Saturday, October 28, 2006

Adriano Pappalardo - Nessun consiglio (2004)

Grande, monumentale, roccioso Pappalardo!
Lo Steven Seagal della musica italiana si presenta a quest’edizione del Festival più in forma che mai. Felpetta con cappuccio modello “Rocky Balboa”, jeans slavati, barba incolta e, presumibilmente, coltello a serramanico in tasca e revolver infilato nei pantaloni, Adriano indossa la sua maschera migliore (la quint'essenza dell'uomo Denim After Shave) e sale sul palco a gridare la sintesi del suo pensiero: non rompetemi i coglioni! Nessun consiglio è un rock and roll dal sapore anni 60 con un testo che sarebbe stato molto più adatto ad un film di Bud Spencer e Terence Hill che non al Festival della canzone italiana.

“Svegliarsi la mattina colazione con i cereali
Per mantenersi belli snelli in forma non come I maiali
Mi guardo nello specchio e mi convinco di esser proprio forte
Mi vesto e corro fuori oggi si spalancheranno porte
Ma voi

Non rompetemi le uova nel paniere
Non rubatemi il coniglio dal cilindro
Non provate a darmi un buon consiglio che sbadiglio

Lo sento questo è il giorno giusto giusto proprio per spaccare
Conquisterei chiunque il mio sorriso è proprio solare
Ma c'è sempre qualcuno che non mi fa sentir leone ma dai
Oh no

Non rompetemi le uova nel paniere
Non rubatemi il coniglio dal cilindro
Non provate a darmi un buon consiglio che sbadiglio
Non rompetemi le uova nel paniere
Non rubatemi il coniglio dal cilindro
Non provate a darmi un buon consiglio che sbadiglio

Ora faccio a modo mio e un consiglio lo do io
Lasciatemi sfogare o mi difendo io
Picchio molto duro ho un pugno che è un mattone
E mi starà alla larga il solito coglione

Non rompetemi le uova nel paniere..."

Pappalardo, tornato alla ribalta pochi mesi prima grazie alla partecipazione all’Isola dei famosi, non nascose che cercava il riscatto soprattutto come musicista. C’è da dire che almeno poteva sforzarsi di fare qualcosa per piacere ed ingraziarsi pubblico e critica Le giurie popolari, sconvolte e disorientate per aver udito quella parolina che comincia per CO e finisce con GLIONE, non se la sentirono davvero di premiare “Nessun consiglio”, che venne scaraventata al diciassettesimo posto, tra le urla e gli strepiti dell’interprete!
Il brano venne inserito in un cd singolo e venne annunciata l’imminente uscita di un album di inediti dal significativo titolo
Non rompetemi le uova nel paniere, che in realtà non vide mai la luce. Ma a noi questo non importa; Adriano, a noi basta che ci canti per sempre Ricominciamo!

Friday, October 27, 2006

Jovanotti - Vasco (1989)

Lorenzo Cherubini, AKA Jovanotti, aveva appena 23 anni quando ebbe l’onore di salire sul palco del teatro Ariston per gareggiare nella sezione Big. E nonostante quell’aria da tamarro fracassone scapestrato, in realtà doveva essere uno di quelli che chiamano la mamma almeno due volte al giorno, si coprono bene prima di uscire e non bevono mai nulla che non sia sanguinella Guizza. Perché altrimenti non si spiega quest’inno al buonismo in salsa rock che è Vasco. Jovanotti sale sul palco con jeans strappati a cavallo basso, i calzini di spugna, il cappellino storto, saltellando da una parte all’altra del palco come un grillo drogato, cantando cosa? Ma è ovvio: quanto è fico uscire la sera divertendosi sì, ma usando la testa!
Riuscendo a stonare tutta, e dico tutta, una canzone interamente parlata (impresa da Guinnes dei primati riuscita, prima di allora, solo a Romina Power), Lorenzo lancia il suo appello a questo Vasco, incarnazione mitologica del bulletto senza regole: non sputtanare tutti I giovani giudiziosi come me con le tue bravate, altrimenti la mamma non mi fa più andare la sera in oratorio!
Educativo come un documentario di Licia Colò.

Eccovi lo splendido testo scritto dallo stesso interprete assieme al suo scopritore, Claudio Cecchetto.

