Thursday, September 28, 2006

I ragazzi di Scampia con Gigi Finizio - Musica e speranza (2006)

La musica come strumento di redenzione.
Erano anni che a Sanremo mancava il caso umano, il disgraziato di turno da esporre al pubblico ludibrio. Qui, per rifarci, eccone in un colpo solo addirittura 17!
17 ragazzini di strada approdati all’Ariston per dire no a droga e pistole, facendo venire a noi una gran voglia di impasticcarci, impugnare una pistola ed usarla per mettere fine a questo lamento straziante!
Sotto l’ala protettrice di Gigi Finizio e Gigi D’Alessio (autore del pezzo nonché patron del progetto) i guaglioncelli del disagiato quartiere napoletano di Scampia, lanciano il loro grido di speranza: oltre la camorra c’è di più!
L’intento, diciamocelo, è lodevole. Ma, scomodando qualunque luogo comune sulla napoletanità e la vita di strada, il tutto diventa involontariamente esilarante. Andare in motorino in tre senza casco; le sparatorie nei vicoli tra bande rivali; la serenata notturna col mandolino all’innamorata; l’arte di sapersi arrangiare per vivere all giornata.
Musica e speranza più che una canzone è sembra la trama di una sceneggiata anni 80 di Mario Merola e Nino D’Angelo.
Memorabili alcuni versi come “…cercamm 'o sole dint'a munnezza…” o “Senza casco a vvote affruntamm 'a morte pe'scemità…”.
Brividi. Che aumentano quando uno dei ragazzi si stacca dal gruppo e “reppa” emulando i 99 Posse.
Da sottolineare anche il fatto che tutti i 17 componenti contribuirono a rendere veramente unica la loro performance suonando ciascuno uno strumento: dal tamburello, alle maracas, dai legnetti ai coperchi di pentole. Terrificante. Per fortuna non c’era l’ombra di neanche un microfono ad amplificare questo guazzabuglio di sonorità buttate a caso.
Il pubblico Rai, notoriamente buonista, ebbe pietà e li traghettò fino alla semifinale. Dopodiché, una volta ritenuta compiuta la buona azione di facciata, gli sbattè fuori dal teatro.
Attendiamo con trepidazione il videoclip in stile "Un jeans e una maglietta".

Tuesday, September 26, 2006

Jalisse - Fiumi di parole (1997)

Quello del 1997 è stato l’ultimo grande Sanremo del ventesimo secolo. Da lì in avanti ci sarà davvero poco da ricordare. Ma che annata questa!
Primo, perché è stato l’ultimo Festival presentato dall’inossidabile Mike Bongiorno. Secondo, perché mai furono lanciati così tanti futuri big della canzone (Syria, Carmen Consoli, Nicolò Fabi, Nek, Paola e Chiara, Silvia Salemi, Alex Baroni). Terzo, perché in gara c’erano canzoni che, per un motivo o per l’altro entreranno nella storia come E dimmi che non vuoi morire di Patty Pravo o Papa nero dei Pitura Freska. Quarto perché vide il trionfo dell’ultimo vero, grande, indiscusso tormentone.


Fiumi di parole, la si può amare, la si può odiare ma non la si può non ricordare!

I Jalisse, duo formato dai coniugi veneti Fabio Ricci e Alessadra Drusian, per la verità partecipavano nella sezione Giovani. Il regolamento del Festival quell’anno prevedeva che le nuove proposte più votate durante la prima serata sarebbero stati di diritto promossi a Big. E così fu. Dopo la prima esibizione Jalisse vennero lettaralmente sommersi dai voti, ottenendo il passaggio di categoria. Da sconosciuti diventarono veri beniamini del pubblico, orfano del magico duo Al Bano & Romina.
A dirla tutta I Jalisse assomigliavano di più agli 883 perché se la bella Alessandra ce la metteva tutta a gorgheggiare come una pazza, il coniuge davvero non si capiva che facesse; faceva finta di cantare cantava, faceva finta di suonare e si limitava a muovere (fuori tempo) le spallucce.

“Fiumi di parole” affronta un problema tutt’ora attualissimo: l’incomunicabilità tra uomo e donna.
Riassunto: lui è un logorroico: parla, parla, parla ma solo di fisica quantistica, facendo morire di noia la sua lei, che non trova altro rimedio che mettersi i tappi nelle orecchie e meditare il suicidio:


Mi aspetto mille scuse come sempre da te
Sei un fiume di parole dove anneghi anche me
Che bravo che sei, ma questo linguaggio da talk-show
Cosa c'entra con noi
Provo l'unico rimedio che adotto da un po'
La mia testa chiude l'audio, la storia la so
Sei fatto così, dovrei limitarmi oramai
A dirti di sì

Fiumi di parole
Fiumi di parole tra noi
Prima o poi ci portano via
Ti darò il mio cuore
Ti darò il mio cuore, se vuoi
Se puoi, ora parla con lui
Ora parla con lui

Tu che gridi in un dialetto che non è più il mio
Io che perdo il tuo rispetto, sarebbe meglio un addio
È come in un film, il classico film
Dove lei farà la pazzia

Fiumi di parole
Fiumi di parole tra noi
Prima o poi ci portano via
Ti darò il mio cuore
Ti darò il mio cuore, se vuoi
Se puoi, ora parla con lui
Ora parla con lui

Vorrei fermare un'immagine
Sentirla entrare dentro di me
Un tuo silenzio più complice
Vorrei...

