Concedetemelo: dopo il primo quarto d'ora di patetici siparietti introduttivi dagli accattivanti temi quali "non possiamo parlare di politica ma siccome siamo davvero birichini giochiamo a ficcare qua e là i nomi dei candidati" oppure "facciamo vedere quanto Pippo sappia essere spiritoso", già invocavo il maligno recitando al contrario il mantra Perché Sanremo è Sanremo.
Pessimo avvio del Festival questo: lento, fiacco, con un Baudo più antipatico e spocchioso che mai e un Chiambretti impegnato a fare i salti mortali per mantenere il ritmo attraverso gag che manco al Bagaglino e un'eternità tra un'esibizione l'altra. Tanto eterne che, se non fosse per la certezza di star guardando proprio Sanremo, mi sarebbe venuto il dubbio che le canzoni fossero solo un casuale contorno di uno show dedicato alla celebrazione dei cent'anni di Pippo.
Il punto di non ritorno si è toccato quando i due presentatori, dopo l'esibizione del super ospite straniero Lenny Kravitz (con tanto di tacco 12 che lo facevano alto quanto "la pertica" di Militello) gli hanno chiesto se conoscesse Donna rosa. E completamente ricoglionito dalla cifra a 6 zeri ricevuta come compenso per la partecipazione, e da chissà quale altra magica sostanza, Lenny ha ovviamente annuito.
Ma passiamo alle cose veramente importanti: i partecipanti. Un caos primordiale di accordi e parole buttati a cazzo in bocca a dilettanti che a confronto le serate di karaoke aziendale sembrano Castrocaro.
Poco, davvero poco, il salvabile.
Paolo Meneguzzi - Grande: brano evidentemente autobiografico perché nessuno è mai stato più grande del Meneguzzi che da cinque anni riesce a portare lo stesso brano a Sanremo senza che nessuno se ne accorga, piazzandosi sempre nelle prime dieci posizioni. Anche stavolta non ci risparmia l'aneddoto del festival di Viña del mar e un'interpretazione piatta come l'encefalogramma di Baudo.
L'Aura - Basta: il pezzo è tanto sciapo quanto almeno vagamente orecchiabile. Resta il fatto che L'Aura sia certamente una raffinata cantautrice. Però peccato per le troppe incertezze vocali a inizio esecuzione e il tanto insensato quanto chiaro intento di imitare in tutto, look compreso, Elisa.
Milagro - Domani: ma come sono invecchiati gli Zero assoluto nell'ultimo anno! E siccome anche la giuria popolare li scambia per il celebre duo passano il turno.
Toto Cutugno - Un falco chiuso in gabbia: dopo una brutta malattia il mio idolo assoluto torna a reclamare il suo secondo posto politico. La voce è stanca, le parole, benché d'amore, nascondono una certa incazzatura di fondo. Il pezzo è perfetto per far breccia nei cuori dei numerosi/e ultra cinquantenni votanti presenti nella giuria popolare. E poi "il Cutugno è tanto un bell'uomo" come dice sempre mia madre. Prima di cantare ci tiene a precisare che lui nei paesi dell'est spacca il culo a tutti! E io aggiungo che dopo Sanremo volerà a Mosca per cantare al Cremlino sa Vladimir Putin, che evidentemente ha un piano: usare Toto per conquistare il mondo!
Da segnalare, al Dopofestival, la memorabile performance di Elio e le storie tese che, accompagnati dalo stesso Cutugno al sax, reinterpretano il pezzo cantando ogni strofa sulla basi musicali dei pezzi più famosi di Toto!
Frankie Hi Nrg Mc - Rivoluzione: grandissimo Frankie! L'intro sembra un pezzo rubato ad una qualche colonna sonora di Morricone per uno spaghetti western, per poi mecsolarsi con sonorità super seventies/funkettose. Francesco si sbraccia come un tarantolato mentre racconta di furbetti del quartierino, di politici corrotti e di telefonini. Si lascia andare pure a qualche "sanremismo", cantando il ritornello anziché repparlo.