"Vai così, è una figata
Perché una storia così non c'è mai stata
Che ci ammazziamo, ci divertiamo, facciamo i scemi
E qualche volta pensiamo
Non c'è problema è tutto ok
Numero uno, faccio quello che farei
E quando torni facciamo festa
Senza nessuno che ci lasci la testa
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Per quelli che alla notte ritornano alle tre
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Per quelli come te, per quelli come me

Oh, mamma stasera esco prendo la moto, sì,
Ma senza casco
Andiamo in centro, viene anche Vasco
Torno tardissimo, fuori fa fresco
Sì che sto attento, io son mica matto,
E' tutto a posto, vai, tu vai a letto,
Tu e le tue amiche m'avete rotto
Siete voi, siete voi che avete capito tutto
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Per quelli che alla notte ritornano alle tre
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Per quelli come te, per quelli come me
E invece Vasco questa sera non c'è
Chissà perché fratello ce l'hai con me
Oh, dimmi con chi sei, da un po' non ci sei mai
Vasco, tu sei noi non ci sputtanare, dai
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Perché io non mi fido di chi non suda mai
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Che mica ci facciamo tradire dai guai
Vai così, vai così
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Per quelli che alla notte ritornano alle tre
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Per quelli come te, per quelli come me
No, Vasco no, Vasco, io non ci casco
Sudi o no, sudi o no"

Un brano così didattico non poteva non meritarsi un ottimo piazzamento e infatti arrivò, a sorpresa, quinto, sgominando pezzi da novanta come Marisa Laurito, Gigi Sabani e Francesco Salvi. Accipicchia.

“Vasco” venne inserita nel mitico album La mia moto, record di vendite in quell’anno. Da lì a poco Jovanotti avrebbe cominciato il graduale distacco da Cecchetto e la trasformazione a Che Guevara dei poveri.
Tutto sommato lo preferivamo quando gridava “gimme five” a chiunque.

Sunday, October 22, 2006

Stefano Picchi - Generale kamikaze (2004)

Ogni edizione del Festival ha la sua canzone dedicata al tema scottante del momento. Nel 1992, ad esempio, i grandissimi New Trolls gareggiarono con Quelli come noi, nella quale veniva nominato, per la prima volta in una canzone italiana, l’AIDS.
Nel 2004 questo genere, per la verità mai molto apprezzato dal pubblico sanremese, raggiunge il suo acme con questa gemma canora. Generale kamikaze, interpretata dal giovane cantautore toscano Stefano Picchi, non usa certamente giri di parole. E il titolo ne è l'esempio lampante. Ma troppa serietà, soprattutto se inserita in un contesto come l’Ariston, si sa, provoca quasi sempre l’effetto contrario. Come potrebbe essere il contrario ascoltando l’improbabile storia di questo kamikaze che il giorno prima di farsi esplodere conosce una che gli dice che è l’uomo perfetto per lei e decide di abbandonare il suo progetto… ma per cortesia!!!!
I versi, degni del miglior Toto Cutugno, fanno venire la pelle d’oca e non certo per l’emozione. Uno per tutti: “Con l'amore puoi provare a disinnescare e non detonare”.
A sottolineare ulteriormente la drammaticità del tutto, la performance dello stesso Picchi, che si presenta sul palco con un look da aspirante sosia di Daniele Groff, che cantò il suo pezzo quasi fosse impalato, rigido come un manico di scopa:

“Mastico le nuvole
Per poi sputare ironiche
Sentenze che non capiresti mai
Mi hanno scelto mi hanno detto
Sì sei tu l'uomo perfetto
E nel cuore per odiare
Ho un detonatore
È questione di ore

Generale kamikaze
Sono un padre che deve tornare
Non c'è pace nell'attesa
Generale quel valore non mi basterà a spiegare
Nei miei occhi non c'è gloria

Mastico le pagine per non sentirmi inutile
Dove sia scritto non me lo dirai
Poi nel letto lei mi ha detto
Sei per me l'uomo perfetto
Con l'amore puoi provare
A disinnescare...
E non detonare

Generale kamikaze
Sono un uomo che non ha il dovere
Non c'è tempo nell'attesa
Generale si signore
Non mi sento disertore
Perché sto seguendo il cuore…”

Per la cronaca, l’edizione 2004 del Festival vide la soppressione delle categorie Big e Nuove proposte, da molti ritenuto un bieco espediente per poter allargare la lista dei partecipanti non troppo famosi ma troppo in là con l’età per gareggiare nella categoria giovani (come il famigerato Mario Rosini, arrivato a sorpresa secondo tra giustificati sospetti di brogli). I 22 partecipanti vennero convogliati in un’unica categoria che ebbe come trionfatore un Masini fresco di trapianto di capelli. Secondo lo sconosciuto Mario Rosini, terza la sconosciuta Linda. Quarto il purtroppo conosciuto Paolo Meneguzzi. Insomma, con una classifica improbabile come questa, che valore poteva avere il settimo posto del kamikaze Picchi. Nessuno.
Di Stefano Picchi, dopo Sanremo, nessuno ha più sentito parlare.
Ci auspichiamo almeno un ripescaggio per la prossima edizione di Music Farm.

