Tuesday, February 17, 2009

Sanremo 2009 - I BIG, ovvero: non è necessario guardare X-Factor per vedere talenti mostruosamente incompresi.

Afterhours - Il paese è reale: se, come già detto, Agnelli semplifica la sua scrittura per venire incontro alle masse di analfabetizzati spettatori, musicalmente il pezzo è complesso e privo di quella facile orecchiabilità che erroneamente sembra diventata requisito necessario per fare musica in Italia ed in particolar modo su questo palco. La batteria è lo strumento protagonista, assieme alla sempre graffiante, magnifica a voce di Agnelli (aho, il Manuel mi conturba assai, non ci posso fare niente!). Non siamo davanti a una vetta d'eccellenza nel loro repertorio, ma è una delle pochissime cose degna di fregiarsi del termine "musica".
ELIMINATI la prima serata.

Albano - L’amore è sempre l’amore: d'altra parte Sanremo è sempre Sanremo e Albano è sempre Albano. Tronfio, spocchioso, fastidioso. Arriva sul palco intonando il ritornello di Nel sole (che ormai pare l'unica canzone che abbia mai cantato in trent'anni di carriera) e io per protesta vado a fare pipì durante la sua performance.

Alexia e Mario Lavezzi - Biancaneve: per favore qualcuno dica a Lavezzi di limitarsi a fare il compositore. Per quanto anche sotto questo punto di vista non si sia di certo sforzato troppo. Biancaneve è un pezzo dalle sonorità veramente datate, nonostante Alexia urli il più possibile e batta i piedini taglia 34 sul pavimento nel disperato tentativo di scrollare di dosso la polvere al compagno.

Marco Carta - La forza mia: non vale davvero la pena spendere troppe parole per commentare questa performance. Il pezzo è di una banalità sconcertante, il testo scritto (da Paolo Carta, chitarrista e autore della Pausini, e ho detto tutto...) pescando a caso da Baglioni. E proprio per questo il piccolo Carta, beanché amico di Maria, risulta assolutamente innocuo. Lo ascolto serenamente consapevole che cinque minuti dopo non mi ricorderò né del pezzo né di lui.

Sal Da Vinci - Non riesco a farti innamorare: ma Vincenzo Salemme fa il cantate adesso? O forse è Pino Quartullo? Mah. Il pezzo è scritto da Giggi D'Alessio e si sente. Se chiudo gli occhi mi pare quasi di vederlo. Quindi decido di riaprirli subito. Urla, strepita, si produce in dolorose smorfie facciali e alza il pugnetto mentre grida che non riesce a farla innamorare. Ettecredo...

Dolcenera - Il mio amore unico: si sarà anche liberata del trucco da panda, ma in compenso usa i capelli del cantante dei Tokyo Hotel come ciglia finte. Il pezzo è inconsistente e neanche particolarmente felice per il suo tipo di voce tutta grugniti ed ostensione delle tonsille. E se riesce ad ingannare per due giorni consecutivi la giuria demoscopica, evidendetemente anestetizzata da flebo al cloroformio collegate alle loro poltrone, non passa al televoto del pubblico a casa.
ELIMINATA la quarta serata.

Gemelli Diversi - Vivi per un miracolo: e infatti è un miracolo se siamo ancora vivi dopo la loro performance. Strano, il vocalist, canta con un distorsore della voce ottenendo il sicuramente vincente risultato di assomigliare pericolosamente a Britney Spears che ha aspirato dell'elio. Gli altri tre mi ricordano Spitty Cash, il sedicente rapper albanese diventato famoso grazie a You Tube, che finiva ogni canzone dicendo "tutto questo è ghengsta, madaffacca!", ma fanno molto molto molto meno ridere.
Che smettano di fare i rapper e si dedichino a rubare motorini.
ELIMINATI la quarta serata.

Fusto Leali - Una piccola parte: a lui il compito di raccogliere la "difficile" eredità di Francesco e Roby Facchinetti proseguendo il filone dei figli che hanno fretta di crescere per andarsene di casa. Cosa comprensibilissima se hai come padre Fausto Leali desideroso di farti sentire in anteprima la canzone con la quale parteciperà a Sanremo.

