera non riesce a darne prova e non certo per colpa sua: Meneguzzi gli lascia poco spazio e le parole in italiano gli creano non pochi problemi. Un'occasione sprecata.

Little Tony con Gipsy Kings Family: insopportabili. I Gipsy Kings riescono a rendere identica qualunque canzone interpretino. Ci sono pure le ballerine di flamenco tardone che ammiccano a Little, contribuendo a rendere il palco una sorta di circolo ricreativo per la terza età. Terribili.

Amedeo Minghi con Giulia De Donno e Stefania Cuneo: versiona acustica del pezzo per il Maestro, che fa il suo ingresso sul palco con una giacchetta da college inglese di due taglie più piccola. Porta con sé un'arpista ed una pianista, forse per trovare qualcosa che distragga pubblico e giuria dalle deliranti strofe scioglilingua della sua canzone.

Giò Di Tonno e Lola Ponce con i Los Vivancos: oh, un po' di petto nudo piace sempre a grandi e piccini. Se poi il petto e avvitato sulle tornite gambe di un gruppo di giovani ballerini di tango argentino, lo share s'impenna!

Michele Zarrillo con Paolo e Chiara: e le due sorelle Iezzi compirono il miracolo! Zarrillo osa l'abbinamento ardito e viene premiato: le tre voci assieme si sposano alla perfezione e il pezzo migliora in maniera esponenziale.

Toto Cutugno e Annalisa Minetti: Toto richiama la pupilla Minetti, con la quale aveva già duettato al Festival nel 2005. C'è solo un problema: la tonalità della canzone è sbagliata per la cantante, che nella strofa si vede costretta ad imitare la Bertè mentre nel ritornella improvvisa urletti ad ultrasuoni percepibili solo dai cani.

Loredana verrà e vi punirà tutti!

Da poco più di un'ora è ufficiale: Loredana è stata eliminata dalla gara perché la commissione artistica della Rai e la Siae hanno giudicato la sua Musica e parole un plagio. Di cosa? Ma della celeberrima Ultimo segreto, brano del 1988 interpretato da tal Ornella Ventura, prodotta da Tullio De Piscopo.
Su Repubblica.it è ascoltabile anche un mix dei due pezzi ed è innegabile che siano pressoché identici. E per quanto il testo di Musica e parole sia stato scritto dalla stessa Bertè, il "solo tu, solo tu, solo tu sei" ripetuto ossessivamente nel ritornello è presente anche nel brano della Ventura, perché probabilmente già inserito da Alberto Radius e Oscar Avogadro, la coppia di autori, nella primissima stesura del pezzo. L'inconsapevolezza di Lory è lapalissina. Lo ammette lo stesso De Piscopo durante un'intervista. Appare, invece, davvero difficile pensare che Radius e Avogadro fossero allo scuro di tutto, tant'è che la Rai ha annunciato un'azione legale nei loro confronti. E se poi vogliamo proprio rincarare la dose, aggiungerei che la casa discografica che produsse e distribuì Ultimo segreto è la NAR, guarda caso la stessa che oggi ha sotto contratto la Bertè, circostanza che rende ancor più incredibile che nessuno abbia avvisato la cantante dei rischi.
A concludere la magica catena di coincidenze, me ne sovviene un'ultima davvero malsana: chissà perché questo scandalo è arrivato proprio il giorno delle accuse verso un festival fiacco, che non decolla, vecchio e bollito. Dopo l'acceso j'accuse di Baudo (più antipatico di cento Zampaglione con la gastrite) al pubblico, dal conduttore definito deficiente solo perché non ha seguito in massa il suo fottutissimo festival. Dopo ore di conclave tra i quei mancati premi Nobel che siedono ai vertici Rai, per capire quali manovre attuare per movimentare d'urgenza la manifestazione.
Loredana domani canterà. O meglio, dovrebbe cantare. La direzione artistica le concede questo regalo in nome della sua buona fede. Non sono così sicura che si presenterà sul palco.
Per questo le lancio un appello: Lory, ti prego, canta! Indossa il tuo abito più bello, assemblato con cuscini, tovaglie, moquette, sciarpine di Cammariere, muschi e licheni (se vuoi te lo cucio io stanotte!) e spacca il culo a tutti!

