Monday, July 30, 2007

Gigi Sabani - La fine del mondo (1989)

Il bravo imitatore Gigi Sabani ci aveva già ragalato indimenticabili prove di bel canto interpretando capolavori imprescidibili come A me mi torna in mente una canzone o Cantate lo jodel. La consacrazione definitive, però, l’avrebbe potuta avere solo cantando davanti a 16 milioni di italiani sul palco dell’Ariston. L’occasione richiedeva di fare le cose in grande e venne chiamato il migliore autore di tutta la provincia di La Spezia, Toto Cutugno (lo so, lo so, alla fine parlo sempre di lui ma che ci posso fare se sbuca dappertutto!), che, in piena estasi mistica, decide di musicare un paio di Vangeli Apocrifi.

È giunta l’ora per l’intero universo: Dio sta arrivando sulla terra per giudicare i suoi abitanti. L'apocalisse, insomma. Ma ad attenderlo non ci sono folle di fedeli penitenti con tanto di cilicio. D'altra parte Gesù non pioverà certo dal cielo come una qualunque divinità da due miracoli e basta... Usa, infatti, il suo jet privato e attenderlo c'è la diretta tv, il grande giornalista americano che vuole l’esclusiva per l’intervista, i fotografi pronti a scattare la foto da copertina e, ciliegina sulla torta, c’è pure Celentano che, vedendo il Padreterno esclama “Me l’aspettavo un po’ più biondo!”.

Me lo aspettavo un po' piu' biondo
è arrivata la fine del mondo.
Può anche darsi che sia stato poco attento alla TV
mi è sembrato di capire che domani arriverà Gesù,
col suo aereo personale vuol deverci tutti alle otto,
viene giù per fare i conti
e qualcuno se la fa già sotto.
Dagli alberghi ad ore stan scappando tutti per le scale,
c'è chi domanda ad amici e parenti se peccare è normale,
c'è chi prenota un prete, un monsignore o meglio un cardinale
voglion tutti quella raccomandazione giusta e un po' speciale
e dalla America arriva il grande giornalista,
vuol vedere Gesù per fargli un'intervista
la copertina in esclusiva mondiale, sarà un avvenimento eccezionale.
Abbiam toccato il fondo
è arrivata la fine del mondo
e adesso dove mi nascondo
è arrivata la fine del mondo.
Allora vengo da te
oppure vieni da me,
ma dove andiamo?
Non mi dire, non mi dire cosa ci potrà capitare,
vedo già la gente uscire come fosse ferragosto al mare,
c'è chi va in macchina o col treno in direzione Vaticano,
che confusione generale,
ci fa aspettare in prima fila Celentano,
e finalmente le otto, c'èuna grande tensione
c'è chi piange e chi ride, siamo in mondo-visione
dal suo aereo privato
è proprio Gesù.
Io quasi quasi gli do del tu.
Me lo aspettavo un po' piu' biondo
è arrivata la fine del mondo,
e adesso cosa gli racconto,
è arrivata la fine del mondo.
Allora vengo da te
oppure vieni da me,
ma dove andiamo?

Ma il Vaticano dov’è quando serve? Quel giorno alla Santa Sede erano tutti andati ad ascolatare un live di Fra Cionfoli featuring Suor Sorriso, non c’é altra spiegazione. E il mancato intervento delle autorità ecclesiastiche permise a Sabani di tornare sul palco nella serata finale ed interpretare ogni strofa imitando la voce di un personaggio famoso: da Mike Buongiorno, a Beppe Grillo, al già citato Celentano. Roba che ancora oggi mi verrebbe voglia di mandare a Ratzinger un'audiocassetta con inciso questo brano, sperando che ricostituisca la Sacra Inquisizione.
A punire Sabani ci pensò il pubblico sanremese, nonotoriamente timorato di Dio, che scaraventò al penultimo posto in classifica questo capolavoro.

Rimane un mistero se Cutugno si sia "ispirato" volontariamente alla celebre It's the end of the world as we know it dei REM, pubblicata due anni prima, oppure sia solo una coincidenza.

Friday, July 27, 2007

Ricchi e Poveri - Un diadema di ciliegie (1972)

Estrema emanazione dello stile "agriturismo-folk" che, in virtù del successo di Che sarà (1971), contraddistingueva gran parte del repertorio del gruppo ligure, all’ora ancora composto da 4 elementi (Marina Occhiena sarà compagna di acuti con la brunetta Angela fino al 1981) e non solo (Montagne verdi di Marcella Bella ne è un ottimo esempio).