Fiumi di parole...

Negargli il primo posto sarebbe stata una disonestà intellettuale.

Ci sono ancora un paio di cose pregevoli da dire su questo brano e I suoi interpreti.
Inanzitutto va detto che nonostante l’enorme favore del pubblico la vittoria fu molto contestata in quanto il duo venne accusato di aver plagiato Listen to your heart dei Roxette.
E poi mi preme ricordare che Fiumi di parole è stato l’ultimo brano italiano a partecipare al mitico Eurofestival (guardate qui la loro performance live).

Passata l’ondata di successo ottenuta con la vittoria di Sanremo, i Jalisse sparirono, puff, dissolti nel nulla. Almeno in apparenza. E invece, di soppiatto, hanno fatto tante cose bellissime in questi anni: una canzone dedicata alla beatificazione di Padre Pio, la musica d’attesa per una compagnia romana di taxi, nonché il brano "Fede nell'amore (Pietro ama Halima)" dedicato alla pace nel mondo e alle differenze di credo religioso, cantato alla Farnesina alla presenza di Gianfranco Fini!

Monday, September 25, 2006

Padre Alfonso Maria Parente - Dimmi che giorno sarà (2000)

A 17 anni di distanza dalla partecipazione di Frate Cionfoli, ecco giungere all’Ariston (stavolta nella categoria Nuove Proposte) un altro religioso canterino raccomandato direttamente dall’Altissimo.

Padre Alfonso Maria Parente è veramente il frate che tutti noi vorremmo per amico: va in moto, adora I giubbotti di pelle, porta trandissimi occhiali con montatura dorata anni 70 (sì, proprio il modello “Gianfranco Fini”), sotto il saio indossa i jeans e sul palco ci regala assoli di chitarra come un Jimi Hendrix in estasi mistica.
Musicalmente il pezzo non fa propriamente vomitare. E’ un onesto rock, tutto sommato orecchiabile. Preferirei, piuttosto, soffermarmi sul testo.
La sinossi è pressapoco questa: Padre Alfonso ha la sfiga di passare un’estate in città perché non ha prenotato per tempo le vancanze. Girovagando incappa in una fauna di disgraziati come lui, un bel campionario di umanità da redimere: lavavetri di colore, drogati, ubriaconi, puttane.
Possibile che in cento metri di strada non abbia incontrato proprio nessun altro, che ne so, una bella famigliola felice, qualche simpatica vecchietta, un uomo che portava a pisciare il cane? Ma si può sapere in che città abita il nostro frate? Giustamente, sconcertato da cotanto degrado urbano, Alfonso Maria si interroga sul senso della vita e sull’eventualità di trasferirsi in un luogo più prestigioso. Eccovi il testo integrale:

"Me ne sto solo sotto il sole d'agosto
Non ho nessuno e non mi sento al mio posto
Spugna nel pugno e gialla pelle di daino
Un lavavetri in piedi, un nord-africano
Fa così caldo che mi sento morire
Sulla mia pelle grida col mio sudore
Il mio bisogno d'amore
Mi sposto all'ombra di un palazzo vicino
Seduto a terra un tipo col cucchiaino
Sta riscaldando qualche cosa di strano
Sta preparando senza troppo rumore
La sua dose d'amore

Dimmi che giorno sarà

E se mai quel giorno arriverà
Se mai qualcosa cambierà
Quando qualcuno qualche cosa farà

C'è un ubriacone steso sulla panchina

In mezzo al vomito e all'odore di urina
Conosce bene che vuol dir soffrire
Senza speranza di potere guarire
lo vede un prete e passa via disgustato
Ma quello dorme e sogna forse da ore
Una bottiglia d'amore
Sul marciapiedi una signora composta
Adesca un'auto che si ferma e si accosta
Non c'è bisogno di parole affettate
Per dichiarare quanto costa ai bollori
Un'illusione d'amore

Dimmi che giorno sarà
E se mai quel giorno arriverà
Se mai qualcosa cambierà
Quando qualcuno qualche cosa farà"

Dimmì che giorno sarà venne premiata dalle giurie con un onorevole sesto posto in classifica.