AGGIORNAMENTO DELLA NOTTE: il Dopofestival di stasera è largamente dedicato all'affair Loredana. Baudo, presente in studio per rispondere alle domande di giornalisti e pubblico, accusa apertamente Radius e Avogadro. Testuali parole: "Radius venne a trovarmi in albergo a Milano portando il nastro con un'anteprima del pezzo, composto apposta per il Festival, dicendo che l'avrebbe interpretato la Bertè".
Viene raggiunto telefonicamente anche Tullio De Piscopo, che rincara la dose di accuse contro i due autori, giurando e spergiurando di essere assolutamente convinto della totale estraneità della cantante.
A fine puntata, circa l'una e un quarto di notte, il teatro del Casinò è raggiunto telefonicamente da nientemeno che Red Ronnie che autoelettosi avvocato difensore dell'amico Radius, si prodiga a giurare la sua completa buona fede ("un autore non si può ricordare tutti i pezzi che ha scritto nella sua carriera...") ed, anzi, insinua il dubbio riguardo ad una non proprio totale estraneità della Bertè nella faccenda ("l'ho incontrato a dicembre e mi ha detto che la Bertè aveva trovato un suo inedito che avrebbe presentato al festival... Lui non si ricordava assolutamente di averlo scritto..."). Red Ronnie accenna anche al fatto che Radius non si curò particolarmente della cosa perché pensava che la Bertè non sarebbe stata selezionata. Che eleganza...
Ora, il punto è questo: siccome la canzone della Ventura è regolarmente registrata alla Siae, e la commissione Rai ha l'obbligo di verificare l'assoluta inediticità (ma esiste questo termine?) dei brani selezionati, è davvero possibile che il bubbone purulento non sia scoppiato prima? Voglio dire, cazzo ma allora è veramente facile aggirare i controlli! Quindi se il prossimo anno partecipo anch'io portando un pezzo di Mogol e Battisti cambiando titolo e qualche parola del testo e magari mi va di culo che nessuno lo riconosce posso pure vincere? No, fatemi capire...

Tuesday, February 26, 2008

Sanremo 2008 - La seconda serata

Superato l'incomprensibile siparietto con il commissario Rex (sarebbe una delle trovate per ridare ritmo al festival dopo il flop della prima serata? Complimenti a Del Noce...) si comincia con la gara. Da segnalare che i tempi tra un cantante e l'altro, grazie al cielo, sono stati leggermente compressi.

Mario Venuti - A ferro e fuoco: la prima cosa che salta all'orecchio è il bel testo, che parla d'amore come di un'epopea cavalleresca. Il pezzo è gradevole, senza particolari guizzi musicali e canori. Normale amministrazione per Venuti.

Amedeo Minghi - Cammina cammina: Amedeo "the Master" fa il suo ingresso sul palco con il giubbetto di pelle very skinny rubato a Lenny Kravitz la sera prima e ci presenta questo curioso brano. Curioso perché, e nessuno se ne spiega bene il motivo, le strofe sono talmente tanto fitte di parole che per poterle cantare tutte in tempo, il maestro le interpreta alla maniera di uno scioglilingua, perdendosi, di tanto in tanto, qualche vocale e qualche consonante per strada. La cosa è tanto marcata che Elio e le storie tese ne faranno anche la parodia al Dopofestival! A parte questo Minghi è un altro che ripropone pressochè dai tempi di Serenella - 1950 sempre lo stesso brano e questo non sfugge alla ferrea regola.
Inossidabile ed inscalfibile come l'acciaio inox dei coltella Miracle blade.

La scelta - Il nostro tempo: ma secondo voi cosa posso pensare di un gruppo che ha scritto un pezzo che dice "E mi sento un africano metropolitano, con gli occhi da orientale e il cuore di chi sa che andrà lontano", se non tutto il male possibile? E per sottolienare quanto siano per davvero una cifra un casino proprio tanto cittadini del mondo, portano sul palco pure la violinista giapponese truccata e vestita da geisha. Cosa volevano, che il pubblico li tirasse pure le monetine? Pessimi. E quindi qualificati.