Thursday, October 19, 2006

Mikimix - E la notte se ne va (1997)

Mikimix AKA Michele Salvemini. Michele Salvemini AKA Caparezza. E non stiamo parlando di un curioso caso di omonimia ma proprio di quel Caparezza che nel 2003 si è imposto come come il fenomeno musicale della scena hip hop italiana. Michele Salvemini all'epoca era davvero lontano anni luce dal suo attuale pseudonimo. E non solo perché aveva i capelli rasati a zero e il viso glabro.
Indossava abiti da b-boy uscito direttamente dalla copertina di "Tutto - Musica e spettacolo" e frequentava amene località di villeggiatura come Castrocaro e Sanremo proponendo un rap scialbo con forti commistioni pop-melodiche.
Nelle interviste dell’epoca dichiarava di ispirarsi al grande Tupac Shakur, che dopo questa dichiarazione non trovò altra che soluzione che farsi ammazzare per la vergogna.
Scomodare Tupac quando, al massimo, faceva il verso ai Gemelli Diversi... Rime baciate ingenue come quelle di una filastrocca per bambini al di sotto dei 5 anni, senza alcuna pretesa se non quella di piacere alle ragazzine che compravano Cioè. Nel 1997 Michele-Mikimix partecipa al Festival nella categoria Nuove Proposte con E la notte se ne va e, probabilmente, in pochi si ricorderanno che quell’anno venne decretato esclusivamente il primo classificato (Paola & Chiara con Amici come prima). Tutto sommato questo fu un bene perché l’hip hop al teatro Ariston è sempre stato ad alto rischio ultimo posto! E Mikimix mai sarebbe potuto uscire indenne dallo scontro con titani del neo-melodico del calibro di Alex Baroni, Tony Blescia o Randy Roberts, il figlio di Rocky Roberts. Il pezzo venne incluso nell’album La mia buona stella, pubblicato per la Sony. Nonostante un inaspettato, quanto effimero ed inspiegabile, successo in Francia, la sua carriera non riuscì a decollare mai.
Mikimix ridivenne Michele Salvemini. Michele Salvemini abbandonò Milano per tornare nella natia Molfetta. Si fece crescere capelli, barba e baffi, ricominciò a comporre con uno stile molto più personale e si diede un nuovo nome d'arte: Caparezza.

Tutt’oggi Caparezza parla con reticenza della sua prima esperienza discografica.
Nel 2000 dedica al passato il brano Mea culpa, nel quale dice d’essere stato "intrappolato come uno schiavo ritratto in un contratto controproducente”.
Ma dopotutto all’epoca aveva solo 24 anni. Ci sono cose davvero peggiori di cui vergognarsi che cantare una canzonetta pop.

Wednesday, October 18, 2006

Andrea Parodi (1955 - 2006)

E' doveroso dedicare qualche riga di serità alla scomparsa, avvenuta la scosa notte, di Andrea Parodi.
Cantante, fondatore e leader dei Tazenda, gruppo sardo salito alla ribalta proprio con la partecipazione nel 1991 al Festival di Sanremo dove, in coppia con il grande Pierangelo Bertoli, presentarono in pezzo Spunta la luna dal monte. L'anno successivo i Tazenda parteciparono nuovamente a Sanremo con l'impegnata Pitzinnos in sa gherra, scritta da Fabrizo De Andrè.
Nel 1997 Parodi abbandona il gruppo per intraprendere una carriera solista che lo porterà a collaborare con grandi nomi internazionali come Noa e Al Di Meola.
L'ultimo grande concerto lo tenne nella sua terra natia il 22 settembre scorso e per l'occasione si riunì ai vecchi compagni del gruppo. Una voce particolarissima, i testi impegnati, la continua ricerca musicale sono le cose che hanno sempre contraddistinto questo grande interprete, sconosciuto ai più ma assolutamente da riscoprire.