Pochi mesi dopo dopo successe il fattaccio. Padre Alfonso Maria Parente, come Lucifero, cadde dalla grazia di Dio agli inferi più profondi. Il frate cappuccino venne incriminato per sfruttamento illecito del nome di Padre Pio in una televendita dove veniva proposta l’interessante opera “Padre Pio da Petralcina: un mistero senza fine”, assicurando che il ricavato sarebbe stato devoluto ad una giusta causa. La giusta causa era una villa al mare con piscina, ovviamente.

Squadra Italia - Una vecchia canzone italiana (1994)

Probabilmente seconda solo all’imbattibile Italia di Reitano in un’ideale classifica dei brani più “nazionalisti” transitati a Sanremo.
E’ il 1994. Un paio di vecchi amici si incontrano dopo decine di anni alla bocciofila e tra un bicchiere di vinello e l’altro qualcuno butta lì un’idea un po’ pazza: -Perché non partecipiamo al Festival di Sanremo tutti insieme! Magari è l’ultima cosa che facciamo nella nostra vita!-
Viene così creato il supergruppo di mummie chiamato Squadra Italia, composto da: Nilla Pizzi, Jimmy Fontana, Gianni Nazzaro, Wilma Goich, Wess, Giuseppe Cionfoli, Tony Santagata, Lando Fiorini, Mario Merola, Rosanna Fratello e la “piccola” Manuela Villa a fare da mascotte.
11 componenti le cui età sommate superano i 700 anni. insieme sul palco cantare pregi e difetti de ‘sta Italia bbella, ciascuno la sua strofa interpretata alla propria maniera.
Il brano è moderno come una statuetta in porcellana di Capodimonte appoggiata su un centrino sopra una credenza in barocco piemontese.
Un inno ai luoghi più comuni del comune su questa nazione, una terra dove gli stranieri vengono accolti con amore e non vogliono tornare più a casa (strofa che acquista ancora più valore perché cantata dal mitico Wes), una terra dove il sacro di scontra col profrano, terra rimasta nel cuore a coloro i quali sono partiti per trovar fortuna in America, terra di balcony affacciati sul mare a Posillipo. Eccovi il testo:

“Terra distesa nel mare
Che in ogni canzone ci parli d'amore
Terra di grano e di fiori
Di sole, di vino, di spine e di allori
Terra che resti nel cuore
Di chi per un sogno ti deve lasciare
Ogni paese ha una festa
Una banda che suona, una piazza, un caffè
Terra di santi e poeti
De' troppi mafiosi e pochissimi preti
Terra di mille stranieri
Che trovano amore e non partono più
Terra rimasta ind' 'o core
D'a ggente che parte pe' terre luntane
Ma in ogni posto del mondo
Dovunque tu vada, da solo non sei

Sentirai una radio che suona lontana
Canterà una vecchia canzone italiana
Rivedrai un balcone affacciato sul mare
Una canzone non chiede di più
Ti porta dove vuoi tu

Ma che cos'è una canzone
E’ una storia che nasce da ogni emozione
E ci accompagna la vita
Da quando si nasce a quando è finita
Voce di popoli stanchi
Dà forza ad una idea che non muore più
E in ogni casa del mondo arriva volando
Dipinta di blu

Sentirai una radio che suona lontana
Canterà una vecchia canzone italiana
Rivedrai in un attimo il tuo primo amore
Passano gli anni e la vita però
Una canzone no”

Praticamente una cartolina della nostra penisola aggiornata al 1965.
Caso più unico che raro per questo genere di brano, il pezzo venne relegato in una deludentissima penultima posizione, battuto solo da Napoli di Franco Califano (andate a leggere il post dedicato a quest’altra splendida gemma musicale).
Purtroppo, dopo quest’insoddisfacente performance, la Squadra Italia si sciolse e ognuno tornò al suo ospizio.
Peccato, chissà quanto ancora avrebbero potuto regalare alla musica italiana…

Saturday, September 23, 2006

Marcella Bella - Uomo bastardo (2005)

Il Festival del 2005 vede l’introduzione della suddivisione in 5 categorie dei cantanti in gara: Uomini, Donne, Classic, Gruppi e Giovani.
Unica donna nel gruppo dei Classic (elegante modo per definire le mummie che ne facevano parte ovvero, Nicola Arigliano, Peppino Di Capri, Franco Califano e Toto Cutugno). la panterona di Catania diede una botta di vita ai suoi colleghi di Villa Arzilla.