Un flauto e una chitarra fanno da base a questo affresco biologico al sapor di Tavernello rosè. Un borgo sperduto, gatti che sonnecchiano, la bella contadina, il fabbro che l’ama, i balli nella vigna fino a notte fonda. In mancanza di un solitario De Beers, lui regala a lei un prestigioso diadema di cieliegie. Che poi, diciamola tutta, se ti vien fame te lo puoi pure mangiare!
Fin qui tutto bene, sempre che non siate già stati divorati dai tafani.
Ma ragazza non gliela da perché vuole almeno un fottutissimo solitario da mezzo carato!
E al fabbro non resta altro che fare che abbandonare la pubblicità del Mulino Bianco e andare a lavorare in catena di montaggio nella grande città.
L’auto-plagio è palese, ma se in Che sarà si toccavano corde più profonde (e poi c’era anche l'intensa interpretazione di Jose Feliciano), qui tutto ha il sapore di un romanzetto d’appendice nonché della presa per il culo. E non migliora certo la situzione il fatto che, a questo punto, il testo diventi abbastanza incomprensibile.
Il neo operaio riceve una lettera che lo prega di tornare sui monti altrimenti qualcuno piangerà. Lui parte e rivede il cielo blu e i ciliegi rimastigli nel cuore. Poi si parla di un angelo che lo sveglierà e avrà per sempre un diadema di ciliegie. Eh????? What?????
Lui è forse morto schiacciato da una pressa e il ritorno al paesino è una metafora dell’ingresso al paradiso? O forse è morta lei per indigestione di ciliegie (o noia, o più probabilmente alcolismo) e lui la rivede sotto forma di creatura angelica?

Cielo blu del mio paese
quattro case e niente più
quattro gatti al sole lassù
fiori rossi dove stai tu
ero il fabbro del villaggio
eri la più bella tu a
io piegavo il ferro ma
pieghi il cuore tu
ballavamo nella vigna
con la luna ed il falò
ed i vecchi a ricordar
l'ora che passò
Un diadema di ciliege
misi sui capelli tuoi
misi sui capelli l'unico gioiello che
posso dare a te
ma un treno passa un treno va
grande città sei sola là
ma amore un vero gioiello andrai
mi aspetterai
poi la tua mano si spegne laggiù
bianca farfalla che non vola più
che non vola più
la catena di montaggio
lega tutti i giorni miei
la catena che ci lega
no, non si spezzerà
no, non si spezzerà
M'hanno scritto dal paese
dicono che lì non va
dicono ragazzi torna presto
torna senno figlio piangerai
cielo blu del mio paese
oggi io ritorno da te
i ciliegi sono lassù
nella terra
Tu va un angelo ti sveglierà
un angelo ti sveglierà
e il cielo ti porterà
un diadema di ciliege
e per sempre tuo sarà.

La canzone, ovviamente, arrivò in finale piazzandosi undicesima, risultato non eclatante ma neanche disprezzabile, ed ebbe un buon successo commerciale.
È incredibile come in Italia il genere "agriturismo-folk", seppur di nicchia, continua a sopravvivere; ne è un esempio la "splendida" Voglio andare a vivere in campagna (leggi il post) di Toto Cutugno.

È doveroso ricordare che il testo è stato scritto dal grande Romano Bertola, pubblicitario torinese autore di alcuni tra i più celeberrimi jingle dei caroselli, come Punt E Mes.

Wednesday, July 25, 2007

Albatros - Volo AZ504 (1976)

Mi domando perché ci ho messo tanto a parlarvi di questo incredibile pezzo. Eppure, forse perché sotto il nome Albatros si nascondevano 6 musicisti (Claudio, Lino, Massimo, Michele, Gigetto) e un cantante nonché autore dei pezzi di nome Toto Cutugno, o forse per il modo surreale nel quale è trattato un argomento spinoso, questo volo AZ504 non merita assolutamente di cadere nel triangolo delle Bermude dei pezzi dimenticati.
Il pezzo si apre con una rutilante intro funk stile title track di un poliziottesco con Maurizio Merli della durata di 1 minuto e 35. Dopo i primi 45 secondi è lecito domandarsi “Ma avrò acquistato la versione karaoke?”. E invece no! Ecco che una voce di ragazza recita (badate bene, non ho detto canta) il suo commosso addio all’uomo che ama:

Ciao... Ho passato dei bei giorni con te...
Piccolo, stupido, meraviglioso ragazzo.
Ciao...anzi addio...