Giò Di Tonno e Lola Ponce - Colpo di fulmine: la scoperta più interessante che ho fatto ascoltando questo brano è che Giò Di Tonno è veramente alto! Più alto di Pippo la pertica! L'ho sempre visto curvo con la gobba di gomma piuma... vabbè, concentriamoci sul pezzo.
Probabilmente il brano più orecchiabile di questa edizione. Una macchina da guerra per la vittoria. Nel momento più intenso del pezzo si prendono per mano e accennano anche una piccola, studiatissima mossetta, abbracciandosi e sfiorando l'uno il viso dell'altra, teneramente... ops, credo mi si sia cariata pure un'otturazione.
Sono intonati, sono belli, hanno un pezzo scritto dalla Nannini e da stasera anche il podio assicurato.

Sonohra - L'amore: eccoli! Aspettavo la loro comparsa con trepidante ansia! Quelli che sono stati definiti la risposta italiana ai Tokio Hotel! Beh, effettivamente sono parruccati mica da ridere: uno con capelli lunghi fino alle spalle platinatissimi e l'altro con la capigliatura e la mesciatura di George Michael ai tempi degli Wham. Ero talmente ipnotizzata dal parrucco che non mi sono particolarmente concentrata sul pezzo nel primo minuto. Quando ho smesso di fissare le meches di uno dei due (ma erano anche lampadati di brutto o sbaglio?) mi sono ritrovata al cospetto di Paola e Chiara prima maniera. Terribili. E sono tornata a fissare le meches, che ovviamente si sono qualificate.

Gianluca Grignani - Cammina nel sole: la dieta gli ha fatto bene pure alle corde vocali perché riesco perfino a comprendere qualche parola cantata.

Jacopo Troiani - Ho bisogno di sentirmi dire ti voglio bene: il più giovane partecipante del festival (17 anni), nonostante l'età risponde in maniera forbitissima alle domande stupide di Pippo e al termine del pezzo dice a pubblico "Vi ringrazio di cuore". Io ringrazio di cuore che il pezzo sia durato poco. Ovviamente qualificato.

Mietta - Baciami adesso: il pezzo non è male, con un bell'arrangiamento rocchettaro e Mietta finalmente si riappropria di una dimensione a lei più consona dopo le agghiaccianti derive da telenovelas di Cuore, cantata in coppia con Morris Albert.

Rosario Morisco - Signorsì: Giusto perché è severamente vietato influenzare le giurie prima dell'ascolto della canzone, Pippo si limita a dire che Morisco è un militare dell'esercito che ha partecipato a numerose missioni di pace nei posti più sfigati del mondo, che ha aiutato tante gente, che ha visto tanta sofferenza e che la canzone è stata scritta a Kabul. E per rendere il tutto più credibile, il cantante indossa per l'occasione pure una camicia in stile militare glamour. La canzone, che tratta di amore sotto le bombe, è assolutamente inascoltabile ma avrei giurato che si qualificasse. E invece viene rispedito a Kabul a calci nel sedere.

Loredana Bertè - Musica e parole: si presenta in cosplay da Barbie magia dei sabba a Satana e, dopo aver farfugliato qualcosa di incomprensibile a Pippo comincia il Loryshow. Io la venererei pure se cantasse il bugiardino del Moment, ma la canzone, incazzosissima, rock rock rock, con un testo ridotto a 5 parole in totale (ettecredo, se l'è scritto da sola!) ma squisitamente surreale, è travolgente. Mai come stavolta la sua interpretazione allucinata fu più azzeccata. Quando a metà pezzo ha cominciato a frugarsi in tasca, temevo tirasse fuori una rivoltella e sparasse al pubblico, in un tripudio glamour/grandguignolesco degno del Fantasma del palcoscenico di Brian De Palma. Da antologia il dopo canzone, dove prima si lamenta con Pippo del fatto che i cantanti vengano trattati come fenomeni da baraccone e poi racconta di aver cucito le stessa parte della sua discretissima mise nella notte, smontando i cuscini del letto della sua camera d'albergo! Lory, WE LOVE YOU!