Marcella si presentò sul palco inguainata in un fasciantissimo abito di pelle nera, taccho a spillo, capello selvaggio, rossetto rubino e, il pezzo forte, la scritta “uomo bastardo” stampata sul sedere. Sublime.
Il pezzo, scritto naturalmente dal fratello Gianni, è ancor più aggressivo del look dell’interprete, a cominciare dal titolo. Chi è l’uomo bastardo che ha fatto tanto incazzare Marcella? E’ uno che, giustamente spaventato dall’aggressività della cantante, ha cercato la compagnia di una donna più molto giovane. Marcella non ci sta dentro e gli lancia un’anatema:

“Quello che adesso chiami amore
Sarà un'amara verità
Lei ti fa sentire un uomo
Non sei neanche la metà
Accettarlo adesso è dura
Con un'altra donna no
Io dividerti non posso
Perderei la stima in me
Tu vincevi sempre
Ma non valevi niente
E adesso guarda quel che sei
Abbracci solo l'aria
Stringerai nessuno
Ogni gesto mio rimpiangerai vedrai
Lei è una bugia
Che con un soffio va via
Tu Sei l'uomo più bastardo che amerò
Io me la immagino più bella
E un po' più giovane di me
Volare sopra una farfalla
È impossibile lo so
Tu vincevi sempre
Ma non valevi niente
E adesso guarda quel che sei
Abbracci solo l'aria
Stringerai nessuno
Ogni gesto mio rimpiangerai vedrai
È un lago ormai
Questo silenzio tra noi
Dove c'era amore un tempo c'eri tu
Sarai l'uomo più bastardo che amerò...
Venderai il mio cielo
A pochi soldi ormai
Ma un abbraccio vero
D'amore non avrai
Scoprire in fondo al mio pensiero
Chi veramente tu sei...
Tu sei l'uomo più bastardo che amerò
Tu sei l'uomo più bastardo che vorrei
Tu sei l'uomo più bastardo che vorrei
Per sempre”

Un inno al masochismo: riempie di simpatici insulti il suo uomo ma nonostante tutto continuerà ad amarlo. Anche le bestie selvage, dopotutto, hanno un cuore. Tutto questo è ancor più meraviglioso soprattutto se si pensa che ogni volta che nominava il suo uomo traditore, si voltava ancheggiando verso la platea per far leggere a milioni di spettatori la scritta sul sedere. Le giurie gradirono questo “simpatico” modo di auto promuoversi e la premiarono facendola arrivare in finale. In verità nessuno avrebbe mai osato eliminarla per paura di essere morso dalla selvaggia Marcella alla giugulare!

Friday, September 22, 2006

Lollipop - Batte forte (2002)

In molti mi avete chiesto di parlare di questo pezzo ed eccovi accontentati.

Siamo nel 2002 e il Festival vede il trionfo di Messaggio d’amore, una mazurka degna da Sagra dello gnocco fritto, interpretata dell’orchestra spettacolo Matia Bazar, Incredibile se si pensa che in gara c’erano pezzi come Salirò di Daniele Silvestri, Dimmi come di quell’adorabile nanetta che è Alexia, La mia canzone di Mino Reitano e questa Batte forte delle Lollipop.

Le Spice Girl all’ammatriciana si formarono nel 2000 grazie al programma Mediaset Popstars, che selezionò cinque giovani cantanti offrendo in premio la possibilità di registrare un intero album. Il loro primo singolo Down down down vince addirittura il disco di Platino nel 2001, una volta di più quanto il pubblico italiano sia farcilmente lobotomizzabile.

Il 2002 doveva essere l’anno della svolta: sul palco dell’Ariston le Lollipop avrebbero finalmente raggiunto la pubertà artistica.
Davanti a circa 16 milioni di spettatori le Lollipop diedero vita a quello che sarebbe stato lo spettacolo più imbarazzante della loro (breve) carriera e di quell’edizione del Festival. Le cinque squinzie, munite di microfonini alla Ambra, si esibirono in un balletto studiata presumibilmente dallo stesso coreografo dei mitici Ragazzi Italiani. E, troppo concentrate sulle elementari mossette da eseguire, dimenticarono completamente che a Sanremo, in teoria, quello che conta è la canzone. Eseguirono l’intero brano completamente fuori tempo e ciascuna in una propria tonalità scelta sul momento (per vedere l'esibizione cliccate qui). E poi qualcuno si ostina ancora ad osteggiare il playback! Alla fine dell’esibizione le ragazze vennero fischiate dall’intera platea e, nel giro di poche ore, l’mp3 della loro esibizione live divenne un “must have” per il popolo di internet. Per la seconda esibizione (guardatela qui) live delle Lollipop, la loro manager impose alcune modifiche al pezzo, facendo eliminare i vocalizzi più complessi. Il risultato non cambiò poi molto nonostante la semplificazione. “Sono giovani e l’emozione ha giocato brutti scherzi” si disse a loro discolpa. Contando che le Lollipop erano reduci da un tuor la scusa non resse molto. E poi se parliamo di giovane età che dovremmo dire, allora, dei Gazosa?
Il brano arrivò penultimo nella classifica finale (solo Omar Pedrini riuscì a fare peggio di loro, conquistando l’ultimo posto) e le vendite del singolo furono deludenti.
Del brano in sè non c’è poi molto da dire: Batte forte è il classico pezzo disco-pop infantile come tanti altri, forse più brutto di tanti altri. Il testo racconta la solita storiella delle cinque ragazze che combattono per ottenere successo e amore. Nulla di cui valga la pena parlare.

