Friday, December 28, 2007

Orietta Berti - Futuro (1986)

Se negli anni 70 Umberto Balsamo aveva conosciuto grande successo con brani orecchiabili e tutt'ora famosissimi quali e Balla e L'angelo azzurro, negli 80, complice forse una svolta mistica o l'adesione a Scientology, il cantautore siciliano si macchia di diversi crimini verso l'umanità scrivendo probabilmente il pezzo più trash di tutta la musica italiana, ovvero Italia interpretata da Mino Reitano, nonché due autentiche gemme della "canzone fantapolitica": Nascerà Gesù, interpretata dai Ricchi e poveri (vedi il post), che trattava il tema della clonazione umana e questa Futuro, che costringe sul palco dell'Ariston quella simpatica bonacciona di Orietta Berti a dissertare dei pericoli di un conflitto nucleare.

A differenza dei Ricchi e poveri, la cui credibilità era a zero, qui Oriettona ce la mette davvero tutta, regalando agli spettatori un'interpretazione intensa e sentita. Ma la Berti non è certo Enrico Fermi e i luoghi comuni profusi a piene mani nel testo certo non l'aiutano.
Si parla infatti di russi e americani che ruberanno il domani ai nostri figli, di guerra dei bottoni, di quanto sarebbe bello un futuro dove ci siano ancora gli aquiloni e i sassi da buttare nel torrente. Insomma, roba da far venire voglia di un'apocalisse atomica.

Il giornale che ci tortura,
il Sudafrica fa paura,
mentre il giorno diventa sera
in casa mia.
E i ragazzi son sempre quelli
che si sentono forti e belli
in un mondo che cambieranno
e andranno via.
Ma c'è un re con un gran cavallo
che decide quando si balla
e la storia che si ripete è sempre quella.
A voi russi o americani
io non delego il suo domani
su mio figlio non metterete le vostre mani.
Voglio ancora una vita e un aquilone,
voglio ancora due sassi da buttare,
dire sì, dire no, dire amore
e insegnarti che tu puoi volare.
Devi fare la guerra dei bottoni,
devi avere la forza di cantare,
figlio mio, neanche Dio può capire
quanto è bello guardarti dormire.
Oggi è tempo di stare attenti
e non parlo dei delinquenti,
questa volte non c'è Pilato,
è andato via.
Siamo tutti un po' responsabili
se la vita sarà impossibile,
non c'è un alibi che tenga alla follia.
E a quel re con un gran cavallo
dico io quando si balla
e la storia che si ripete non sarà quella.
A voi russi o americani
io non delego il suo domani,
su mio figlio non metterete le vostre mani.
Voglio ancora una vita e un aquilone,
voglio ancora due sassi da buttare,
dire sì, dire no, dire amore
e insegnarti che tu puoi volare.
Devi fare la guerra dei bottoni,
devi avere la forza di cantare,
figlio mio, neanche Dio può capire
quanto è bello guardarti dormire.
Voglio ancora una vita e un aquilone...

La paraculissima combinazione di cantante per famiglie + testo d'attualità premiò Futura, che nella classifica finale di piazzò ad un soddisfacente sesto posto.

Da segnalare che nel 1989 la collaudata coppia Balsamo-Berti riprovò a partecipare al Festival con il brano Tarantelle che, giusto per non perdere l'abitudine, parlava dei politici che rubano soldi alla gente, ma giudicata troppo polemica venne scartata dalla commissione.
A quando una canzone sulla commissione selezionatrice corrotta?

Thursday, December 27, 2007

Enrico Beruschi - Sarà un fiore (1979)

Di quanto fosse stata loffia l'edizione del 1979 ho già avuto modo di parlarvene. Il 93% dei cantanti in gara erano presumibilmente figuranti raccattati a Cinecittà, che oggi probabilmente manco si ricordano di aver partecipato al festival. Il restante 6% era composto da onesti mestieranti come Mino Vergnaghi (futuro paroliere di Zucchero), I Collage, I Camaleonti, i monumentali Pandemonium (vedi il post dedicato), l'unica vera prelibatezza di quest'anno. A conti fatti rimane un 1%. Quello lo occupa, più che legittimamente, Enrico Beruschi.
Troppo cialtronesco, musicalmente poco dotato, con una mediocre presenza scenica, riuscì laddove perfino Romina Power era "riuscita a fallire", ovvero: interpretare male perfino una canzone totalmente parlata. Per la verità Beruschi avrà anche le sue colpe, ma il brano certo non venne in suo aiuto. Partiamo dall'argomento trattato da Sarà un fiore: un uomo (presumibilmente molto poco dotato), durante la prima notte di nozze, sente domandarsi dalla consorte "Cos'è sto coso qui?".
C'è bisogno di aggiungere altro? Mmm, beh, forse vale la pena di citare il passaggio che racconta di come la sprovveduta mogliettina ha colmato le sue lacune (e il doppio senso è puramente casuale) grazie al postino.

Sarà cos'è
Sarà dov'è
Sarà cos'è
Sarà perché
L'amore mio sei proprio te
E allora io son steso sopra un letto
Tu sei stesa dirimpetto
Tu mi dici dolcemente
Cusa l'è ches chi
Cusa l'è ches chi
Cusa l'è ches chi
Ma come
Non è mica un aeroplano
Ma se è vero che ci amiamo
Non dovresti domandarmi
Cusa l'è ches chi
Cusa l'è ches chi
Cusa l'è ches chi
Ma come
Ti ho creato l'atmosfera
Col formaggio e con la pera
Ed ancora mi domandi
Cusa l'è ches chi
Cusa l'è ches chi
Cusa l'è ches chi
Ma come
Scusa tanto se è così
Ma lo trovo
Ma lo trovo
Sempre lì
Sarà un fiore
Che cresce con la pioggia
E con il sole
Se c'è la luna cambia di colore
Marisa dai non chiedermi cos'è
Sarà cos'è
Sarà un fiore
Peccato che non sa telefonare
Che tante cose ti vorrebbe dire
Marisa sai non chiedermi cos'è
Sarà perché
L'amore mio sei proprio te
E allora dopo tante primavere
La signora Belvedere
Non domanda più al marito
Cusa l'è ches chi
Cusa l'è ches chi
Cusa l'è ches chi
L'ha saputo dal postino
Birichino birichino
Che passava ogni mattino
Cusa l'è ches chi
Cusa l'è ches chi
Cusa l'è ches chi
Ma come
Il proverbio è presto fatto
O sei grullo o sei distratto
Ma è la donna che ti insegna
Cusa l'è ches chi
Cusa l'è ches chi
Cusa l'è ches chi
Ma come
Scusa tanto se è così
Ma la donna
Quando vuole
Dice sì
Sarà un fiore
Che cresce con la pioggia
E con il sole
Se c'è la luna cambia di colore
Marisa dai non chiedermi cos'è
Sarà un fiore
Che cresce con la pioggia
E con il sole
Se c'è la luna cambia di colore
Marisa dai non chiedermi cos'è
Sarà perché
Sarà un fiore
Peccato che non sa telefonare
Che tante cose ti vorrebbe dire
Marisa sai non chiedermi cos'è
Sarà cos'è
Sarà cos'è
Sarà.