Tuesday, October 17, 2006

Plastic Bertrand – Ping pong (1982)

Di De Pasquale, Pirazzoli, Fasano, De Pasquale. Dirige il maestro Pinuccio Pirazzoli. Canta… Plastic Bertrand!
Mah... perché le mie orecchie odono idiomi stranieri?
Fermate tutto, devono aver sbagliato ad inserire l'audiocassetta del playback!
Non siamo mica all'Eurofestival!


Già, casò più unico che rario nella storia del Festival, Plastic Bertrand nel 1982 partecipa alla mostra kermesse canora cantando un pezzo interamente nella sua lingua madre: il francese. E pensare che fior fiore di interpreti stranieri che passarono per l’Ariston furono costretti a corsi intensivi di italiano della De Agostini, quasi sempre con esiti “donluriani” (uno per tutti il grande Louis Armstrong).
Plastic non ci prova nemmeno. D’altra parte perché tradire le sue origini?
Robert Jouret, in arte Plastic, nazionalità belga, era riuscito già nel 1977 in un’impresa titanica: trasformare una canzone in lingua francese (da sempre poco apprezzata fuori dai confini franco-belga-canadesi) in un successo planetario: mi riferisco a Ça plane pour moi, mitico pezzo dalle sonorità punk-new-wave-pop e dal testo deliziosamente non sense.
E siccome una formula vincente non si cambia, per la trasferta italiana del 1982, Bertrand si affida, come già detto, a tre scafati autori di casa nostra, tenendo comunque fede alla sua lingua madre e allo stile a metà tra la filastrocca per bambini e uno scritto dadaista. Ping pong è un indiavolato ed divertente twist dove il rapporto uomo-donna è paragonato a un’estenuante partita al suddetto gioco tanto adorato dai cinesi. Pura poesia metafisica. La canzone, nonostante nessuno (mi ci gioco un occhio!) avesse capito una sola parola, ebbe accesso alla finale classificandosi tredicesima.

Plastic Bertrand è da molti considerato, assolutamente a torto, una meteora. Ma dal 1982 ha sfornato più di 15 album e in molti hanno interpretato cover dei suoi brani più famosi. Consiglio a tutti una visita al suo sito ufficiale.
Tutt’ora molto amato in patria, nel 2002 condusse l’edizione belga di Star Academy (l’equivalente degli Amici di Maria De Filippi, giusto per intenderci).

Una menzione d’onore la merita sicuramente la copertina del 45 giri di "Ping pong": Plastic, spaventosamente rassomigliante a Solange il cartomante, si riposa dopo una partita e intanto si fa una birra (???). Educativo!

Monday, October 16, 2006

Luis Miguel - Noi ragazzi di oggi (1985)

Un’icona imprescindibile degli anni 80 italiani. Imprescindibile come le Fast food girl del Drive In, il Tenerone, le borse Naj Oleari, le Big Babol, le cotonature di David Hasselhof in Supercar : l’immagine di quel ragazzino con la voce d'adulto, bello come Gesù e grondante di sudore nel suo elegantissimo smoking, che sul palco dell’Ariston cantava con movenze da consumato chansonnier quello che sarebbe diventato il più grande successo dell’anno.
Luis Miguel sarebbe diventato il simbolo del Sanremo del 1985 nonché mito di un'intera generazione.

Padre messicano e madre italiana, classe 1970, Luis Miguel Gallego Basteri a 12 anni era già una superstar nel natio Sudamerica grazie a un filmetto simil "Un jeans e una maglietta" che lo fece conoscere al pubblico. La partecipazione alla manifestazione canora più famosa d’Italia, a soli 15 anni, doveva servire come trampolino di lancio per l’Europa. Per l’occasione venne scelto un pezzo scritto nientepopodimeno che da sua eccellenza il maestro Toto Cutugno, un nome una garanzia di un secondo posto assicurato. E così fu: Noi, ragazzi di oggi si classificò al seconda, ma fu senza dubbio la vincitrice morale, nonché campione di vendite nella nostra penisola.

Il pezzo non sarebbe nemmeno così terribile se solo non avesse avuto drammatiche pretese di inno generazionale grazie ai ridondanti, nonché involontariamente ridicoli, versi (la "zampata" di Toto si fa notare come sempre), come “…puoi farci piangere ma non puoi farci cedere. Noi, siamo il fuoco sotto la cenere…”.