Little Tony - Non finisce qui: si presenta sul palco vestito da petroliere texano e come tale porta con sé l'intera famiglia. Quella merda di Chiambretti, prima della canzone, gli fa pure una pessima battuta sul cuore... La sua è una ballata folk rock ricca di riferimenti autobiografici e l'ombra dell'infarto che ebbe poco meno di un anno fa è ancora percepibile, non solo nel testo; la voce di Little è più stanca del solito ma lui porta comunque splendidamente i suoi quasi 70 anni.
Personalmente ho apprezzato moltissimo questo Little Tony malinconico e misurato. Ci tengo segnalare che questo sia uno dei pochi brani che abbia un vero e proprio, canonico, sacrosanto, rassicuarante, troppo spesso dimenticato, assolo di chitarra elettrica, realizzato dallo stesso fratello del cantante.

Oh finalmente ecco i Duran, gli unici ospiti stranieri di quest'anno che mi interessano, da sempre uno dei miei gruppi favoriti. Ma come fa John Taylor ad essere sempre così dannatamente bello?!
Scusate, la divagazione... ecco che ricomicnai la gara!

Ariel - Ribelle: una tamarra uscita un attimo dalla discoteca di fianco all'Ariston per cantare la sua canzone e poi tornare sul cubo a dimenarsi al ritmo di Gabry Ponte. Chiambretti la presenta come una interprete arrivata dal jazz, ma la sua voce nasalissima, abbastanza sgradevole all'udito, mi fa pensare cha questa il jazz non sappia manco cosa sia. Al massimo il pezzo ricorda vagamente quelli di Alexia nel suo periodo più truzzo, ma le doti vocali dell'adorabile nanetta ligure erano ben altre. Qualificata.

Tiromancino - Il rubacuori: Ma Zampaglione aveva mal di gola? Canta sussurrando, quasi avesse paura di alzare troppo la voce. E trasuda antipatia da tutti i pori. Però la sua canzone ha un bel testo. Furbissimo e paraculo, ma molto apprezzabile. E il fatto che, prima dell'esecuzione, Chiambretti ricordi che la EMI abbia rotto il contratto con i Tiromancino perché fortemente contraria a questo pezzo a casusa dell'argomento, non fa che rincarare la dose di paraculaggine. Pare che la EMI, nella storia di un tagliatore di teste che licenzia senza rimorsi i dipendenti di un'azienda, ci abbia visto troppi riferimenti al mondo discografico (con esattezza parliamo del verso "Tanto a me della musica non mi frega più niente, seguo un’altra politica, sono dirigente") e non abbia gradito affatto. La canzone è musicalmente semplice, scarna, minimale ancor più delle già minimali canzoni di Zampaglione. Non so se questo brano possa vincere, ma sicuramente si piazzerà molto bene.

Finley - Ricordi: spiazzano tutti (ma chi???) presentando una ballata lenta e poco fracassona abbastanza distante dai loro standard. Pedro, il cantante (dai, ricordiamo i nomi di tutti che meritano: Pedro, Ka, Ste, Dani), pensando di fare cosa buona e giusta, urla nel microfono come un rappresentante d'istituto ad una manifestazione studentesca e stona ogni singola nota. In compenso il chitarrista Ka, riesce a fare un controcanto ancor più a cazzo.
Il fatto che siano giovani non può giustificare la pessima performance (Jacopo Troiani è molto più giovane di loro e, quantomeno, ha fatto un'esecuzione pulitissima), ma sicuramente giustificherà la marea di voti che pioverà su di loro.

Francesco Rapetti - Come un'amante: no, il figlio di Mogol noooooo! Ma fatemi il piacere!

Sergio Cammariere - L'amore non si spiega: e manco la presenza di Cammariere al Festival. Oh, è così raffinato, così colto, così elegante, così misurato, osannato dalla critica: perché il nostro cantautore di porcellana fabergé persevera con questo suo malsano cercare l'approvazione della platea festivaliera, notoriamente composta da organismi unicellulari? Il pezzo non è bello come Tutto quello che un uomo e l'interpretazione un po' sporca (nel dopofestival lo stesso Cammariera di scuserà col pubblico dicendo che era molto emozionato... che uomo di classe, che charme!), ma resta comunque di una qualità molto superiore alla media.