E dall'alto della mia infinita misericordia ecco il link per ascoltarla.
Ma la censura, quando serve, si può sapere dov'è? Per la verità la censura non mancava affatto, ma ovviamente abbattè sbadatamente la sua mannaia sullo sfigatissimo Franco Fanigliulo, obbligandolo a cambiare il testo della canzone perché nominava la cocaina.
In pieno clima "commedia sexy all'italiana", santificato dalla presenza della starlette Anna Maria Rizzoli alla conduzione al fianco di Mike, l'orrido motivetto venne annaffiato da una pioggia di voti che lo portarono ad un incredibile quinto posto.
Ma coooooooooome?

Per i più perversi nonché masochisti ricordo che l'anno successivo Beruschi ci regalerà un'ulteriore prova delle sue doti canterine con l'irritante Urca, che bello!

Tuesday, September 25, 2007

Alessio Bonomo - La croce (2000)

Ognuno ha la sua croce. Quella dei telespettatori italiani nel 2000 fu sorbirsi l'ennesimo festival farlocco: quest'edizione vide il trionfo degli Avion Travel che, non ritenuti degni rappresentanti del canzone italiana, scatenarono un putiferio allucinante, con tanto di minaccia d'invalida del verdetto e di intervento del direttore di rete Saccà che promise l'abolizione delle giurie demoscopiche.
Ma il vero caso umano da paginone centrale di Gente fu un altro: il "fenomeno Bonomo".

Contrapponendosi decisamente allo stile "rocchettaro in nome del Signore" di quel genio di Padre Alfonso Maria Parente, il giovanissimo iconoclasta Alessio Bonomo porta sul palco dell'Ariston questo delirio mistico dovuto, presumibilmente, a traumi subiti da bambino durante l'ora di catechismo. A quasi otto anni di distanza, nessuno, tantomeno io, ha ancora capito se La croce fosse un brano geniale o una cagata col botto. Il cantautore napoletano irrompe in scena recitando (letteralmente! Bonomo parla, non canta. Uno stile che può, per certi versi, ricordare i CCCP) su una base musicale ipnotica la sua invettiva contro i falegnami. Più Esorcista o più Esorciccio? Mah, vedete un po' voi.

E ognuno ha la sua croce,
ma certe croci sono enormi
ognuno ha la sua croce
ma certe croci vanno in fiamme
ti divorano le spalle
e ti spezzano le gambe
e ognuno è un falegname
e costruisce nuove croci
e le butta sulla gente.
E c'è chi da questo orrendo costruire
ne esce pure vincitore
vincitore sulle spalle
di chi piano piano muore...
Roba da spaccargli un palo in mezzo agli occhi
o da perdonarli
da baciare la terra coi ginocchi
e rimanere... così...
disarmati sotto il cielo
come una lampadina ancora accesa
nonostante sia mattina...
nonostante sia mattina...

Più che un palo in mezzo agli occhi Bonomo si diede la zappa sui piedi. Perché terminata l'esibizione la platea era sotto choc. E la stampa aveva finalemente un succulento argomento per animare i dibattiti al Dopofestival (che fino a un minuto prima si pensava sarebbe stato proprio il già citato Padre Alfonso Maria).
Si formarono immediatamente le fazioni pro e contro La croce: chi lo definiva un poeta visionario, chi un incapace in cerca di un po' di notorietà. A questo proposito tutti i siti pro-Bonomo ricordano che era secondo in lizza per il Premio della Critica, andato a Jenny B a ex-aequo con Lythium. Ma per questo argomento vale il discorso sulle giurie fatto all'inizio del post.
Fatto sta che nella classifica finale l'eretico Alessio arriva quindicesimo. E Padre Alfonso Maria Parente sesto.
Chiesa 1 - Inferno 0.
Ma se è vero, come recita il testo de La croce, che qualcuno butta la sua croce addosso agli altri, quella di Bonomo centrò esattamente la testa del frate rockettaro, che da lì a poco sarebbe finito in carcere per truffa.
Nelle settimane a seguire, le polemiche per l'esibizione di Bonomo ebbero una certa eco. Attirato dalla "fama" del cantautore, nientepopodimenoche Oliviero Toscani si offrì di girare il videoclip del brano. Dopo la pubblicazione, lo stesso anno, dell'album La rosa dei venti, di Bonomo si sono perse le tracce. Purtroppo è introvabile anche il videoclip girato da Toscani e del quale ho veramente vaghi ricordi. Se qualcuno è in grado di descrivercelo è pregato di farsi avanti!
Recentemente è stata annunciata l'uscita di un nuovo cd di inediti. Se ognuno ha la sua croce, allora questa sarà la nostra?

Monday, September 10, 2007

Marcello Pieri - Femmina (1993)

Il nome dirà molto molto poco ai più. Eppure Marcello Pieri nel lontano 1991, aveva sfrucugliato la balle a tutta Italia col sexy tormentone Se fai l'amore come cammini. Impossibile dimenticare l'aulico ritornello "Se fai l'amore come cammini, cammina con me!". Il brano rimase in classifica fino a metà 1992 a conferma che gli italiani hanno sempre avuto pessimi gusti musicali, e spalancando al cantautore le porte dell'Ariston (capirai... nella Categoria Giovani....).
Pieri, sicuro di non sbagliare, prosegue il filone "donne con feromone selvaggio" felicemente inaugurato da "Se fai l'amore...", scrivendo e interpretando con voce dal timbro "vascorossiano" Femmina, canzone dal memorabile incipit "Tu non sei bella, sei femmina".