Marco Masini - L’Italia: più patetico della sua canzone c'è solo il suo colore di capelli, che esplora tutte le sfumature della merda secca di cane. Il suo testo è talmente infarcito di luoghi comuni così fastiosi da riuscire nella titanica impresa di far sembrare L'italiano di Toto Cutugno un pezzo d'avanguardia punk.

Nicky Nicolai e Stefano Di Battista - Più sole: un duo indegno pure di fare pianobar a Diano Marina. La Nicolai sta alle grandi voci jazz come Rosy Bindi a un locale per scambisti. Il consorte Di Battista, lui sì vero talento, opta per sonorità vintage alla Papetti, perfette per un cover band dei Dirotta su Cuba da dopolavoro ferroviario. Jovanotti si supera riuscendo a scrivere un brano ancor più sciatto di A te che sei.
ELIMINATI la seconda serata.

Povia - Luca era gay: allora, sintetizziamo in due parole il "povia pensiero". Separazione ed eccessivo affetto dei genitori causano nei figli turbe psichiche profonde e conseguente confusione sessuale.
Beh
è la storia di Norman Bates in Psycho, cazzo! Perché incazzarsi con Povia quando Hitchcock ci fece un film nel 1960! Anzi, Povia si è pure fermato prima, risparmiandoci il momento in cui Luca squarterà la moglie sotto la doccia!
Detto questo, se Luca era gay saranno cazzi suoi. Parliamo piuttosto del fatto che in pochissimi hanno tirato in ballo la somiglianza del pezzo con Pensa di Fabrizio Moro.
Va detto che comunque l'esecuzione di Povia è vocalmente pulita e misurata in mezzo a tanti sguaiati urlatori.
Come sempre molto rumore per nulla.

Patty Pravo - E io verrò un giorno là: appare come il Dracula di Coppola, e mi aspetto che pronunci anche la frase "Benvenutto in mia casaaaaa" (anche il suo chirurgo si è chiaramente ispirato a Nosferatu nel tirarla...). Per il cantato usa una tecnica sperimentale chiamata "biascicato", ottenibile dimenticandosi di fissare la dentiera col Polydent.
Poco importa se non ricorda le parole, tanto si capirebbe comunque solo un terzo di quello che dice. Molto chiare sono invece le solenni stonature che inanella una dietro l'altra. E pensare che il pezzo, musicalmente parlando, non è neanche così terribile.
Fa un po' pena vedere un'icona della musica italiana in questo stato e quasi quasi spero che Bonolis le pianti un paletto di frassino nel cuore per porre fine a tanta sofferenza.

Pupo, Paolo Belli e Yossou Ndour - L’opportunità: l'opportunità gliel'abbiamo data. Adesso però basta, ok? A me Belli e Pupo stanno pure tanto simpatici, e mia madre mi ammazza se ne parlo male, ma proprio non si salva nulla del loro sgangherato pezzo dedicato alla Bossi-Fini. Si è parlato di somiglianze con Si può dare di più, ma a parte l'essere in tre le attinenze sono ben poche, al confronte di quelle che invece potrei trovare con una canzone di Cristina D'Avena. Yossou Ndour, come previsto, serve esclusivamente a dare una nota di colore; canta pochissimo e con evidenti difficoltà linguistiche. Tanto valeva portare con loro il sommo Afric Simone!

Francesco Renga - Un uomo senza età: a questo non ero proprio pronta, lo confesso. Sembra Albano che imita Luca Laurenti. O Laurenti che imita Albano, vedete un po' voi. In ogni caso questo pezzo sarebbe stato troppo vecchio perfino per il sommo cantore di Cellino San Marco. Sforza e storpia talmente tanto la voce, da sembrare uno dei talenti incompresi di X-Factor.
Se proprio devo dirlo, tra i pezzi di ispirazione operistica preferivo decisamente questo.
Un'occasione sprecata.

Tricarico - Il bosco delle fragole: lo so, io e Gino Castaldo siamo gli unici avvocati difensori delle performance di Tricarico al Festival. Ma d'altra parte furono molti anche quelli che gridarono al miracolo vedendo Cristicchi salire su una sedia pieghevole a mimare un uccello...
Il pezzo è leggero, allegro, orecchiabile (nel senso buono del termine) e lui appare meno allucinata dello scorso anno.
Che la forza di Tricarico sia nella scrittura e non certo nell'interpretazione ce ne rendiamo benissimo conto tutti, ma vederlo cantare mi da una piccola speranza di salvezza per il paleolitico e ripetitivo panorama musicale italiano.
ELIMINATO la prima serata.