Dopo un successivo album che raggiunge ben il 75esimo posto nella classifica delle vendite, le Lollipop si sciolsero lasciando un vuoto nei cuori degli adolescenti italiani.


Giusto per dovere di cronaca: qualche tempo dopo la conclusione del Festival si scoprì che Giarcarlo Golzi, batterista dei vittoriosi Matia Bazar, era cugino del sindaco di Sanremo (nonché direttore artistico dell’Accademia della Musica, organo responsabile delle selezioni di camtanti e giurie). Il risultato era pilotato! Invalidate tutto, in realtà avevano vinto le Lollipop!

Wednesday, September 20, 2006

Sabrina Salerno e Jo Squillo - Siamo donne (1991)

Ci sono davvero molto motivi per ricordare la 41esima edizione del Festival svoltasi nel 1991: la Guerra nel Golfo iniziata proprio in quei giorni; l’abbinamento dei big ad altrettanti interpreti stranieri per tentare di internazionalizzare la manifestazione; le sublimi papere dei presentatori Andrea Occhipinti ed Edwige Fenech; Renato Zero che, a sorpresa, arrivò solo secondo suscitando le ire del pubblico in sala. Ma il motivo per cui vale davvero la pena ricordare questo Festival sarà sempre e solo uno: la performance di Sabrina Salerno e Jo Squillo che, animate dal sacro fuoco del femminismo, diedero vita a uno di quelli spettacoli ti rendono veramente orgogliosa di essere donna. Le suffragette Salerno e Squillo, al grido di “donne, oltre le gambe c’è di più!”, salgono sul palco ma non bruciano i loro reggiseni come le colleghe negli anni 70: si limitano semplicemente a mostrarli! Per rendere ancora più accorata e coraggiosa la loro protesta compiono un gesto ancora più estremo: mostrano anche le cosce. Purtroppo la performance live (potete godervela cliccando qui) ebbe la pecca di distrarre molti spettatori dalla reazionaria profondità del brano:

“C'è chi dice che l'amore
Oggi non ha più valore
Perché solo ai soldi pensa
E alla fine mangia in mensa
Burattini incravatattati
Da 1.500.000 al mese
Su e giù per la città
Sulla jeep a fare spese
Attento che cadi, attento che cadi
Attento che cadi, attento che cadi

C'è chi dice che l'amore
Oggi è in trasformazione
Tipica mentalità
Manager di società
C'è chi insegue la carriera
Poi a casa è cameriera
C'è chi muore dall'invidia
Per chi lavora nei mass media
Ma che vita vuoi, in che mondo sei

Siamo donne, oltre le gambe c'è di più
Donne donne un universo immenso e più
Senza donne ma sai che noia qui in città
Donne donne la vita gira un po' di più
Attento che cadi”

Sabrina e Jo riscattano secoli di sottomissione a colpi di ballonzolii di tette, dimenandosi come delle tarantolate e gridando come galline. Davvero davvero difficile vedere (e sentire) di più oltre le gambe. E la giuria le spedì al terz’ultimo posto in classifica.

Scandaloso se si pensa che Anna Tatangelo, cantando nel 2006 la fetida “…essere una donna non vuol dir riempire solo una minigonna…” è arrivata addirittura prima nella categoria Donne.

Tuesday, September 19, 2006

Franco Califano - Napoli (1994)

C’è davvero un po’ di confusione in questa canzone di Califano. Insomma, Franco Califano è ,da che mondo è mondo, l’emblema di quella Roma gagliarda, un po’ cafona, forse, ma simpatica. E in quali panni si cala? In quelli di un uomo che vive a Venezia. E che per di più sogna di trasferirsi a Napoli! Califano? Forse era a Venezia per girare un film con Tinto Brass… non c’è altra spiegazione.
Fatto sta che un dì, guardando Venezia, Franco crede di vedere Napoli.
"Guardo Venezia e vedo Napoli
Sarà lo stesso mare malinconico
La cornice velata è quella
E la tela sbiadita come giù"
Beh, in effetti come non scambiarle… ma sì, alla fine tutti I posti di mare si assomigliano, no?
Ma le parole successive non lasciano adito a dubbio alcuno: il protagonista del brano ha mangiato fegato alla veneziana avariato:
"Gondoliere ti prego
Accompagnami a Napoli
Una gondola giuro
Non corre pericoli
Se si arriva dal mare
Laggiù ti rispettano
Dal mare si

Vivo a Venezia e penso a Napoli
Più tempo passa e più è così
Il mio pensare è un'abitudine
Come un male che non mi passa mai
Il pensiero consuma la strada per Napoli
E venezia Signora
Mi offre i suoi vicoli
Ma di più come può
Qui non fanno miracoli
Come a Napoli
A Napoli...