Tu non sei bella sei Femmina
Hai nello sguardo il sale
Ti distingui restando ferma
Un'aquila reale
Mi costringi a guardarti
Mi costringi a desiderarti
Tu non sei bella sei Femmina
Di quelle micidiali
Di belle sì ce ne sono in giro
Ne sono piene i giornali
Però mia cara c'è una differenza
É che del sale non se ne può far senza
Femmina, femmina
Tu non sei bella sei femmina, femmina
Dall'aria artistica
Femmina, femmina quando decidi di sì
Ci trovi sempre un perché
Femmina, femmina semplice e vera
Femmina, femmina falsa e sincera
Femmina, femmina
Tu non lo ammetterai mai che sei
Affascinata dai guai
E ogni volta che penso di averti finalmente capita
Tu mi sorprendi e riaccendi la partita
Femmina, femmina
Tu non sei bella sei femmina
La più pericolosa
Contraddizione odio e amore
Rivalità e passione
Mi costringi a guardarti
Mi costringi a desiderarti
Femmina, femmina
Tu non sei bella sei femmina, femmina
Dall'aria artistica
Femmina, femmina quando decidi di sì
Ci trovi sempre un perché
Femmina, femmina semplice e vera
Femmina, femmina falsa e sincera
Femmina, femmina
Tu non lo ammetterai mai che sei
Affascinata dai guai
E ogni volta che penso di averti finalmente capita
Tu mi sorprendi e riaccendi la mia vita
Femmina, femmina
Tu non sei bella sei femmina.


La canzone non si qualificò per la serata finale, ma d'altra parte quell'anno la giuria era priva di qualunque gusto perché analoga sorte toccò al summo capolavoro Caramella di Leo Leandro.
È qui che finisce la storia della "meteora" Marcello Pieri e comincia il mito.
Dimostrazione vivente del biblico detto "gli ultimi saranno i primi" (ma calza a pennello anche la massima confuciana "alcune persone hanno più culo che anima"), il giovane Marcello viene ingaggiato per aprire i concerti italiani del tour di Bob Dylan. La leggenda vuole che fosse stato lo stesso Dylan a volerlo come supporter, ma finché non lo sentirò dalla sua bocca mi rifiuterò di crederci.
Negli ultimi anni il nome di Marcello Pieri è tornato alla "ribalta" (se di ribalta si può parlare) legato alla triste scomparsa di Marco Pantani.
Entrambi romagnoli, durante una cena in una pizzeria partorirono la malsana idea di scrivere un pezzo con il quale il grande campione avrebbe potuto realizzare il suo sogno nel cassetto: partecipare al Festival di Sanremo (d'altra arte c'è chi sogna di andare sulla luna... de gustibus...). Nasce così In punta di piedi, canzone biografica sula vita del "Pirata" destinata a rimanere inedita.

Wednesday, September 05, 2007

Gloria Nuti - Bastardo (1989)

La delicatissima contessina Gloria Nuti da Oxford sbarca al Festival di Sanremo con questo brano che fa della raffinatezza la sua bandiera. A partire dal titolo.
Gloria, cantautrice toscana dotata di una voce roca e profonda (qualche critico dell'epoca la definì una nuova Gianna Nannini), con un passato da corista di vari big tra cui Vasco Rossi, ci ragala uno dei testi più pecorecci della storia del Festival, che sarebbe calzata a pennello in bocca alla Marcella Bella più torbida.
Bastardo è una canzone sulla "prima volta". La verginella protagonista della canzone ha paura ci concedersi al suo uomo, ma pare di capire che, sotto sotto, spera proprio che lui la violenti così si toglierebbe il pensiero! Un discorso che non fa una grinza, no?
Per tutta la durata del brano di assiste a un tira e molla animato da un dubbio di amletica memoria: gliela do o non gliela do. Tutta Italia nel 1989 presumo si fermò per 4 minuti e 41 aspettando col fiato sospeso l'epilogo della vicenda. O forse aspettando l'epilogo di questo obbrobrio e basta. E che epilogo. La canzone si chiude con uno dei versi più memorabili di sempre: "Fammi provare, attento amore, non farmi male". Meraviglioso.

E adesso tu sei qui da me
per chiedermi qualcosa che
io non ti posso dare,
non posso fingere
lo so cosa vuol dire
e non so cosa fare.
E non sorridere perché lo so
che sei un duro e che potrei cercare
solo una scusa per potermene andare,
vorrei, non vorrei
e non so cosa dire.
Hai già capito che è la prima volta
e che ho paura di te,
e non mi dire che non te ne importa
perché stasera hai deciso come andrà a finire
e sai che cosa fare, e sai che cosa dire,
mi sembra chiaro a questo punto
mi vorresti spogliare,
lo posso immaginare,
è questo che vuoi da me.
Bastardo almeno non farmi male!
C'è una luce che ti splende sul viso,
il tuo consiglio è di lasciarmi andare
ed è sparito il tuo sorriso,
mi dici "o.k. lasciamo stare",
tu pensi sempre male.
Eppure adesso non ho più paura,
com'è che adesso voglio vivere quest'avventura,
ma ti sei già alzato, ti sei già rivestito,
mi dici sei una bambina, ancora non hai capito,
stavolta è tutto finito,
e adesso che vuoi da me?
Bastardo almeno fammi provare!
E adesso sono qui da te
per chiederti fammi provare,
attento amore, non farmi male.

Che dire se non che Gloria perse la verginità e con questa anche la possibilità di passare alla fase finale. Da menzionare assolutamente il lato B di Bastardo, dall'effetto involontariamente esilarante dopo l'ascolto del lato A: Amore platonico. Doppiamente meraviglioso.