Valeria Vaglio - Ore ed ore: l'unica nuova proposta vagamente sopra la sufficienza. È l'ultima a cantare, intorno a mezzanotte e mezza, e cinque minuti dopo viene eliminata. Se questa non è sfiga...

Monday, February 25, 2008

Sanremo 2008 - La prima serata

Concedetemelo: dopo il primo quarto d'ora di patetici siparietti introduttivi dagli accattivanti temi quali "non possiamo parlare di politica ma siccome siamo davvero birichini giochiamo a ficcare qua e là i nomi dei candidati" oppure "facciamo vedere quanto Pippo sappia essere spiritoso", già invocavo il maligno recitando al contrario il mantra Perché Sanremo è Sanremo.
Pessimo avvio del Festival questo: lento, fiacco, con un Baudo più antipatico e spocchioso che mai e un Chiambretti impegnato a fare i salti mortali per mantenere il ritmo attraverso gag che manco al Bagaglino e un'eternità tra un'esibizione l'altra. Tanto eterne che, se non fosse per la certezza di star guardando proprio Sanremo, mi sarebbe venuto il dubbio che le canzoni fossero solo un casuale contorno di uno show dedicato alla celebrazione dei cent'anni di Pippo.
Il punto di non ritorno si è toccato quando i due presentatori, dopo l'esibizione del super ospite straniero Lenny Kravitz (con tanto di tacco 12 che lo facevano alto quanto "la pertica" di Militello) gli hanno chiesto se conoscesse Donna rosa. E completamente ricoglionito dalla cifra a 6 zeri ricevuta come compenso per la partecipazione, e da chissà quale altra magica sostanza, Lenny ha ovviamente annuito.

Ma passiamo alle cose veramente importanti: i partecipanti. Un caos primordiale di accordi e parole buttati a cazzo in bocca a dilettanti che a confronto le serate di karaoke aziendale sembrano Castrocaro.
Poco, davvero poco, il salvabile.

Paolo Meneguzzi - Grande: brano evidentemente autobiografico perché nessuno è mai stato più grande del Meneguzzi che da cinque anni riesce a portare lo stesso brano a Sanremo senza che nessuno se ne accorga, piazzandosi sempre nelle prime dieci posizioni. Anche stavolta non ci risparmia l'aneddoto del festival di Viña del mar e un'interpretazione piatta come l'encefalogramma di Baudo.

L'Aura - Basta: il pezzo è tanto sciapo quanto almeno vagamente orecchiabile. Resta il fatto che L'Aura sia certamente una raffinata cantautrice. Però peccato per le troppe incertezze vocali a inizio esecuzione e il tanto insensato quanto chiaro intento di imitare in tutto, look compreso, Elisa.

Milagro - Domani: ma come sono invecchiati gli Zero assoluto nell'ultimo anno! E siccome anche la giuria popolare li scambia per il celebre duo passano il turno.

Toto Cutugno - Un falco chiuso in gabbia: dopo una brutta malattia il mio idolo assoluto torna a reclamare il suo secondo posto politico. La voce è stanca, le parole, benché d'amore, nascondono una certa incazzatura di fondo. Il pezzo è perfetto per far breccia nei cuori dei numerosi/e ultra cinquantenni votanti presenti nella giuria popolare. E poi "il Cutugno è tanto un bell'uomo" come dice sempre mia madre. Prima di cantare ci tiene a precisare che lui nei paesi dell'est spacca il culo a tutti! E io aggiungo che dopo Sanremo volerà a Mosca per cantare al Cremlino sa Vladimir Putin, che evidentemente ha un piano: usare Toto per conquistare il mondo!
Da segnalare, al Dopofestival, la memorabile performance di Elio e le storie tese che, accompagnati dalo stesso Cutugno al sax, reinterpretano il pezzo cantando ogni strofa sulla basi musicali dei pezzi più famosi di Toto!