"Noi, ragazzi di oggi, noi
Con tutto il mondo davanti a noi
Viviamo nel sogno di poi
Noi, siamo diversi ma tutti uguali
Abbiam bisogno di un paio d'ali
E stimoli eccezionali
Puoi farci piangere
Ma non puoi farci cedere
Noi, siamo il fuoco sotto la cenere
Puoi non comprendere
Qualcuno ci può offendere
Noi, noi sappiamo in cosa credere
Devi venire con noi
Siamo i ragazzi di oggi noi
Dai coloriamo questa città
E poi vedrai che ti piacerà
Siamo noi, siamo i ragazzi di oggi noi
I veri amici che tu non hai
E tutti insieme si può cantare
Ragazzi di oggi, noi
Noi sappiamo in cosa credere
Ragazzi di oggi noi
Siamo il fuoco sotto la cenere
Non farti prendere
Da questo eterno attendere
Noi, siamo quello che può succedere
Non fare spegnere
La voglia che hai di ridere
Noi, siamo quelli in cui tu puoi credere...
Devi venire con noi
Siamo i ragazzi di oggi noi
Dai coloriamo questa città
E poi vedrai che ti piacerà
Siamo noi , siamo i ragazzi di oggi noi
I veri amici che tu non hai
E tutti insieme si può cantare
E poi vedrai che ti piacerà…"

E ora godetevi il video della performance live, imparandone tutte le favolose mossette!

Ragazzine impazzite, imponenti
servizi di sicurezza, alberghi assediati dalle fans: scene che, prima di allora, si erano viste solo per Simon Le Bon. Ma che, ahimè, durarono solo fino alla fine dell’anno. Luis decise infatti di escludere l’Italia dai suoi progetti, per dedicarsi interamente ai mercati di lingua spagnola. E nonostante nel nostro paese non sia mai più apparso, Luis Miguel è tutt’oggi il più grande cantante sudamericano, capace di vendere milioni di copie e vincere numerosi Grammy.

Saturday, October 14, 2006

Mal - Sei la mia donna (1982)

Non vedevo l’ora di parlare di questo mostro sacro della musica: Paul Bradley Couling in arte Mal, l’uomo che ha basato mezzo secolo di carriera interamente sul suo marcatissimo accento “so british”.
A partire dalla fine degli anni settanta Mal, così come molti colleghi in auge la decade prima, stava vivendo un periodo di decadenza: i "musicarelli", genere cinematografico nel quale spadroneggiava, non si producevano più e anche ai suoi concerti non è che si registrasse propriamente il tutto esaurito.

E per svecchiare la sua immagine sceglie proprio il palco migliore: quello, polverosissimo, dell'Ariston. Sei la mia donna è il classico motivetto congelato nel 1965 e conservato in freezer 17 anni per essere consumato, previa riscaldatina, nella giusta occasione.
Il testo ci narra di quante stronzate possa dire un uomo per far colpo su una donna: il geniale Mal arriva addirittura ad autocitarsi, affiancando il suo nome a quello dei Beatles! Che dire…

"Era la metà del 66
e i juke box suonavano "Help" e "Penny Lane"
ed io cantavo il mio disco "Pensiero d'amore"
Liverpool per noi era libertà
come una chitarra all'Università
ma se una donna volevi colpire nel cuore
dovevi cantare così

Sei la mia donna
l'unica donna
piccola donna
non so stare senza te
Sei la mia donna
l'unica donna
splendida donna
ed io amo solo te
Sei la mia donna

Oggi il tempo va al ritmo dei Dee Jay
sembra di rivivere il 66
quando la gente cantava canzoni d'amore
"Yesterday" per noi resta sempre là
come una bandiera che non cambierà
e se una donna la devi colpire nel cuore
le devi cantare così

Sei la mia donna..."


Cantando questa canzone Mal avrà anche fatto breccia nel cuore della sua bella, ma sarà scaraventato solo al diciassettesimo posto nella classifica finale. Peccato, perché un pezzo così oggi sarebbe stato demodé quanto basta per ambire al primo posto della categoria Classic. Certo, all'epoca gareggiava contro titani del calibro di Riccardo Fogli, Al Bano e Romina, Drupi, Fra Cionfoli...
Tra l’altro da lì a poco la sua etichetta discografica, la gloriosa Baby Records, chiuderà i battendi lasciandolo senza un contratto.
Per citare la canzone più celebre di questo interprete, è proprio il caso di dire Yeahhhhh!