Monday, September 03, 2007

Lipstick - Che donne saremo (1990)

Dodici anni prima delle Lollipop, c'erano loro a tenere alte le quote rosa all'Ariston: le Lipstick, la risposta italiana alle Bananarama.
Per la verità la definizione più calzante sarebbe la risposta femminile agli Europe, gruppo al quale si ispiravano per fonature e abbigliamento ad alto tasso di ecopelle.
Composto da cinque musiciste lombarde (Isabella, Katia, Cris, Marisa e Raffaella), le Lipstick puntavano molto sulla loro immagine di ragazze dure, cresciute in periferia dove l'aria è popolare ed è più facile sognare che guardare in faccia la realtà. Peccato che il loro produttore era Red Canzian dei Pooh, il gruppo più "volemose bbene" d'Italia, quello stesso anno vincitori nella categoria big con il tormentone trash Uomini "dio delleeee cittàààààààà" soli.
Loro ci provano, ci danno dentro con la batteria, la chiatarra, la voce roca di Isabella grida incazzata nel microfono. Ma a che serve quando ti tocca cantare versi del tipo "Noi ragazze un po' pazze e un po' naufraghe... che donne saremo, signore frustrate o guerriere che non si fanno incantare mai...".
Signore frustrate lo furono sicuramente; alle Lipstick va certamente il Sanremino d'oro al gruppo più scalognato di sempre. Durante la prima esibizione live la batteria non si sentì per quasi la totalità del brano, compromettendo moltissimo la qualità del brano. Alla seconda esibizione, per par condicio, non si sentì la chitarra. Che culo. Un bel pellegrinaggio a Lourdes?
Per rendere giustizia alle Lipstick, eccovi il testo integrale:

In questo albergo in mezzo a una città
Mentre mi spoglio e fuori è chiaro già
Penso alle brave ragazze normali
Che per sposarsi fan salti mortali
Che danno in casa più soldi di noi
Noi quelle che chissà
Cosa abbiamo in testa
Che donne saremo
Che faremo di noi
Noi ragazze un po' pazze e un po' naufraghe
Cosa diventeremo mai
Noi siamo nate un po' fuori città
Non siamo andate all'università
Però in vent'anni nei nostri quartieri
Ne abbiamo viste di tutti i colori
Almeno questa è una strada che va
Chissà se porta in gabbia
O fuori dalla nebbia
Che donne saremo
Quando il tempo verrà
Signore frustrate o guerriere che
Non si fanno incantare mai
Che donne saremo
Quando avremo l'età
Che sparare alla luna non serve più
Chi si fiderà mai di noi
Che donne saremo
Cosa diventerà
Questa testa mia piena di musica
Questa voglia di libertà
Che donne saremo
Cosa diventerà
Questa testa mia piena di musica
Questa voglia di libertà.

Putroppo, sicuramente a causa dei problemi tecnici (certo, certo...), le Lipstick vennero eliminate. Dopo il Festival pubblicarono un album dall'emblematico titolo Lipstick, ma il suo scarso successo portò allo sciogliemento del gruppo.
E pensare che in giro c'è ancora tanta gente ignorante che parlar male di Jo Squillo e Sabrina Salerno!

Sunday, September 02, 2007

Leo Leandro - Caramella (1993)

Nonostante l'impronta fortemente “ciellina” del Festival, il sesso ha sempre fatto prepotentemente capolino nei testi; garbatamente e ironicamente negli anni 60, più sfrontatamente negli anni 80 e in maniera decisamente esplicità dagli anni 90 in avanti, facendo più volte incazzare i più bacchettoni. Durante la scorsa edizione, ad esempio, il Vescovo di Ventimiglia e Sanremo è sceso in campo per scomunicare il malcapitato di Patrizio Babù, giovane proposta che nella sua canzone Peccati di gola chiedeva alla sua partner di alzare la sottana, e aprire la sua persiana, perché è figlia di puttana la femminilità. Roba da romanzetto rosa d'appendice in confronto al pezzo di cui sto per parlarvi. Incredibile, infatti, che nel 1993 nessun altro prelato fosse insorto contro Leo Leandro e la sua Caramella.
Perché? È molto semplice: Caramella parla di un uomo che adesca una minorenne comprandogli le caramelle al bar. E mentre lei mastica le sue caramelle lui la osserva lasciandosi andare a lubrici pensieri: "Caramella all'albicocca, guarda che bocca. Caramella alla mora, guarda che bona. Caramella anche alla mela, che seno a pera." Sublime.
Condisce il tutto lo scanzonato stile pop/blues molto simile al primo Alex Britti (quello de La vasca, giusto per intenderci) e il delizioso coretto che ripete il bellissimo verso "Caramella alla pera, che merendera" (coooosa???). Siccome sarebbe profondamente ingiusto privarvi di questa meraviglia, ecco il testo integrale:

Esco dal portone e poi via
Sei sempre sotto lì casa mia

Che sventola, mi guardi e vai via
E poi ti giri, mamma mia
E mastichi qualcosa, cos'è, cos'è
Andiamo al bar, mi prendo un caffè
Tu prendi tante caramelle
Ti guardo e sento brividi a pelle

Caramella all'albicocca, guarda che bocca

Caramella alla mora, guarda che bona
Caramella stammi stretta, ma quanta frutta
Ti chiedo un bacio e ti fai brutta

Caramella alla pera, che merendera
Caramella anche alla mela, che seno a pera
Vieni a casa mia stasera

Ma vieni sola, mi ridi in faccia scappi via

La sveglia ormai non mi serve più

Uno squillo, e già io so che sei tu

Mi pensi, io ti penso di più

Hai sedici anni, ma guarda tu
Ormai io li ho passati da un po'
Ma tu mi piaci troppo però

Mangi troppe caramelle, scappi e lasci i brividi a pelle

Caramella all'albicocca, guarda che bocca

Caramella alla mora, guarda che bona

Caramella stammi stretta, ma quanta frutta
Ti chiedo un bacio e ti fai brutta
Caramella alla pera, che merendera

Caramella anche alla mela, che seno a pera

Vieni a casa mia stasera
Ma vieni sola, mi ridi in faccia scappi via.

Probabilmente il brano sanremese più trash di sempre. È inutile dirvi che Caramella venne eliminata e di Leo Leandro non è rimasta traccia da nessuna parte.
Peccato perché il pezzo non avrebbe assolutamente sfigurato nell'edizione di quet'anno. Da ascoltare e riascoltare a volontà, a patto che poi vi purifichiate ascoltando l'intera discografia di Frate Cionfoli.

Saturday, September 01, 2007

El Puma - Due come noi (1984)

A El Puma, ovvero José Luis Rodríguez González, andrebbe sicuramente il "Sanremino d'oro" al personaggio più incredibile che abbia mai calcato il parquet del teatro Ariston.
Il nome dirà davvero poco ai più, ma giusto per dare un'idea della sua celebrità all'epoca è fondamentale specificare il fatto che El Puma non gareggiava ma bensì era uno degli ospiti d'onore. Di fatto fu la prima star canora sudamericana importata in Liguria, usanza che da lì in avanti avrebbe preoccupantemente cominciato a dilagare (la partecipazione di Paolo Meneguzzi, svizzero di nascita ma musicalmente formatosi in Cile, ne sarà il peggior esempio).