Frankie Hi Nrg Mc - Rivoluzione: grandissimo Frankie! L'intro sembra un pezzo rubato ad una qualche colonna sonora di Morricone per uno spaghetti western, per poi mecsolarsi con sonorità super seventies/funkettose. Francesco si sbraccia come un tarantolato mentre racconta di furbetti del quartierino, di politici corrotti e di telefonini. Si lascia andare pure a qualche "sanremismo", cantando il ritornello anziché repparlo.
Il suo reppare è coinvolgente. E, probabilmente, se tutti noi da casa potessimo decidere il risultato vorremmo lui sul podio.

Andrea Bonomo - Anna: il titolo di fenomeno da baraccone tra i giovani se lo merita decisamente tal Bonomo, che dopo aver decantato per tre interminabili minuti tutte le virtù di Anna, una specie di samaritana miope, ci svela che Anna è la sua mamma. E secondo me è la sua mamma solo per fare rima con Anna, perché se la canzone si fosse chiamata Pia era sua zia.

Fabrizio Moro - Eppure mi hai cambiato la vita: in una parola, anzi due, semplicemente allucinante. E allucinato. Un po' recita, un po' reppa (o almeno ci prova), un po' tenta di cantare. Ci parla di un amore finito male e di come farà a trovare un'altra che si "riabitui ai miei cattivi odori". A Fabbri', anziché venire a Sanremo potevi rimanere a casa a lavarti

Frank Head - Para para' ra rara: tre tamarri fracassoni dall'apparenza vagamente lurida, ci vendono il pezzo come un chiaro omaggio alla tradizione musicale balcanica, scusa utile a giustificare la terribile accozzaglia di suoni e versi assemblati a forza col super attak. Qualificati presumibilmente per una questione di servizio sociale.

Anna Tatangelo - Il mio amico: la grande favorita sfodera immediatamente le sue due armi di distruzione di massa: due enormi tette nuove di pacca, che fanno capolino da una camicetta trasparente. La canzone è esattamente come me l'aspettavo, subdola come una faina, viscida come un pitone e il ritornello in rima "dimmi che male c'è se ami un uomo come te" è irritante come il limone negli occhi. Se poi aggiungiamo il fatto che che prima dell'esibizione la cantante ha specificato che il brano è decicato al suo truccatore a cui lei vuole tanto bene, l'effetto Telethon è assicurato. C'è da dire che in mezzo a tanto ciarpame e approsimazione l'interpretazione della Tatangelo rasenta la perfezione: non sbaglia una nota e i vocalizzi sono tanto perfetti da farti venire il dubbio che abbiano ficcato un suo cd nello stereo.

Michele Zarrillo - L'ultimo film insieme: talmente fanè che a confronto le copertine dei dischi anni 70 dei Collage sembrano quelle degli Iron Maiden. Mi ha stupito il fatto che per la prima volta non fosse seduto al suo inseparabile pianoforte.

Melody Fall - Ascoltami: ho avuto un'allucinazione. Sono tornati i Gazosa e non mi hanno detto niente? No no, aspetta, la cantante è diventato un cantante! La devo smettere di mescolare la cedrata con le mentine.

Daniele Battaglia - Voce nel vento: mumble mumble, Battaglia... questo nome mi dice qualcosa... mmm, Battaglia... mah, mah, non sarà.... non sarà... e invece è proprio lui. Signore e signori eccovi l'ultimo portabandiera della grande e gloriosa tradizione nepotista festivaliera: Daniele Battaglia, figlio di Dodi Battaglia, storico chitarrista e voce dei Pooh. La sua avvenenza, per un attimo, mi distrae pure dalle continue stonature.

Eugenio Bennato - Grande sud: della sua canzone mi ricordo solo che mi ha fatto venire nostalgia di Tullio De Piscopo...

Max Gazze - Il solito sesso: bel pezzo, originale come sempre e dall'interpretazione non facile, tanto che Max stecca molteplici volte. Ma a me piace sempre e comunque.