Il suo reppare è coinvolgente. E, probabilmente, se tutti noi da casa potessimo decidere il risultato vorremmo lui sul podio.
Andrea Bonomo - Anna: il titolo di fenomeno da baraccone tra i giovani se lo merita decisamente tal Bonomo, che dopo aver decantato per tre interminabili minuti tutte le virtù di Anna, una specie di samaritana miope, ci svela che Anna è la sua mamma. E secondo me è la sua mamma solo per fare rima con Anna, perché se la canzone si fosse chiamata Pia era sua zia.
Fabrizio Moro - Eppure mi hai cambiato la vita: in una parola, anzi due, semplicemente allucinante. E allucinato. Un po' recita, un po' reppa (o almeno ci prova), un po' tenta di cantare. Ci parla di un amore finito male e di come farà a trovare un'altra che si "riabitui ai miei cattivi odori". A Fabbri', anziché venire a Sanremo potevi rimanere a casa a lavarti
Frank Head - Para para' ra rara: tre tamarri fracassoni dall'apparenza vagamente lurida, ci vendono il pezzo come un chiaro omaggio alla tradizione musicale balcanica, scusa utile a giustificare la terribile accozzaglia di suoni e versi assemblati a forza col super attak. Qualificati presumibilmente per una questione di servizio sociale.
Anna Tatangelo - Il mio amico: la grande favorita sfodera immediatamente le sue due armi di distruzione di massa: due enormi tette nuove di pacca, che fanno capolino da una camicetta trasparente. La canzone è esattamente come me l'aspettavo, subdola come una faina, viscida come un pitone e il ritornello in rima "dimmi che male c'è se ami un uomo come te" è irritante come il limone negli occhi. Se poi aggiungiamo il fatto che che prima dell'esibizione la cantante ha specificato che il brano è decicato al suo truccatore a cui lei vuole tanto bene, l'effetto Telethon è assicurato. C'è da dire che in mezzo a tanto ciarpame e approsimazione l'interpretazione della Tatangelo rasenta la perfezione: non sbaglia una nota e i vocalizzi sono tanto perfetti da farti venire il dubbio che abbiano ficcato un suo cd nello stereo.
Michele Zarrillo - L'ultimo film insieme: talmente fanè che a confronto le copertine dei dischi anni 70 dei Collage sembrano quelle degli Iron Maiden. Mi ha stupito il fatto che per la prima volta non fosse seduto al suo inseparabile pianoforte.
Melody Fall - Ascoltami: ho avuto un'allucinazione. Sono tornati i Gazosa e non mi hanno detto niente? No no, aspetta, la cantante è diventato un cantante! La devo smettere di mescolare la cedrata con le mentine.
Pessimo avvio del Festival questo: lento, fiacco, con un Baudo più antipatico e spocchioso che mai e un Chiambretti impegnato a fare i salti mortali per mantenere il ritmo attraverso gag che manco al Bagaglino e un'eternità tra un'esibizione l'altra. Tanto eterne che, se non fosse per la certezza di star guardando proprio Sanremo, mi sarebbe venuto il dubbio che le canzoni fossero solo un casuale contorno di uno show dedicato alla celebrazione dei cent'anni di Pippo.
Il punto di non ritorno si è toccato quando i due presentatori, dopo l'esibizione del super ospite straniero Lenny Kravitz (con tanto di tacco 12 che lo facevano alto quanto "la pertica" di Militello) gli hanno chiesto se conoscesse Donna rosa. E completamente ricoglionito dalla cifra a 6 zeri ricevuta come compenso per la partecipazione, e da chissà quale altra magica sostanza, Lenny ha ovviamente annuito.
Ma passiamo alle cose veramente importanti: i partecipanti. Un caos primordiale di accordi e parole buttati a cazzo in bocca a dilettanti che a confronto le serate di karaoke aziendale sembrano Castrocaro.