Nato in Venezuela, conquista la celebrità in patria grazie soprattutto alla sua attività di attore di telenovelas (proprio da una di queste nasce il suo animalesco soprannome). A quest attività affianca, con successo, quella di cantante. Viso tenebroso, animo caliente, e canzoni da pomicio selvaggio, abbraccia in pieno lo stile "
pirata e signore" di Julio Iglesia, col quale duetterà in un tripudio di mocassini bianchi.
Nel
1981 partecipa all'immancabile festival di Viña del Mar, la più grande kermesse canora sudamericana. Qui la sua biografia sconfina pure nel fanta-politico perché il brano presentato, dedicato al Cile, non nascondeva le sua avversione per il regime di Pinochet, che immediatamente lo segnò sul suo blocco notes sotto la voce "antipatici".
Risiede per qualche tempo a Miami dopodiché sbarca in Italia per prendersi i 15 minuti gloria che il nostro paese non ha mai negato a nessun disgraziato. Durante la sua permanenza nella penisola ha addirittura l'onore di cantare la celeberrima
C’est Venice (guarda il filmato della sua esibizione), ennesima perla del maestro Toto Cutugno sul tema dello spronfondamento della città lagunare!

Torna in Venezuela e ancora una volta ficca il naso in politica, appoggiando la candidatura di Carlos Andrés Peréz alla presidenza. Continua a recitare e firma contratti con etichette discografiche prestigiose come Sony e Universal. Nel 1995 fonda un canale musicale alla MTV che chiama con il decisamente poco celebrativo nome Puma TV. Negli anni successivi conduce programmi sia in America Latina che negli Stati Uniti e nel 2006, in pieno delirio di onnipotenza, crea la sua fragranza per l'uomo che non deve chiedere mai chiamata naturalmente El Puma Parfume (bentornati anni '80!).
Nell'ultimo anno il nostro poliedrico artista è tornato a recitare in una telenovelas, ha doppiato film, ha continuato a presentare show e cantare, ha creato una sua linea di merchandising e si parla di lui come possibile giurato all'edizione
2008 di Viña del Mar.

Come ultima prelibata ciliegina candita su una torta di panna, la leggenda racconta che
El Puma sia stato l'ispiratore del personaggio di "El Pube" nell'omonima, geniale, canzone di Elio e le storie tese, contenuta i Eat the phikis. Ma, ripeto, questa è solo una leggenda...

Dopo tutta questo rimane davvero poco da dire sul pezzo cantato a Sanremo:
Due come noi è una ballata soporifera da balera, in ritardo di almeno vent'anni sul genere, che non avrebbe certo sfigurato in bocca a un Gino Latilla negli anni '50.
Ma nonostante questo non si può non venerare El Puma Rodriguez!
Consiglio a tutti una visitina al suo sito ufficiale per farvi un'idea della popolarità in patria di questo signore e rifarvi gli occhi con la sua delirante "gallery" con tanto di foto delle vacanze!

Tuesday, August 28, 2007

Eugenio Finardi - Amami Lara (1999)

Un messaggio universalmente allarmante quello che emerge da questo brano: la Playstation fa malissimo. Rincoglionisce completamente, stermina i neuroni, sparge il sale su quel poco che rimane nella scatola cranica e tanti saluti.
Non si spiega altrimenti questo caduta in picchiata di un cantautore eccellente come Eugenio Finardi (autore di canzoni splendide come Le ragazze di Osaka, Diesel, Musica ribelle, solo per citarne alcune) che, con questa Amami Lara, non solo tocca il fondo ma lo trapassa in direzione del centro della terra.
Se vi state domandando il perché è presto detto: la Lara del titolo è proprio Lara Croft, la tettonissima archeologa virtuale protagonista di Tomb Raider.
In questo brano, Finardi racconta il rapporto tra un uomo solo che in un mondo di "anoressici sentimentali" (citando il testo) ha l'illusione di trovare un po' d'amore comandando l'eroina nel gioco. Il protagonista tribola assieme a lei nel superamento dei pericoli, le grida di stare attento, la prega di rivorgergli almeno uno sguardo. Che dire: un vero inno del sociopatico!

Lara lotta sola contro il mondo
Cerca di sentirlo meno finto
Lara vuole andare fino in fondo
Sola persa nel suo labirinto
Lei non sa che la so vedere
Lei non lo sa che le vorrei dire
Amami Lara
Amami ancora
Guardami dentro solo un momento
Fermati un poco esci dal gioco
Fatti aiutare non ricominciare
Dammi un minuto fammi salvare.
Credo nella forza dell'amore
Chiedo più rispetto ed attenzione
Ma negli occhi della gente
Leggo solo delusione
Quel che sento non vale niente
E'solo un sogno, un'illusione.
Amami Lara
Amami ancora
Guardami dentro solo un momento
Fermati un poco esci dal gioco
Fatti aiutare non ricominciare
Dammi un minuto fammi salvare.
Soli nel tempo indifferente
A caccia di tutto ma non resta niente
Cambia la faccia degli ideali
Tutti anoressici sentimentali.
Lei non sa che la so vedere
Lei non lo sa che le vorrei dire
Amami Lara
Amami ancora
Guardami dentro solo un momento
Fermati un poco esci dal gioco
Fatti aiutare non ricominciare
Dammi un minuto fammi salvare.
Amami Lara
Giochiamo ancora.

A chi chiese come gli fosse venuta in mente l'idea di questa canzone, Finardi rispose di aver composto la musica mentre suo figlio giocava a Tomb Rider. Si si, adesso la colpa è del figlio...
Il pezzo si piazzò undicesimo su un totole di 14 canzoni in gara e venne inserito esclusivamente come bonus track nella riedizione dell'album del 1998 Accadueo.
Poco tempo fa ho avuto modo di vedere Finardi dal vivo e voglio rassicurare tutti sul fatto che Amami Lara non era in scaletta!

Per quest'anno non cambiare, stessa spiaggia, spesso mare

Parafrasando il delizioso motivetto di Piero Focaccia, sono felice di annunciarvi il primo anno di vita si SanreMOSTRI. E nonostante l'impossibilità, soprattutto negli ultimi mesi, di aggiornare il blog, vi invito a restare fedeli frequentatori del ponente ligure. Dopotutto perché andare fino in Sardegna per trovare uno Smaila o un Calà qualunque quando qui potete incontrare gente interessante come Toto Cutugno! Quindi preotate la vostra sedia sdraio fronte mare algoso per tutta la stagione: nuovi post vi attendono.
Un grazie a tutti quelli che ci hano letto, che ci leggeranno, che hanno mandato suggerimenti e che hanno avuto pazienza durante i periodi di silenzio stampa.
Grazie a tutti.