Friday, October 06, 2006

Sterling Saint-Jacques - Blue (Tutto È Blu) (1981)

Sterling Saint-Jacques ovvero come un paio di lenti a contatto possono dare la celebrità.

Sicuramente la più “weird” tra le meteore cadute in Italia tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80, ballerino, cantante, attore afro-inglese privo di ogni talento, se non una certa avvenenza, si conquistò il suo quarto d’ora di celebrità spacciandosi per l’unico uomo di colore dagli occhi di ghiaccio. Trovata tanto idiota da risultare vincente tanto che l’artista riuscì addirittura a partecipare al Festival con questo stucchevolissimo brano bilingue (inglese e italiano), cantato con voce afona e un accento alla Mal dei Primitives.
Profondissimo e autobiografico il tema trattato. Tutto è blu: la notte è blu, il mare è blu, il cielo è blu, il fiume è blu. Capirai che scoperta. Merito delle lenti a contatto di un colore finto come l’asino del presepe!

La canzone ebbe, incredibilmente, accesso alla finale, ma non finì in classifica.
Nessun problema! Il nero più ariano che sia mai apparso in televisione, lungimirante come pochi, aveva un altro asso nella manica: cominciò ad esibirsi a torso nudo (e orridi pantaloncini) sui pattini a rotelle! Indimenticabile.

Collage – I ragazzi che si amano (1981)

Dopo pezzacci del calibro di Due ragazzi nel sole (1976) e Tu mi rubi l’anima (1977), divenute hit di prima grandezza, già urgeva una cura per diabete.
Con questa I ragazzi che si amano, la platea dell’Ariston necessitò anche di un pronto intervento dentistico per curare le carie formatisi nelle loro bocche; sì, perché questo brano è puro zucchero condito con miele e decorato con doppio caramello.

Alla loro terza partecipazione al Festival, il quintetto sardo dei Collage presenta una canzone che pare scritta e arrangiata da Alessandra Valeri Manera appositamente per Cristina D’Avena o, al limite, per Mirko e I Bee Hive (ricordate il gruppo protagonista del cartone animato cult Kiss me Licia?).
Erotismo all’acqua di rose e primi pruriti adolescenziali, le chiare sere d’estate, il mare, i giochi e le fate, la paura e la voglia di essere nudi. Questi sono i convincenti argomenti di quasi tutta la discografia dei Collage e questo pezzo non fa assolutamente difetto:


“Ragazza che non non ridi mai, ma che cos'hai
perché da sola sempre te ne stai
le unghie tu ti mangi e poi, scommetto che
con un ragazzo non sei stata mai.
Tutti i ragazzi che si amano
In tutti i posti si baciano
Con gli occhi dolci sorridono un po'
Tutti i ragazzi che si amano
Tutte le notti s'incontrano
Là dove i sogni non muoiono mai
I ragazzi che si amano
Maglietta e via, vai dove vuoi e troverai
Il tipo giusto che è nei sogni tuoi
E fuori di scuola, c'è ancora chi vola
Jeans e un sorriso, tutti i ragazzi vanno in paradiso

Tutti i ragazzi che si amano
In tutti i posti si baciano
Con gli occhi dolci sorridono un po'
Tutti i ragazzi che si amano
Tutte le notti si sfiorano
Là dove i sogni non muoiono mai
I ragazzi che si amano”

Evidentemente questo pezzo fu considerato troppo, troppo hot per l’epoca e la giuria lo relegò in un misero tredicesimo posto, chiedendo anche il rimborso per le fiale d’insulina.

Monday, October 02, 2006

Gloriana - Il mio treno (1983)

Che carriera invidiabile quella di Gloriana: pupilla di Mario Merola, partecipa per la prima volta al Festival nel 1976 con scarsissimo successo.
Approda alla sceneggiata napoletana recitando in capisaldi del genere come Giuramento e I figli so piezze ‘e core, diventandone una delle starlette.
Ritenta il successo nel 1983 con questo struggente canto “di protesta” per i disagi causati dal disservizio delle Ferrovie dello Stato.
Infatti, a causa del ritardo del treno atteso, Gloriana è costretta a convivere con la folcloristica umanità presente sul binario. Racconta quindi del calabrese che le offre un sorso di vino mentre addenda un panino o del controllore che glissa per non dirle quanto ritardo ha effettivamente il treno. Una volta salita finalmente a bordo i suoi problemi non sono finiti. Non avendo prenotato il posto a sedere è costretta a farsi il viaggio in piedi. E mentre cammina tra un vagone e l’altro ne approfitta per fare una profonda riflessione sul teorema della vita: “La vita è come una stazione, c’è chi parte e c’è chi resta” o, se preferite la buona vecchia rima, “La vita è fatta a scale, c’è chi scende e c’è chi sale”.