Poco, davvero poco, il salvabile.
Paolo Meneguzzi - Grande: brano evidentemente autobiografico perché nessuno è mai stato più grande del Meneguzzi che da cinque anni riesce a portare lo stesso brano a Sanremo senza che nessuno se ne accorga, piazzandosi sempre nelle prime dieci posizioni. Anche stavolta non ci risparmia l'aneddoto del festival di Viña del mar e un'interpretazione piatta come l'encefalogramma di Baudo.
L'Aura - Basta: il pezzo è tanto sciapo quanto almeno vagamente orecchiabile. Resta il fatto che L'Aura sia certamente una raffinata cantautrice. Però peccato per le troppe incertezze vocali a inizio esecuzione e il tanto insensato quanto chiaro intento di imitare in tutto, look compreso, Elisa.
Milagro - Domani: ma come sono invecchiati gli Zero assoluto nell'ultimo anno! E siccome anche la giuria popolare li scambia per il celebre duo passano il turno.
Toto Cutugno - Un falco chiuso in gabbia: dopo una brutta malattia il mio idolo assoluto torna a reclamare il suo secondo posto politico. La voce è stanca, le parole, benché d'amore, nascondono una certa incazzatura di fondo. Il pezzo è perfetto per far breccia nei cuori dei numerosi/e ultra cinquantenni votanti presenti nella giuria popolare. E poi "il Cutugno è tanto un bell'uomo" come dice sempre mia madre. Prima di cantare ci tiene a precisare che lui nei paesi dell'est spacca il culo a tutti! E io aggiungo che dopo Sanremo volerà a Mosca per cantare al Cremlino sa Vladimir Putin, che evidentemente ha un piano: usare Toto per conquistare il mondo!
Da segnalare, al Dopofestival, la memorabile performance di Elio e le storie tese che, accompagnati dalo stesso Cutugno al sax, reinterpretano il pezzo cantando ogni strofa sulla basi musicali dei pezzi più famosi di Toto!
Frankie Hi Nrg Mc - Rivoluzione: grandissimo Frankie! L'intro sembra un pezzo rubato ad una qualche colonna sonora di Morricone per uno spaghetti western, per poi mecsolarsi con sonorità super seventies/funkettose. Francesco si sbraccia come un tarantolato mentre racconta di furbetti del quartierino, di politici corrotti e di telefonini. Si lascia andare pure a qualche "sanremismo", cantando il ritornello anziché repparlo.
Il suo reppare è coinvolgente. E, probabilmente, se tutti noi da casa potessimo decidere il risultato vorremmo lui sul podio.
Andrea Bonomo - Anna: il titolo di fenomeno da baraccone tra i giovani se lo merita decisamente tal Bonomo, che dopo aver decantato per tre interminabili minuti tutte le virtù di Anna, una specie di samaritana miope, ci svela che Anna è la sua mamma. E secondo me è la sua mamma solo per fare rima con Anna, perché se la canzone si fosse chiamata Pia era sua zia.
Fabrizio Moro - Eppure mi hai cambiato la vita: in una parola, anzi due, semplicemente allucinante. E allucinato. Un po' recita, un po' reppa (o almeno ci prova), un po' tenta di cantare. Ci parla di un amore finito male e di come farà a trovare un'altra che si "riabitui ai miei cattivi odori". A Fabbri', anziché venire a Sanremo potevi rimanere a casa a lavarti
Frank Head - Para para' ra rara: tre tamarri fracassoni dall'apparenza vagamente lurida, ci vendono il pezzo come un chiaro omaggio alla tradizione musicale balcanica, scusa utile a giustificare la terribile accozzaglia di suoni e versi assemblati a forza col super attak. Qualificati presumibilmente per una questione di servizio sociale.