Wednesday, August 08, 2007

Domenico Mattia - Tulilemble (1981)

Rimaniamo nel 1981 per parlare dell'unico vero idolo di questa edizione: tal Domenico Mattia.
Escluso dalla finale e successivamente dimenticato da tutti. Strano, con un pezzo accattivante, a cominciare dal titolo, come Tulilemble mi sarei immaginata una grandinata di dischi d'oro.
Vent'anni prima dei Turu turu di Giada e Francesco e dei www.mipiacitu dei Gazosa, Mattia, crea un linguaggio tutto suo per riuscire a dichiararsi all'amata e non cadere nel ridicolo: "Tulilemble blu tulilemble blu tu li lè è soltanto un modo per dirti muoio per te". Provatelo con le vostre fidanzate. Se non chiamano immediatamente la neuro il successo è assicurato!
L'indiavolato arrangiamento rockabilly del brano, in ritardo di più di vent'anni sul genere, e la volontaria storpiatura delle parole (immaginate Mal dei Primitives che imita Piero Pelù...), rendevano il tutto ancor più meravigliosamente insensato.

Non ho il cavallo bianco
nè il mantello di velluto però
se mi darai l'anello ciò che voglio
prima o dopo l'avrò.
Che cos'altro si può dire?
Dai usciamo di qua.
A quest'ora della notte che si fa?

Tulilemble blu tulilemble blu tu li lè
è qualcosa che di sicuro piace anche a te.
Tulilemble blu tulilemble blu tu li là
e la nostra storia d'amore comincerà
e più bella sarà.

Non credere che io sia matto
voglio solo dirti che
non è mai stato facile per una donna
stare con me.
Se però ci vuoi provare
il mio regno ti do
e non chiedermi le cose che non ho.

Tulilemble blu tulilemble blu tu li lè
è qualcosa che di sicuro piace anche a te.
Tulilemble blu tulilemble blu tu li là
e la nostra storia d'amore comincerà.
Tulilemble blu tulilemble blu tu li lè
è soltanto un modo per dirti muoio per te.
Tulilemble blu tulilemble blu tu li là
e la nostra storia d'amore comincerà.

Dopo la fugace apparizione all'Ariston, del nostro idolo non esiste alcuna traccia, né sul mercato discografico, né su internet. Se qualcuno ha notizie vi prego di farcele avere!

Tuesday, August 07, 2007

Marcella Bella - Pensa per te (1981)

Sinceramente non conoscevo questo pezzo. Ad un mercatino scovai il 45 giri nascosto sotto la titanica (e diabetica) discografia completa di Albano e Romina. Marcella era lì, ritratta in colori fluo, più anni 80 degli anni 80 stessi, con t-shirt extralange giallo canarino annodata in vita e in una posa incomprensibile. Questo fu sufficiente per desiderare ardentemente di fare mia questa perla discografica.

Quella del 1981 fu un'edizione davvero ricca. Sul palco dell'Ariston sarebbero risuonate le note di canzoni tutt'ora indimenticate: Per Elisa di Alice, Maledetta primavera di Loretta Goggi, Ancora di Edoardo De Crescenzo, Sarà perché ti amo dei Ricchi e poveri, Caffè nero bollente di Fiorella Mannoia, solo per citarne alcuni. Contro questi pezzi da novanta cosa decise di portare la panterona di Catania, a parte i capelli più fonati del creato? Beh, cosa se non questa meravigliosa Pensa per te, scritta su misura per lei dal solito fratello Gianni con l'inseparabile Bigazzi, un brano impegnato ed emozionante quanto la lettura del ricettario di Suon Germana. E non a caso parlo di cucina. Il pezzo, infatti, comincia regalandoci una profonda perla di saggezza culinaria della quale dovremmo fare tesoro: "il limone non ci va sul pesce!" grida lei, durante i preparativi per la cena. Cena organizzata da lui per portarsela a letto dopo qualche bicchierino di troppo. Ma Marcella, che è donna di mondo, ha capito il suo piano e vuole evitare coinvolgimenti che le spezzeranno il cuore in futuro.
Ma apprezzerete questo pezzo pienamente solo dopo averne letto il meraviglioso testo integrale:

Il limone non ci va sul pesce
Scotta ancora la banana flambè
Dammi il vino che non ti riesce
Ad aprirlo mangia e pensa per te
Pensa per te
Che a me ci penso da me
Anche perché stasera
Con il sesso voglio andarci piano
E il tuo piano non funziona con me
Stiamo in folle è meglio se evitiamo
Materassi a molle whisky e moquette
Pensa per te
Che a me ci penso da me
Anche perché ognuno pensa per se
Pensa per te
Che a me ci penso da me
Anche perché stasera
Stiamo in folle e un bacio ci scatena
Non ci addormentiamo fino alle tre
E poi ci vuole la dolcezza
Sarò fatta male sarò pazza
Ti voglio bene con un cuore di ragazza
Che ogni volta mi si spezza in tre
Stasera pensa per te pensa per te
Che a me ci penso da me
Anche perché ognuno pensa per sé
Pensa per te che a me ci penso da me
Anche perché stasera
Stiamo in folle meglio se evitiamo
Materassi a molle whisky e moquette
E poi ci vuole la dolcezza
Sarò fatta male sarò pazza
Pensa per te che a me ci penso da me.

La canzone si piazzò solo diciottesima, vedendosi sorpassare pure da quel supplizio sonoro che era Blue di Sterling Saint-Jacques (leggi il post che ho dedicato a questo capolavoro),
E' la stessa Marcella ad indicare ancora oggi Pensa per te come il suo peggior pezzo da lei mai interpretato. Viva la sincerità.