Valerio Sanzotta - Novecento: un pasticciaccio brutto de genetica questo Sanzotta, specie di incrocio da laboratorio tra Zampaglione e Alvaro Vitali, che tenta di posiziosarsi come un Bob Dylan de noartri snocciolando una specie di folk ballad con un testo ricavato da un bignami di storia per la terza media. Imbarazzante. E naturalmente qualificato.

Giua - Tanto non vengo: non si capisce se voglia imitare le stonature di Paola Turci o le intonature di Alice. Ma soprattutto non si capisce come sia finita nella selezione Giovani del Festival. E si capisce ancora meno come si riesca a qualificare.

Tricarico - Vita tranquilla: la quintessenza del disadattato sociale, vero o presunto che sia. Tricarico ce la mette per risultare deliziosamente antipatico, presentandosi con una faccia più stralunata del solito e mostrandosi visibilmente infastidito dalla presenza di Baudo e Chiambretti (e come dargli torto). La sua canzone, per ora, è l'unico gioiello di questo festival. Un pezzo che mostra tutto il disagio del geniale cantautore. Un testo semplicemente splendido, un arrangiamento bellissimo. A Tricarico non gliene frega niente del festival e stona (forse volontariamente) dalla prima all'ultima nota, contribuendo a dare un'aria ancora più dolorosa e maledetta al brano e aggiudicandosi un posto nella hall of fame del mio cuore.

Wednesday, February 13, 2008

When a man needs a Belinda - I duetti sanremesi

Cominciano a trapelare le prime indiscrezioni sui duetti sanremesi che saranno i protagonisti assoluti dell'ormai famigerata serata di giovedì 28, geniale trovata partorita da quel trust di cervelli Rai capitanati da Pippo per poter legittimare una giornata festivaliera in più.
E, come sempre, anche i geniacci delle major discografiche ci mettono del loro, contendendosi il premio per l'accostamento più allucinante.
Il mio preferito? Ma che ve lo dico a fare: Anna Tatangelo in coppia con quel bollito panzone di Michael Bolton. Ma che siamo impazziti?!
Faccio un appello a Bolton: Michael caro, già vieni ricordato esclusivamente per un'unica, inascoltabile canzone, il che non è proprio edificante. Ma sei davvero sicuro che sia il caso di venire a grattare il fondo del barile in Italia? Non ti puoi dare alla bottiglia come ogni pop star sul viale del tramonto?
Purtroppo la triste notizia è che sfuma il nostro sogno di duetto tra i Finley e i Tokio Hotel. Sono davvero rammaricata... Il gruppo di fracassoni fintopunk canterà con tale Belinda Peregrín Schull, giovanissima attrice e cantante messicana, definita l'Hilary Duff del suo paese, il che suona un po' come una minaccia.
Sembrano ormai certi anche i duetti di Little Tony con i Gipsy Kings (ossignur, già mi vedo Little vestito da gitano a dimenarsi), Frankie Hi-Nrg con Roy Paci e Max Gazzè con Paola Turci.
Non ancora confermato, ma piuttosto scontato, il terzetto Di Tonno, Lola Ponce e Gianna Nannini, autrice del pezzo della coppia. Così poi potranno utilizzare il brano per un prossimo spot Fiat!
La Loredana pare duetterà con l'amica Ivana Spagna, signora di tutte le mummie del museo egizio del Cairo. Devo dire che nelle mie fantasie più perverse mi ero già immaginata un duetto con l'altra mia grande passione di sempre (ettecredo, le ho pure fregato il nome), miss Donatella Rettore. Accontentiamoci.
Ma la cosa più inquietante, ed allo stesso tempo malsanamente prelibata, sono le voci sull'esibizione di Mietta assieme ai Neri per caso (e siccome ricordarne i nomi è un esercizio che fa molto bene alla mente, eccoli: Ciro, Gonzalo, Diego, Mimì, Mario e Massimo), che reduci dallo strepitoso trionfo in Indonesia (cooooooosaaaaaa???) tornano alla grande sulla scena italiana.
Prepariamoci a una versione del brano stile Astro del ciel.
In attesa di conferme o smentite su questi abbinamenti, tutta Italia resta in trepidante attesa di sapere con chi duetterà il maestro Minghi!