Grazie Venezia torno a Napoli
Ma un pò di me lo lascio qui
E forse affiorano i miei limiti
Sono un uomo che torna indietro
Sono un uomo che vuol tornare giù
Gondoliere verrà un pescatore da Napoli
La sua barca non è bella come una gondola
Ma lui arriva dal mare
E tu allora rispettalo, è come te
A Napoli..."
A quanto ammonterà la tariffa per andare in gondola da Venezia a Napoli?
E se andassi con un canotto mi rispetterebbero lo stesso? Mah... fatto sta che alla fine Venezia riesce a liberarsi del Califfo. La cittadinanza ringrazia. In cambio del cantante, la cittadine lagunare riceve un pescatore.


Nel frattempo, in un'altra cittadina di mare, questa canzone arrivava ultima nella classifica finale del festival musicale indigeno. Peccato, perché il Califfo aveva pure ancora un po' di voce a quel tempo.

C'è solo un'ultima domanda: nel verso in cui Califano si rivolge a Venezie dicendo che se ne va ma "un po' di me lo lascio qui", a cosa si starà riferendo?

Saturday, September 16, 2006

Alberto Beltrami - Non ti drogare (1980)

Stupefacente il Festival del 1980. E non certo per la vittoria (finalmente!) di Toto Cutugno, per quanto anche quello non fosse un fatto propriamente normale. Stupefacente perché in gara ben due canzoni trattano molto esplicitamente il tema della droga. E se Voglio l'erba voglio di Francesco Magni ne parla in modo diretto ma scherzoso, questa Non ti drogare è un vero e proprio avvertimento che non va tanto per il sottile. Il semi-sconosciuto Alberto Beltrami, ex maestro di sci di Madonna di Campiglio, si presenta sul palco con un look alla Reinold Messner (come poteva essere altrimenti) e canta su una base disco-folk il suo monito ai giovani: ragazzi, non vi drogate perché sennò morite! Si si, se non ci credete leggete il testo:

"Ci siam stancati
Ci siam stancati di camminare
Ci siam stancati
Ci siam stancati di camminare
Su queste sabbie
Su queste sabbie nere
Su queste sabbie
Su queste sabbie nere
Non ti drogare
Non ti drogare che fa male
Non ti drogare
Non ti drogare che fa male
E se ti droghi
E se ti droghi muori
E se ti droghie
E se ti droghi affoghi
In fondo al mare
In fondo al mare non c'è sole
In fondo al mare
In fondo al mare non andare
Ci son le barche
Ci son le vele sopra
Balene bianche
Lo spazio è il mondo nuovo
Non ti drogare
Non ti drogare
Non dormire
Non ti drogare
Non ti drogare
Non lasciare
La strada dura
Alla risposta vera
Le tue promesse
A chi ti sta vicino
Ci siam stancati
Ci siam stancati di camminare
Su queste sabbie
Su queste sabbie nere
Non ti drogare
Non ti drogare che fa male
Non ti drogare
Non ti drogare che fa male
Con te il mondo
Per te il mondo crescerà
Con te la vita"

Qui l'unico che ha fatto uso di stupefacenti era proprio Beltrami, perché il testo, laddove non ripete ossessivamente la frase "non ti drogare", sconfina nella psichedelia pura parlando di balene bianche, spazio e mondi nuovi.

Purtroppo la giuria non comprese l'importanza socialogica della canzone e la eliminò subito.

Meraviglioso l'epilogo della storia: Beltrami, abbandonata la carriera musicale, aprì una discoteca a Madonna di Campiglio. Ci piace pensare che, ogni sabato sera, canti "Non ti drogare"ai clienti del suo locale.

Nek - In te (1993)

Nek, quando ancora non era Nek. Con un look più simile ad Alberto Tomba e ancora lontano anni luce dai fasti di tormentoni come Laura non c'é e Ci sei tu, il cantautore di Sassuolo conquistò un più che dignitoso terzo piazzamento nella sezione Giovani con un brano dal tema davvero scomodo per le benpensanti platee del Festival: l'aborto.

Nek dichiarò che la canzone era ispirata all'esperienza realmente vissuta da un suo amico (si si, dicono sempre tutti così...): lui e lei sono giovani, lei scopre di avere una "pagnotta nel forno" e vorrebbe abortire, lui si rivela molto più responsabile di lei e la convince a tenere il figlio non desiderato. E co n quali argomenti! Sentite qua:

"Risalirò col suo peso sul petto
Come una carpa il fiume
Mi spalmerò sulla faccia il rossetto
Per farlo ridere
Per lui poi comprerò
Sacchetti di pop corn
Potrà spargerli in macchina
Per lui non fumerò
A quattro zampe andrò
E lo aiuterò a crescere
Lui vive in te
Si muove in te
Con mani cucciole
E' in te respira in te
Gioca e non sa
Che tu vuoi buttarlo via"

Già dopo la prima strofa, tutte le signore in giuria popolare erano in lacrime, commosse dal senso di sacrificio di questo ragazzo padre che si batte per far nascere il figlio che lei vuole "gettare via". Ma l'arma segreta la sfodera nella strofa successiva:

"Per lui non fumerò
La notte ci sarò
Perché non resti solo mai
Per lui lavorerò
La moto venderò
E lo proteggerò
Aiutami"

Smetterà di fumare e venderà la moto. Con questa canzone subdola quando la pubblicità dell'8x1000 alla chiesa cattolica era impossibile non premiarlo!