Monday, August 06, 2007

I figli di Bubba - Nella valle dei Timbales (1988)

Il 1988 fu, senza ombra di dubbio, una annata pregna di memorabili fatti: il trionfo di Massimo Ranieri con Perdere l'amore, canzone tutt'ora in auge sotto le docce di tutto il mondo, il sesto posto di Mino Reitano con l'imprescindibile Italia, l'ennesimo secondo posto di Cutugno, l'esordio di futuri big quali Biagio Antonacci, Giorgia e Mietta. Ma perché parlare di tutto questo quando posso dedicare un post a I figli di Bubba?
Nonostante quell'edizione fosse tutt'altro che sottotono, nessuno li ricorda o cita mai. Forse perché la formazione era composta da emeriti sconosciuti? Mmm, vediamo... c'era un tal Mauro Pagani, un certo Franz Di Cioccio e poi i signori Enzo Braschi e Sergio Vastano...
Meglio fermarsi un attimo. Delle quattro persone nominate fin'ora, almeno due sono classificabili come monumenti viventi della musica italiana: Pagani e Di Cioccio, entrambi membri della PFM (Di Cioccio nè è a tutti gli effetti il fondatore) entrambi polistrumentisti, cantanti, geniali autori.
Braschi e Vastano non necessitano di presentazioni. D'accordo, la loro capacità di far ridere è sempre dipesa dalla quantità di negroni trangugiati prima di vedere una loro trasmissione, ma è impossibile parlare di comicità italiana anni 80 senza nominarli.
Aggiungiamo a questi quattro altri 3 curiosi personaggi: Giorgio Manfredi (scrittore, saggista, cantautore e sceneggiatore) e i giornalisti Roberto Gatti e Alberto Tonti.
Insomma, cosa ci si poteva aspettare da questo trust di cervelli? Beh, immagino qualcosa lontano anni luce da Nella valle dei Timbales.
Per la verità, mascherato da una melodia presa a prestito da Tropicana del Gruppo Italiano e un testo decisamente surreale, il brano è una critica allo yuppismo imperante, tematica molto ricorrente verso la fine degli anni 80. La valle dei Timbales è un'isola felice, lontano dal logorio della vita moderna, dove Celentano non canta, non c'è la Carra e non bisogna compilare un 740: praticamente un inno ai paradisi fiscali come le isole Cayman.

Dopo una vita di risparmi, di bot e cct
Io devo proprio riposarmi, andare via di qui
Fanculo all'esclusiva, fanculo alla tivù
Saluti a tutti quanti, non vi vedrò mai più
Andrò laggiù nella valle dei Timbales
Tra peones, marones, salmones, daiquiri e bon bons
Laggiù dove la femmina è procace
Vivace, mordace, fugace, vorace lo so
Laggiù senza il sette e quaranta, Celentano non canta
La Carrà non c'è più
Laggiù con le dita nel naso, le lenzuola di raso
E il mio amore Mariù
Mi mancherete tutti lo so
Chissà come farò senza la faccia di Andreotti
Non sopravviverò
Senza lasagne surgelate, la maschera antigas
Le ferie intelligenti, la turbo e l'ananas
Andrò laggiù nella valle dei Timbales
Tra peones, marones, salmones, daiquiri e bon bons
Laggiù dove la femmina è procace
Vivace, mordace, fugace, vorace lo so
Laggiù senza colpo ferire
Sdraiarmi a dormire
Laggiù con la man nella mano
A guardare lontano
Senza sapere perché
Laggiù con le dita nel naso, le lenzuola di raso
E il mio amico Tommaso
Laggiù senza colpo ferire
A sdraiarmi e dormire
E pensare un po' a voi
Laggiù lontano lontano
Io vi passo la mano
E vi saluto ancora un po'.

Troppo poco demenziali per poterli considerare a tutti gli effetti colleghi di Elio e le storie tese, troppo poco impegnati per considerarli un gruppo "serio", troppo talentuosi i componenti per fregiarsi almeno del titolo di gruppetto "meteora". Forse
è per questo che nessuno li ricorda? Forse neanche i componenti stessi ricordano di aver fatto parte di questo gruppo. Che poi , ad essere onesti, in classifica si piazzarono quattordicesimi su un totale di 26 concorrenti. Più che onesto.
Dopo sanremo il gruppo incise un album dal titolo Essi, con copertina ipertrash con taroccamento del logo Esso. Geniale. Dopodiché tutti tornarono alle cose a loro più congegnali: Pagani e Di Ciaccio tornarono a fare i musicisti impegnati, Mafredi, Gatti e Tonti alla scrittura, Braschi si dedicò allo studio dei nativi americani e Vastano... boh... però lo scorso anno è finito all'isola dei famosi...

Dimenticavo di precisare che che il gruppo prese il nome dal giornalista sportivo di "90° minuto" Giorgio Bubba.

Un'ultima curisità per musicisti feticisti: Roberto Gatti, durante l'esibizione all'Ariston, suonava uno strumento chiamato (ma guarda che fantasia) "bubbafono", un parallelepipedo di legno con pulsanti e manopole che emetteva suoni a casaccio, diversi a seconda della pressione esercitata con i polpasterlli. Di quello strumento ne esitono solo due esemplari al mondo quindi se scoprite che un vostro amico ce l'ha siete assolutamente legittimati a sottrarglielo con l'inganno!

Monday, July 30, 2007

Gigi Sabani - La fine del mondo (1989)

Il bravo imitatore Gigi Sabani ci aveva già ragalato indimenticabili prove di bel canto interpretando capolavori imprescidibili come A me mi torna in mente una canzone o Cantate lo jodel. La consacrazione definitive, però, l’avrebbe potuta avere solo cantando davanti a 16 milioni di italiani sul palco dell’Ariston. L’occasione richiedeva di fare le cose in grande e venne chiamato il migliore autore di tutta la provincia di La Spezia, Toto Cutugno (lo so, lo so, alla fine parlo sempre di lui ma che ci posso fare se sbuca dappertutto!), che, in piena estasi mistica, decide di musicare un paio di Vangeli Apocrifi.

È giunta l’ora per l’intero universo: Dio sta arrivando sulla terra per giudicare i suoi abitanti. L'apocalisse, insomma. Ma ad attenderlo non ci sono folle di fedeli penitenti con tanto di cilicio. D'altra parte Gesù non pioverà certo dal cielo come una qualunque divinità da due miracoli e basta... Usa, infatti, il suo jet privato e attenderlo c'è la diretta tv, il grande giornalista americano che vuole l’esclusiva per l’intervista, i fotografi pronti a scattare la foto da copertina e, ciliegina sulla torta, c’è pure Celentano che, vedendo il Padreterno esclama “Me l’aspettavo un po’ più biondo!”.