Ecco che finalmente entra in scena la nasale, inconfondibile voce di Toto.

Allora, non stavi scherzando, 
te ne vai...
Potevo lasciarti avere il bambino ma..

ti rendi conto, cosa sarebbe successo
Però forse sarebbe stato meglio...
almeno non saresti andata via...

Ah ecco! Prima di Nek con la mitica In te (vai a leggere il post dedicato a questo gioiello), il grandissimo Cutugno si cimenta con il tema, sempre molto amato (meno “in” dell’amore, ma sicuramente più chic della droga) dal pubblico sanremese, dell’aborto. Ma se Nek lo affronta nei già spudorati anni 90, mister Cutugno guadagna parecchi punti per averlo coraggiosamente trattato a metà anni 70.
A questo punto mi conviene specificare subito che il pezzo arrivò addirittura terzo, a pari merito con Gli occhi Verdi di tua madre, altra canzone che sfida le leggi della morale (e della fisica) interpretata da Sandro Gicobbe.
Detto questo il pezzo è puro delirio trash senza capo nè coda. Il testo pare la trascrizione di un fotoromanzo di Grand Hotel schiaffato su una base che non centra un cazzo.
Dopo la brevissima strofa interpretata dal cantante segue un altro minuto e mezzo di sola musica tratta dalla colonna de "La polizia s’incazza" (e chi sta ad ascoltare pure!) per concludere con l’interprete che disperato grida “Sandra ascoltami! Ma dai cosa fai! Ti amo Sandra! Sandraaaaaa!
E se proprio vogliamo fare le pulci non si capisce se la ragazza abbia già fatto l’interruzione di gravidanza oppure sta partendo per andare a farla all’estero. Personalmente mi piace pensare la seconda ipotesi, con la variante che Sandra, una volta all’estero deciderà di non abortire dando alla luce un piccolo Salvatore Cutugno jr, che un giorno o l’altro si farà vivo per chiedere il test di paternità, nonché la metà dei proventi della vendita di questo disco, che corrisponderanno a 3 lire circa!

Tuesday, July 24, 2007

Le figlie del vento – Sugli sugli bane bane (1973)

"Sugli sugli bane bane, tu miscugli le banane, le miscugli in salsa verde, chi le mangia nulla perde."

Quale recondito significato si nasconde dietro a queste parole? Forse un inno satanico da ascoltare al contrario? Le banane sono una metafora peccaminosa? E nella salsa verde l’aglio ci vuole o no?
Bingo! Di cucina si tratta, infatti. Come ci svelano nella strofa successiva Le figli del vento, il "sugli sugli" è una ricetta (allucinogena) tipica dell’isola di Bali, un piattino macrobiotico leggero leggero tanto che “lo mangia volentieri anche chi ha già mangiato” (quindi questo esclude l’aglio dalla ricetta) e che, per giunta, porta bene. Come le lenticchie, insomma.

Sugli sugli bane bane
tu miscugli le banane,
le miscugli in salsa verde
chi le mangia nulla perde.

Chi le lascia lascia il gatto
ma dev'essere un po' matto,
lo diceva un livornese
che tornò da quel paese.
Questa è la filastrocca
dell'isola di Bali,
la raccontava sempre
un vecchio marinaio.
Diceva: "Sugli sugli
è un piatto prelibato,
lo mangia volentieri
anche chi ha già mangiato".
Diceva: "Sugli sugli se impari a cucinare,
in fronte la fortuna
presto ti bacierà"

Le Figlie del vento, gruppo tutto al femminile formatosi a Milano, portarono questo delirio psichedelico sul palco dell’Ariston dopo un’overdose da Alca Seltzer.
Ripensandoci avrebbero fatto meglio a cantare le lodi a Satana perché almeno avrebbero avuto qualche chance in più: il gruppo venne impietosamente eliminato alla prima serata.
A riprova dei disturbi alimentari che evidentemente affligevano tutti e membri del gruppo, il pezzo venne inserito in un album dall’emblematico titolo I carciofi son maturi se li mangi poco duri.

Doveroso è ricordare che Le figlie del vento vengono, giustamente, considerate da molti come il gruppo apripista del filone demenzial-surreal-disimpegnato che ha generato gruppi mitici come Elio e le storie tese o, ancor prima, gli Squallor.