Coraggiosamente, Nek non ha mai rinnegato questo pezzo, inserendolo addirittura nel suo ultimo best of L'anno zero.

Per concludere, mi piace ricordare sempre la recensione di questo brano che lessi su non ricordo quale rivista di musica: un aborto di canzone sull'aborto. Mai definizione fu più esatta.

Friday, September 15, 2006

Alessadro Canino - Brutta (1992)

E' il 1992 a nella categoria Nuove Proposte trionfa l'imbattibile duo politically correct Aleandro Baldi/Francesca Alotta (di cui avremo modo di parlare presto) con Non amarmi, successo tutt'ora molto in voga nei karaoke bar di tutto il Sudamerica. Ma quello che diventerà il vero tormentone dell'anno è un altro, cantato da un impacciato ragazzo diciottenne, vittima di un parrucchiere con evidenti problemi alla vista (probabilmente lo stesso Aleandro Baldi): Alessandro Canino. La canzone era dotata di un titolo autoesplicativo: Brutta.
Un vero inno alla pubertà e allo squilibrio ormonale con conseguente comparsa di antiestetici brufoli su viso e collo. La "brutta"del titolo, infatti, compie 15 anni ma anzichè festeggiare mangiando Fonzies e brindando con bicchieri plastica colmi di aranciata amara, è chiusa in bagno a piangere, invidiosa delle amichette più carine e tettone.

Eri una bambina
La più stretta della scuola
Eri un' acciughina
Oggi hai quindici anni
E piangi sola chiusa in bagno
Per la festa del tuo compleanno
Tutti i tuoi amici
Guardano in salotto le altre
Fatte come attrici
Tu come un fagotto
Nello specchio non la smetti
Piangi e vedi solo i tuoi difetti

Brutta
Ti guardi e ti vedi brutta
Ti perdi nella maglietta
E non vuoi uscire più

Cresceranno i seni
Chi ti prende in giro
Sono dei ragazzi scemi
Ma quelle risatine dietro
Sembrano pugnali
Piangi e ti si appannano gli occhiali
E il rimmel si strucca

Brutta
Ti guardi e ti vedi brutta
Ti senti sola e sconfitta
E non vuoi parlare più"

Il cantante mostra fin dalla prima strofa una sensibilità e un tatto fuori dal comune, definendo la protagonista "acciughina" anziché "cozza". Un vero Gentleman.

L'atmosfera è quella de "Il tempo delle mele" ormai marce e piene di vermi.
L'effetto è molto più simile ad una puntata de "I ragazzi della terza C". Indimenticabile (nel senso che una volta visto sarà difficile dimenticare un incubo simile) il video.

Canino ci riprova nel 1993 con un altro pezzaccio, Tu tu tu tu, capostipite del filone "telefonico" di cui fa parte la già citata "You and me" di Giacomo Celentano, e l'anno successivo con "Crescerai", ideale continuazione di "Brutta". Ma, nel frattempo, i fans del 1992 hanno combattuto e vinto la piaga dell'acne grazie a Topexan e Alessandro finisce quattordicesimo e, subito dopo, nel dimenticatoio.

Thursday, September 14, 2006

NEWS: benvenuti a SANREmostri

Come annunciato nel precedente post, è partita la riqualifica del blog.
Cambia il nome, ma non cambia affatto lo spirito col quale questo blog era stato creato. Le novità non sono finite: infatti i post eliminiti verrano a poco a poco trasferiti su un altro fondamentale blog che molti di voi già conoscono, >>> orrore a 33 giri. Visitatelo copiosamente, anche perché continuerò a postare nuove recensioni anche lì!

Wednesday, September 13, 2006

NEWS: tutti al mare!

Lato B si trasferisce a Sanremo!
Ah, mare, clima sempre mite, cibo genuino, ottima musica. Beh, su quest’ultimo punto ci sarebbe molto da dire. E infatti ne parleremo molto! Ci sarà un intero blog per farlo.

Nei prossimi giorni ci saranno un po’ di cambiamenti: darò una ritinteggiata ai post, eliminando quelli non riguardanti brani non partecipanti ad un’edizione del Festival e aggiungendo link utili.
Natutalmente questo spazio muterà nome. Al momento numerose menti creative sono riunite in brainstorming per trovarne uno consono. I post eliminati da questo blog, comunque, verranno traghettati su un altro.