Anna Tatangelo - Il mio amico: la grande favorita sfodera immediatamente le sue due armi di distruzione di massa: due enormi tette nuove di pacca, che fanno capolino da una camicetta trasparente. La canzone è esattamente come me l'aspettavo, subdola come una faina, viscida come un pitone e il ritornello in rima "dimmi che male c'è se ami un uomo come te" è irritante come il limone negli occhi. Se poi aggiungiamo il fatto che che prima dell'esibizione la cantante ha specificato che il brano è decicato al suo truccatore a cui lei vuole tanto bene, l'effetto Telethon è assicurato. C'è da dire che in mezzo a tanto ciarpame e approsimazione l'interpretazione della Tatangelo rasenta la perfezione: non sbaglia una nota e i vocalizzi sono tanto perfetti da farti venire il dubbio che abbiano ficcato un suo cd nello stereo.
Michele Zarrillo - L'ultimo film insieme: talmente fanè che a confronto le copertine dei dischi anni 70 dei Collage sembrano quelle degli Iron Maiden. Mi ha stupito il fatto che per la prima volta non fosse seduto al suo inseparabile pianoforte.
Melody Fall - Ascoltami: ho avuto un'allucinazione. Sono tornati i Gazosa e non mi hanno detto niente? No no, aspetta, la cantante è diventato un cantante! La devo smettere di mescolare la cedrata con le mentine.
Daniele Battaglia - Voce nel vento: mumble mumble, Battaglia... questo nome mi dice qualcosa... mmm, Battaglia... mah, mah, non sarà.... non sarà... e invece è proprio lui. Signore e signori eccovi l'ultimo portabandiera della grande e gloriosa tradizione nepotista festivaliera: Daniele Battaglia, figlio di Dodi Battaglia, storico chitarrista e voce dei Pooh. La sua avvenenza, per un attimo, mi distrae pure dalle continue stonature.
Eugenio Bennato - Grande sud: della sua canzone mi ricordo solo che mi ha fatto venire nostalgia di Tullio De Piscopo...
Max Gazze - Il solito sesso: bel pezzo, originale come sempre e dall'interpretazione non facile, tanto che Max stecca molteplici volte. Ma a me piace sempre e comunque.
Eugenio Bennato - Grande sud: della sua canzone mi ricordo solo che mi ha fatto venire nostalgia di Tullio De Piscopo...
Max Gazze - Il solito sesso: bel pezzo, originale come sempre e dall'interpretazione non facile, tanto che Max stecca molteplici volte. Ma a me piace sempre e comunque.
Valerio Sanzotta - Novecento: un pasticciaccio brutto de genetica questo Sanzotta, specie di incrocio da laboratorio tra Zampaglione e Alvaro Vitali, che tenta di posiziosarsi come un Bob Dylan de noartri snocciolando una specie di folk ballad con un testo ricavato da un bignami di storia per la terza media. Imbarazzante. E naturalmente qualificato.
Giua - Tanto non vengo: non si capisce se voglia imitare le stonature di Paola Turci o le intonature di Alice. Ma soprattutto non si capisce come sia finita nella selezione Giovani del Festival. E si capisce ancora meno come si riesca a qualificare.
Tricarico - Vita tranquilla: la quintessenza del disadattato sociale, vero o presunto che sia. Tricarico ce la mette per risultare deliziosamente antipatico, presentandosi con una faccia più stralunata del solito e mostrandosi visibilmente infastidito dalla presenza di Baudo e Chiambretti (e come dargli torto). La sua canzone, per ora, è l'unico gioiello di questo festival. Un pezzo che mostra tutto il disagio del geniale cantautore. Un testo semplicemente splendido, un arrangiamento bellissimo. A Tricarico non gliene frega niente del festival e stona (forse volontariamente) dalla prima all'ultima nota, contribuendo a dare un'aria ancora più dolorosa e maledetta al brano e aggiudicandosi un posto nella hall of fame del mio cuore.
1 comment:
Oh come hai ragione Miss... le nuove proposte dove le hanno recuperate? In un centro di correzione mentale?
Attendo con ansia anch'io la Loredana stasera!
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