Iva Zanicchi - Ti voglio senza amore: sarebbe stata più salutare, sia per lei che per noi, la pace dei sensi. Amen.
ELIMINATA la prima serata.

Monday, February 16, 2009

Sanremo 2009, ovvero: eravamo io, Nicoletta Strambelli, Ezra Pound, quello alto degli Afterhours e Awanagana, a caccia di ectoplasmi ciccioni...

Come prima cosa mi pare doveroso ringraziarvi per le numerose mail cariche di complimenti, richieste e suggerimenti per futuri post nonostante non abbia avuto modo di aggiornare il blog per mesi. Prometto che a poco a poco tratterò tutti i pezzi da voi nominati!
Nonostante il tempo a mia disposizione sia davvero poco, un post pre-festival era un'occasione troppo ghiotta per lasciarmela scappare. Sarebbe stato troppo semplice e tutto sommato meno divertente limitarmi a recensire da domani i brani in gara.
E poi, dopo le ultime due catastrofiche edizioni, finalmente un festival capace di tornare ad alimentare gustose polemiche già mesi prima del suo inizio.
Ma nonostante gli ectoplasmi cremonesi in sovrappeso, gay a tempo determinato, burini strapagati, pseudovallette virago, Sanremo è sempre Sanremo e neanche questa volta si è abbandonata la brutta abitudine di rendere l'Ariston un gerontocomio in eurovisione.
Diciamo che quest'anno i big si possono dividere in due categorie: "Ho più di cinquantanni ma dentro mi sento, al massimo al massimo, trentacinquenne. C'ho pure il maispeis!" e "Ho meno di cinquantanni ma ho un travaglio interiore che mi porta a sentirmi già ultra centenario". In alcuni casi queste due correnti arrivani addirittura a mescolarsi originando terribili ibridi fuori controllo.
Ma analizziamo nello specifico i partecipanti.
Fanno parte del primo gruppo:

-ALBANO con "L’amore è sempre amore”: sfodera subito l'arma di distruzione di massa, ovvero inserire per ben due volte la parola "amore" già nel titolo. Non male se consideriamo che nel testo, piuttosto lungo, la parola viene ripetuta solo 5 volte. Non so voi ma io comincio già a soffrire di carenza d'affetto.
-FAUSTO LEALI con "Una piccola parte di te”: e ci sarà un motivo se viene ricordato solo come l'interprete di Io amo...
-PATTY PRAVO con "E io verrò un giorno la'": tutto bene, se non fosse che ormai anziché parlare biascica, bisogna sorreggerla perché in piedi da sola non ci sta, eppure continua a spergiurare di non aver mai fatto uso di sostanze stupefacenti, a parte leggere le poesie di Ezra Pound...
Prima del festival ci aveva solleticato il palato con la storia del possibile duetto con Pete Doherty, performance sponsorizzata dai cartelli colombiani, ovviamente.
-PUPO, PAOLO BELLI e YOUSSOU NDOUR con "L’opportunità": neanche a dirvelo, la performance da me più attesa. Terzetto sospeso tra la musica e una onlus, a metà tra la grande genialata e la grande cagata. Un po' We are the world e un po' La porti un bacione a Firenze.
-IVA ZANICCHI con "Ti voglio senza amore”: si era data prima alla politica, poi alla letteratura e tutto sommato eravamo disposti a sopportare i suoi vacui sproloqui a Porta a porta, pur di non vederla di nuovo sul palco dell'Ariston. E invece non solo ce la ritroviamo tra i piedi, ma pure a parlare di sesso nella terza età. Maledetto Viagra.
-NICKY NICOLAI e STEFANO DI BATTISTA con "Più sole”: avrei potuto inserirli nella categoria under 50, visto che la Nicolai di anni ne ha 49, ma l'aver chiesto a quell'eterno trentenne di Jovanotti di scrivere un brano allegro per loro, li fa già vecchi sia dentro che fuori.