A prestissimo per tutte le informazioni dettagliate!

Tuesday, September 12, 2006

Andreani - TVB Ti Voglio bene (2000)

Premetto che Giuseppe Milazzo, in arte Andreani, non ha mai partecipato al Festival. E allora perché parlarne?
Perché lo vidi esibirsi sul "prestigiosissimo" palco di Sanremorock, una delle innumerevoli (ed inutili) manifestazioni minori collaterali al Festival dove vengono spesso invitati ad esibirsi gli scartati da Sanremogiovani, la gara canora che un tempo serviva a selezionare i concorrenti della sezione "giovani proposte".
Tutt'oggi non mi spiego come mai Andreani venne scartato, dal momento che questo singolo era talmente brutto che davvero non avrebbe sfigurato sul palco dell'Ariston.


Mi misero una copia promozionale di questo singolo tra le mani e, solo guardando la copertina, capii che quel ragazzo era già il mio idolo: ritraeva Andreani appoggiato, in atteggiamento vagamente da scugnizzo, ad un muretto con su scritto (con un dilettantistico ritocco fotografico) T.V.B.

Andreani ci offre una canzonetta talmente profonda che al confronto I testi della Pausini sembrano scritti da Bertold Brecht. “Sole” fa rima con “cuore”, mare fa rima con vomitare:

"E allora ciao come ti chiami
E dopo un po’ ci siamo fidanzati
Lo sai che sei molto carina
Io ti facevo un po’ più piccolina
Ti piace andare al mare
A me piace passeggiare
Col sole in faccia
E il mare nei capelli

Ti voglio bene e non ci posso fare niente
Perché sei troppo bella
Bella da fare impazzire
Ti voglio bene e non ci posso fare niente
Perché sei bella
Da fare quasi impallidire"

Ogni giorno, il mondo della musica miete impietosamente tante vittime tra giovani speranzosi musicisti. Andreani è una di queste, anche se davvero non mi spiego il perché. T.V.B. era un singolo così accattivante, almeno per le ragazzine di 7 anni!

Sul sito ufficiale di Andreani (leggendo la biografia si scopre che è stato anche nel cast di “Uomini e donne” della De Filippi e modello per I fotoromanzi di Cioè… ora si spiegano tante cose!), il cantante continua tutt’ora a definirsi giovane promessa della musica con diversi progetti in cantiere… la speranza è l’ultima a morire.
Forza Andreani, siamo con te!

Monday, September 04, 2006

Jo Chiarello - Che brutto affare (1981)

Se, in mancanza d'altro per passare il tempo, leggessimo la discografia di Jo Chiarello (ci si mettono circa 5 secondi) si incappa in titoli come Io ti farò impazzire, In bianco ("...Non sei stanco di una che ti manda sempre in bianco?... Non si smuove la mia lampo... Guardo te, non vedo niente!), Ma io vi mollo e vado al mare e Fammi toccare.
Che panterona! Che castigatrice di uomini! Che maliarda questa Jo! Certo, se leggiamo il suo nome per intero, Maria Concetta Chiarello, tutta questa sensualità va a farsi benedire...
Comunque sia, Che brutto affare davvero non sfigura tra i titoli sopra citati. Anzi, è la summa vetta della carriera canora della Chiarello.
L'argomento trattato è incredibile ed è ancor più incredibile che questo pezzo sia stato presentato a Sanremo (venne però eliminata prima della finale): narra infatti di una donna strainacidita dall'incapacità del suo compagno di soddisfarla. Purtroppo le metafore non sono contemplate:

"Che brutto affare,
Ti amavo di un amore nucleare
Ed ascoltavo senza contestare
Le palle che sapevi raccontare
Io ti consideravo un superman
Ma non sei neanche un man, scemo
Non sei nemmeno la metà di un man
Ma non sei neanche un man, scemo
Non sei nemmeno la metà di un man"

C'era davvero bisogno di ripetere 5 volte in un'unica misera strofa che lui "non è un superman e non vale neanche la metà di un man"? A parte il fatto che questi versi sono davvero bellissimi e non smetteremmo mai di ascoltarli, guarda che non siamo nè sordi nè scemi!
Per i recidivi e i non udenti, Jo ribadisce il concetto anche nella strofa seguente, in un'escalation di rivelazioni sempre più imbarazzanti per lui:

"Che brutto affare,
Non m'hai insegnato neanche a far l'amore
Capisco adesso che non ci sai fare
Parlavi bene e razzolavi male
Io ti consideravo un superman
Ma non sei neanche un man, scemo
Non sei nemmeno la metà di un man
Ma non sei neanche un man, scemo
Non sei nemmeno la metà di un man"

Ma cosa vuole che le faccia il suo fidanzato? Che la prenda a badilate nella schiena?
Ahhhh, basta leggere sul vinile l'autore della canzone per capire finalmente tante tante cose: Che brutto affare è stata scritta da Franco Califano!