“La mia giacca è sulla sinistra
La valigia nella destra

Tra saluti ed abbracci in stazione

C’è chi parte e chi resta

Il mio treno è un po’ in ritardo
Non ho potuto prenotare

Dovrò fare il mio viaggio in piedi

Sì, ma voglio partire
Mentre mando giù un panino
Un calabrese mi offre del vino
Dice, sto qui a lavorare

Ma anch’io voglio tornare

Sei certa, quando parti e sei felice

Che laggiù qualcuno aspetta

E di riabbracciare finalmente lui, che voglia matta

A un ferroviere chiedo se è in orario
Il treno per la coincidenza

E ritarda un altro treno ci sarà, pazienza


La mia giacca è sulla sinistra
La valigia nella destra

Tra spintoni e spallate ho trovato
Un posto più in testa

C’è chi parte per amore

E gli batte forte il cuore

C’è chi invece va lavorare

Chi a scuola o a militare

La donna quando parte è già sicura
Che laggiù qualcuno aspetta

Ed è un po’ triste sai quando saluta chi lì resta

Se poi perde un’amica ed è convinta
Di trovarla tra la gente

Si accorge in fondo poi che lei, lei non era come tante
E guardo le stelle lassù e volo via

Con I pensieri sai mi fermo a casa mia”

Il pubblico, all’epoca ancora poco sensibile all’argomento, non accolse con grande entusiasmo il pezzo e Gloriana venne eliminata subito e “Il mio treno” non venne nemmeno inserita nell’album uscito subito dopo la partecipazione al Festival. Dopo questo secondo fallimento sanremese Gloriana, per fortuna, non ha più varcato i confini della Campania, diventando una delle più celebri interpreti della canzone napoletana.

Sunday, October 01, 2006

Paolo Barabani – Hop hop somarello (1981)

Titolo incredibile ma che fu utilissimo a depistare gli ignari ascoltatori del Festival nel 1981.
Hop hop somarello
è, infatti, un’insulsa canzone da parrocchia di periferia, camuffata da ballata folk, che narra la storia di Gesù dall’innovativo punto di vista dell’asinello che lo accompagna in tour per la Palestina.
Pezzo innovativo e coraggioso, quindi, dato che sarebbe stato più sicuro puntare su un personaggio di prima grandezza come l’asinello del presepe, e invece…
Ecco il testo:

Lento lento sulla strada di Gerusalemme,
Sulla sella di un somaro
Viene l'uomo di Betlemme.
E' un gran santo, un mendicante,
Un pellegrino, un gran furfante,
Un'artista non cantante di novelle.

Hop hop hop somarello,
Trotta trotta, il mondo è bello.
Hop hop hop somarello,
Trotta trotta, tu porti l'agnello.

I miracoli li fa da se con le sue mani,
Ma qualcuno per tre volte
Lo rinnegherà domani.
Questo è Pietro il pescatore,
Poi c'è Giuda il traditore,
Tutti amici finché si raccoglie gloria e onore.
Ma c'è un prezzo per l'amore:
Tre monete d'oro.
No, no, no.

Sulla piazza l'han portato
Al giudizio di Pilato,
Chi sarà questo pezzente,
Questo uomo è innocente.
Per Barabba hanno votato
Ed il Cristo han condannato,
Ed il sangue suo ricala sulla nostra gente.
Costui parla della pace:
Muoia sulla croce.

Hop hop hop somarello…

Non per niente l’autoredella canzone è, assieme allo stesso interprete, il gradissimo Enzo Ghinazzi in arte Pupo.
Con questo pezzaccio Barabani si piazzò ad un prestigioso sesto posto nella classifica finale, guadagnando lo status di rivelazione dell’anno. Status che durò circa un mese, dopo il quale il cantatutore ricadde nel dimenticatoio dal quale era venuto.

Purtroppo (per noi) il destino aveva in servo altri programmi per la sua canzone: Hop hop somarello, inaspettatamente, divenne un classico imprescindibile del repertorio scout. La fine che si meritava.