Appartengono al secondo gruppo:

-AFTERHOURS con "Il paese è reale”: dai, ci sono passati Subsonica e Bluvertigo e sono ancora tutti in buona salute. All'appello mancavano solo loro e stavolta non sarà nemmeno necessaria la traduzione "dal Manuelagnelli all'italiano", visto che lo stesso leader del gruppo ha ammesso di aver scritto un testo fruibile da tutti. E come vuole la tradizione, auspico loro un ultimo o penultimo posto. (Parentesi veramente off topic: per me Manuel potrebbe cantare anche le qualità organolettiche della Philadelphia, io lo amerei comunque.)
-MARCO CARTA con "La forza mia”: funesta emanazione defilippiana scollinata da Mediaset alla tivù pubblica per colmare l'enome vuoto adolescenziale causato dall'inspiegabile assenza di Paolo Meneguzzi. Una voce talmente insignificante da farmi rimpiangere la presenza dei Finley e ho detto tutto...
-DOLCENERA con "Il mio amore unico”: la grande favorita secondo i bookmakers, fa tremare il mercato degli struccanti presentandosi sul palco con un nuovo make-up acqua e sapone e abitini da sciuretta bene firmati Cavalli. E gioca fino in fondo la sua carta vincente, quella dell'essere un'icona gay, portando un pezzo ispirato a Jeanette Winterson, scrittrice simbolo della comunità. E siccome, grazie a Povia, gli occhi degli omosessuali d'Italia saranno tutti puntati su Rai Uno, potete scommeterci che questa scelta pagherà.
-GEMELLI DIVERSI con "Vivi per un miracolo”: l'hip hop italiano mi ha sempre fatto una certa tenerezza. Tenerezza che diventa pena se a farlo sono quattro tamarri chiamati Grido, Thema, Strano e THG, impegnati in una lotta impari contro la calvizie incipiente. Il loro pezzo tratta di periferie disagiate, loro cavallo di battaglia, aborto, violenza, povertà. Nulla se paragonato al disagio dell'Ariston nell'ospitarli.
-MARCO MASINI con "L’ Italia”: abbiamo capito che la tendenza dell'anno è cantare delle disgrazie del nostro paese e Masini, che di disgrazie se ne intende, non se lo fa ripetere due volte. Pure qui si parla di stupri e violenze, di chiesa e stato, di fascisti e comunisti. E ora penso che Italia di Mino Reitano sia una grande canzone.
-POVIA con "Luca era gay”: inutile spendere ulteriori parole sulle polemiche alimentate da questo brano per il quale la comunità gay esige le palle di Povia su un piatto d'argento. Si è già scritto e detto molto in questi mesi. A questo punto non resta che l'ascolto.
Povia sarà anche stato gay per soli tre mesi, ma vale la pena ricordare che grazie agli uccelli ha vinto un festival.
-FRANCESCO RENGA con "Uomo senza età”: l'altro super favorito di questa edizione. Ormai un classico: piace ai grandi perché ha la faccia da bravo ragazzo e dedica canzoni ai suoi figli e piace alle ragazzine per la poppettosa orecchiabilità dei pezzi. In una parola Renga è noioso. Forse solo un album di cover dei più grandi successi della compagna Ambra Angiolini potrebbe dare una svolta alla sua carriera.
-SAL DA VINCI con "Non riesco a farti innamorare”: ho dovuto appellarmi al sapere di Wikipedia per capire chi fosse. Una volta tanto che ci eravamo liberati di quella pustola infetta di Gigi D'Alessio e del puttanone con cui si accompagna, ecco un altro neo-melodico paraculato. Roba da scriverci un intero capitolo di Gomorra.
-TRICARICO con "Il bosco delle fragole”: non riesco a motivare questa seconda partecipazione se non come parte di una terapia prescritta dal suo psichiatra.

Della sottocategoria "ibridi inspiegabili" fa parte questo inedito duo:
-ALEXIA e MARIO LAVEZZI con "Biancaneve”: vorrei proprio sapere quale sopraffino genio della consulenza d'immagine abbia suggerito ad Alexia che il modo migliore per dimostrare la sua maturità artistica fosse platinarsi i capelli e gareggiare a Sanremo accoppiata a Mario Lavezzi. Forse anche questo fa parte della ricerca sulle cellule staminali?