Me lo aspettavo un po' piu' biondo
è arrivata la fine del mondo.
Può anche darsi che sia stato poco attento alla TV
mi è sembrato di capire che domani arriverà Gesù,
col suo aereo personale vuol deverci tutti alle otto,
viene giù per fare i conti
e qualcuno se la fa già sotto.
Dagli alberghi ad ore stan scappando tutti per le scale,
c'è chi domanda ad amici e parenti se peccare è normale,
c'è chi prenota un prete, un monsignore o meglio un cardinale
voglion tutti quella raccomandazione giusta e un po' speciale
e dalla America arriva il grande giornalista,
vuol vedere Gesù per fargli un'intervista
la copertina in esclusiva mondiale, sarà un avvenimento eccezionale.
Abbiam toccato il fondo
è arrivata la fine del mondo
e adesso dove mi nascondo
è arrivata la fine del mondo.
Allora vengo da te
oppure vieni da me,
ma dove andiamo?
Non mi dire, non mi dire cosa ci potrà capitare,
vedo già la gente uscire come fosse ferragosto al mare,
c'è chi va in macchina o col treno in direzione Vaticano,
che confusione generale,
ci fa aspettare in prima fila Celentano,
e finalmente le otto, c'èuna grande tensione
c'è chi piange e chi ride, siamo in mondo-visione
dal suo aereo privato
è proprio Gesù.
Io quasi quasi gli do del tu.
Me lo aspettavo un po' piu' biondo
è arrivata la fine del mondo,
e adesso cosa gli racconto,
è arrivata la fine del mondo.
Allora vengo da te
oppure vieni da me,
ma dove andiamo?

Ma il Vaticano dov’è quando serve? Quel giorno alla Santa Sede erano tutti andati ad ascolatare un live di Fra Cionfoli featuring Suor Sorriso, non c’é altra spiegazione. E il mancato intervento delle autorità ecclesiastiche permise a Sabani di tornare sul palco nella serata finale ed interpretare ogni strofa imitando la voce di un personaggio famoso: da Mike Buongiorno, a Beppe Grillo, al già citato Celentano. Roba che ancora oggi mi verrebbe voglia di mandare a Ratzinger un'audiocassetta con inciso questo brano, sperando che ricostituisca la Sacra Inquisizione.
A punire Sabani ci pensò il pubblico sanremese, nonotoriamente timorato di Dio, che scaraventò al penultimo posto in classifica questo capolavoro.

Rimane un mistero se Cutugno si sia "ispirato" volontariamente alla celebre It's the end of the world as we know it dei REM, pubblicata due anni prima, oppure sia solo una coincidenza.

Friday, July 27, 2007

Ricchi e Poveri - Un diadema di ciliegie (1972)

Estrema emanazione dello stile "agriturismo-folk" che, in virtù del successo di Che sarà (1971), contraddistingueva gran parte del repertorio del gruppo ligure, all’ora ancora composto da 4 elementi (Marina Occhiena sarà compagna di acuti con la brunetta Angela fino al 1981) e non solo (Montagne verdi di Marcella Bella ne è un ottimo esempio).

Un flauto e una chitarra fanno da base a questo affresco biologico al sapor di Tavernello rosè. Un borgo sperduto, gatti che sonnecchiano, la bella contadina, il fabbro che l’ama, i balli nella vigna fino a notte fonda. In mancanza di un solitario De Beers, lui regala a lei un prestigioso diadema di cieliegie. Che poi, diciamola tutta, se ti vien fame te lo puoi pure mangiare!
Fin qui tutto bene, sempre che non siate già stati divorati dai tafani.
Ma ragazza non gliela da perché vuole almeno un fottutissimo solitario da mezzo carato!
E al fabbro non resta altro che fare che abbandonare la pubblicità del Mulino Bianco e andare a lavorare in catena di montaggio nella grande città.
L’auto-plagio è palese, ma se in Che sarà si toccavano corde più profonde (e poi c’era anche l'intensa interpretazione di Jose Feliciano), qui tutto ha il sapore di un romanzetto d’appendice nonché della presa per il culo. E non migliora certo la situzione il fatto che, a questo punto, il testo diventi abbastanza incomprensibile.
Il neo operaio riceve una lettera che lo prega di tornare sui monti altrimenti qualcuno piangerà. Lui parte e rivede il cielo blu e i ciliegi rimastigli nel cuore. Poi si parla di un angelo che lo sveglierà e avrà per sempre un diadema di ciliegie. Eh????? What?????
Lui è forse morto schiacciato da una pressa e il ritorno al paesino è una metafora dell’ingresso al paradiso? O forse è morta lei per indigestione di ciliegie (o noia, o più probabilmente alcolismo) e lui la rivede sotto forma di creatura angelica?

Cielo blu del mio paese
quattro case e niente più
quattro gatti al sole lassù
fiori rossi dove stai tu
ero il fabbro del villaggio
eri la più bella tu a
io piegavo il ferro ma
pieghi il cuore tu
ballavamo nella vigna
con la luna ed il falò
ed i vecchi a ricordar
l'ora che passò
Un diadema di ciliege
misi sui capelli tuoi
misi sui capelli l'unico gioiello che
posso dare a te
ma un treno passa un treno va
grande città sei sola là
ma amore un vero gioiello andrai
mi aspetterai
poi la tua mano si spegne laggiù
bianca farfalla che non vola più
che non vola più
la catena di montaggio
lega tutti i giorni miei
la catena che ci lega
no, non si spezzerà
no, non si spezzerà
M'hanno scritto dal paese
dicono che lì non va
dicono ragazzi torna presto
torna senno figlio piangerai
cielo blu del mio paese
oggi io ritorno da te
i ciliegi sono lassù
nella terra
Tu va un angelo ti sveglierà
un angelo ti sveglierà
e il cielo ti porterà
un diadema di ciliege
e per sempre tuo sarà.

La canzone, ovviamente, arrivò in finale piazzandosi undicesima, risultato non eclatante ma neanche disprezzabile, ed ebbe un buon successo commerciale.
È incredibile come in Italia il genere "agriturismo-folk", seppur di nicchia, continua a sopravvivere; ne è un esempio la "splendida" Voglio andare a vivere in campagna (leggi il post) di Toto Cutugno.

È doveroso ricordare che il testo è stato scritto dal grande Romano Bertola, pubblicitario torinese autore di alcuni tra i più celeberrimi jingle dei caroselli, come Punt E Mes.